Sepoltura: il coniuge può scegliere il luogo di sepoltura del consorte solo in assenza di una
volontà espressa.
Secondo la Suprema Corte di Cassazione, la scelta del luogo di sepoltura del coniuge spetta al consorte sopravvissuto solo ove il coniuge deceduto non abbia espresso a tal proposito alcuna volontà dimostrabile in qualsiasi modo, anche mediante prova testimoniale.
A stabilire il summenzionato principio di diritto è la Corte di Cassazione con ordinanza
n. 2218/2022.
Il caso
Un coniuge superstite, a seguito del decesso della moglie, agiva in giudizio per chiedere al Tribunale competente lo spostamento del luogo di sepoltura della predetta presso il cimitero sito nel luogo di residenza della coppia.
La domanda veniva rigettata sia in primo grado sia da parte della Corte d’Appello
competente.
Ed in particolare, tale ultima Autorità si occupava di indagare quali fossero state le volontà manifestate in vita dalla defunta circa il proprio luogo di sepoltura. Dopo avere escusso le relative prove testimoniali, la Corte d’Appello territorialmente competente rigettava la richiesta di spostamento del luogo di sepoltura della defunta moglie ritenendo attendibili e coerenti con tale decisione le dichiarazioni dei testimoni
più vicini alla defunta nel suo ultimo periodo di vita.
La decisione della Corte di Cassazione
Il coniuge superstite proponeva, quindi, ricorso per Cassazione avverso la decisione
della Corte d’Appello. La Suprema Corte stabiliva il principio di diritto secondo cui, in assenza di disposizione testamentaria, la volontà del de cuius in ordine al proprio luogo di sepoltura può
essere dimostrata con qualunque mezzo, compresa la prova testimoniale, non sussistendo un diritto del coniuge superstite in ordine a tale scelta.
È, infatti, pacifica per la giurisprudenza di legittimità la prevalenza del diritto del coniuge superstite, su quello di altri congiunti, di scegliere il luogo di sepoltura del coniuge defunto in mancanza di volontà espressa al riguardo da parte di quest’ultimo.
Tuttavia, gli Ermellini non ritenevano applicabile tale principio di diritto nel caso di specie. E ciò in virtù del fatto che il desiderio della defunta in merito fosse stato ben espresso e desunto dalle testimonianze delle persone che erano state più vicine alla stessa durante il suo ultimo anno di vita.
Pertanto, ad avviso della Suprema Corte, i giudici di secondo grado hanno correttamente ritenuto dimostrata la volontà specifica espressa da parte attrice.
Potrebbe anche interessarti: “Gioielli regalati durante il matrimonio, è possibile chiederne la restituzione?”. Leggi qui.