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coppia

Appropriazione indebita: il reato non sussiste se marito e moglie si riconciliano.

7 Febbraio 2019 Da Studio Legale Arcoleo Lascia un commento

La Suprema Corte di Cassazione ha stabilito che non si configura reato di appropriazione indebita se, al momento del fatto, i coniugi avevano fatto pace. La riappacificazione consente la corretta operatività della causa di non punibilità prevista dall’art. 649 c.p.  

(Cass. Pen. Sez. V 19 aprile-7 giugno 2018, n. 26020)

Marito e moglie, separati consensualmente dal 2007, sono i protagonisti della vicenda. Nel 2010, lei si era impossessata delle chiavi della casa delle vacanze impedendo all'”ex” marito di recuperare beni personali. In più, in occasione di una lite, aveva aggredito l’uomo tirandogli addosso un cellulare. Per cui la donna era stata condannata sia in primo grado che in appello, per i reati di appropriazione indebita e violenza privata.

La donna aveva impugnato la sentenza di condanna, dinanzi la Corte di Cassazione, sostenendo la mancata applicazione dell’articolo 649 del codice penale. La norma prevede la non punibilità per chi abbia commesso un reato contro il patrimonio in danno del coniuge non legalmente separato.

La ricorrente affermava, a sostegno della sua tesi, che alla data dei fatti, i due non fossero più separati, essendo intervenuta la riconciliazione.

Doverosa appare, quindi, una precisazione per meglio comprendere la decisione degli Ermellini.

Ricordiamo che i coniugi si erano separati consensualmente nel 2007, ed avevano ottenuto il rituale decreto di omologa. Nel 2008 i due decidono di tornare insieme. E il marito intraprende l’azione civile di riconoscimento dell’avvenuta riconciliazione.

La relativa sentenza che sanciva la definitiva perdita di efficacia della  separazione arriva però solo nel 2014.

Ma di fatto, la riconciliazione tra i due era avvenuta ben prima! E proprio su questo fa leva l’argomentazione della donna per contestare la sentenza di condanna. All’epoca dei fatti oggetto di giudizio, i due sostanzialmente già non erano più separati. Quindi, ai sensi dell’art. 649 c.p la donna non era punibile. Perché se è vero che si era impossessata di un mazzo di chiavi, è pur vero che erano le chiavi della casa del marito, con il quale nel frattempo si era riappacificata.

Per questo, secondo la Suprema Corte, la conclusione cui era giunta la Corte d’Appello è da considerare  errata. L’articolo 157 c.c  dice, infatti, che “i coniugi possono far cessare di comune accordo gli effetti della sentenza di separazione, senza che sia necessario l’intervento del giudice, con espressa dichiarazione o con comportamento non equivoco … “.

Quindi, non occorre che il giudice riconosca la riconciliazione tra gli “ex” coniugi; questa può avvenire anche manifestando comportamenti da cui si evince la ritrovata comunione affettiva.

Con la sentenza in esame, la Cassazione ha ritenuto non punibile la donna, sul presupposto che questa avesse commesso il fatto in danno del coniuge non più legalmente separato. Ha quindi annullato la sentenza di condanna.

Archiviato in:Legge e Giurisprudenza Contrassegnato con: appropriazione indebita, coniugi, coppia, giudice, giurisprudenza, reato, riconciliazione, separazione

Genitore sociale: avere due mamme o due papà non è contrario all’ordine pubblico.

18 Gennaio 2019 Da Studio Legale Arcoleo Lascia un commento

La Corte d’Appello di Venezia ha stabilito, con ordinanza, che la figura del genitore sociale, se riconosciuta con sentenza in un paese estero, non è contraria all’ordine pubblico. (Corte Appello, Venezia, sez. III, ord. 16/07/18)

I protagonisti della vicenda sono due papà italiani, sposati in Canada. Questi, con i gameti di uno dei due uomini e l’ovocita di una donatrice, successivamente impiantato nel corpo della “mamma” surrogata, hanno avuto un bambino.

Una volta tornati in Italia, i due decidono di trascrivere l’atto di nascita del piccolo con l’indicazione di entrambi i papà quali genitori. 

In  Canada la paternità di entrambi era stata riconosciuta con sentenza; in Italia, però  l’atto di nascita del figlio doveva essere integrato, per consentire il riconoscimento non solo del padre biologico ma anche del padre “sociale”. 

Il comune di residenza della coppia si era fermamente opposto alla rettifica dell’atto di nascita, che riconosceva come padre il solo genitore biologico, sul presupposto che il riconoscimento dell’altro fosse “contrario all’ordine pubblico”.

La decisione della Corte d’Appello di Venezia, prendendo spunto da precedente sentenza della  Cassazione,  dà ragione ai papà.

In particolare, con sentenza n. 19599/16, la Suprema Corte aveva stabilito che  “non si può ricorrere al concetto di ordine pubblico per giustificare discriminazioni nei confronti di un minore a causa della scelta di coloro che lo hanno messo al mondo mediante una pratica di procreazione assistita non consentita in Italia”, quale la tecnica della maternità surrogata. Questo, infatti, violerebbe il principio di uguaglianza. 

Archiviato in:Legge e Giurisprudenza Contrassegnato con: coppia, estero, genitore, genitori, madre surrogata, omosessuale, padre sociale

Aspettando Godot: l’attesa è finita, l’assegno di divorzio ha funzione assistenziale, compensativa e perequativa. (S.U. 18287/2018)

24 Luglio 2018 Da Studio Legale Arcoleo Lascia un commento

Assegno di divorzio: per la sua quantificazione, a gran sorpresa, ritorna il criterio del tenore di vita. Ma non solo: l’assegno sarà  calcolato anche in base al contributo dato in costanza di matrimonio – da chi lo richiede – alla formazione del patrimonio comune e personale, considerando anche la sua eventuale capacità futura di mantenersi autonomamente o di reinserirsi nel mondo del lavoro, alla durata del matrimonio e all’età di chi richiede l’assegno. Verranno quindi riconosciuti e considerati quei “sacrifici” in termini di carriera e crescita economica fatti da uno dei due coniugi, in accordo con l’altro,al fine di dedicarsi alla famiglia; scelte che inevitabilmente si ripercuotono sulla condizione economica di ciascun coniuge quando l’unione finisce. 

La recentissima sentenza delle Sezioni Unite, (n.18287, 11 luglio 2018)  rivoluziona l’interpretazione dei criteri previsti dal legislatore per il riconoscimento in favore di uno dei coniugi dell’assegno di divorzio, adottando un’ottica che si discosta sia da quella con cui nel maggio  2017 la Prima Sezione civile (17 maggio 2017 n. 11504) aveva deciso di superare il “diritto vivente”, sia dall’orientamento tradizionale da cui appunto la Corte, pur decidendo all’interno della sola sezione, aveva deciso di discostarsi. [Leggi di più…] infoAspettando Godot: l’attesa è finita, l’assegno di divorzio ha funzione assistenziale, compensativa e perequativa. (S.U. 18287/2018)

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