I rapporti sessuali non possono mai prescindere dal consenso. Anche nell’ambito di un matrimonio o di un legame parafamiliare. Se il consenso manca è violenza sessuale. Infatti non esiste nel nostro ordinamento un c.d. “diritto all’amplesso” che giustifichi un rapporto sessuale non consenziente. (Cass. 46051/2018).
Un uomo è stato condannato in primo e in secondo grado per tentata violenza sessuale nei confronti della moglie (art. 56 e 609 bis c.p.).
In numerose occasioni, infatti, il marito aveva costretto la donna ad avere rapporti sessuali contro la sua volontà, obbligandola con le minacce e con la forza.
L’ultimo tentativo però non gli era andato a buon fine grazie alla reazione della donna e al tempestivo intervento delle figlie.
L’uomo ha quindi fatto ricorso in Cassazione. Lamentava, tra le altre cose, che i giudici di merito non avessero riconosciuto la desistenza dai suoi intenti.
Al riguardo gli Ermellini sono stati categorici. E hanno ricordato all’uomo come egli non avesse desistito per sua volontà ma a causa dell’intervento delle figlie.
Quindi, non solo la Suprema Corte ha ritenuto di dover confermare la condanna nei confronti dell’uomo, ma anche di non applicare le attenuanti generiche.
Infatti la condotta dell’uomo è da considerarsi grave in quanto manchevole del senso del rispetto e della dignità della persona. Ed in particolare della donna, concepita come “strumento di piacere”.
Con la sentenza in oggetto la Suprema Corte ha però soprattutto voluto ribadire un principio importante. Il fatto che due persone siano sposate non giustifica le pretese sessuali di una nei confronti dell’altra. Quindi anche tra marito e moglie i rapporti sessuali devono essere espressione del consenso costante di entrambi i membri della coppia.
Precisano anche gli Ermellini che non esiste un diritto potestativo del marito a che la moglie soddisfi i suoi bisogni sessuali.
E questo in linea con altre pronunce che già in passato avevano negato l’esistenza di un “diritto all’amplesso” nell’ambito di un legame coniugale. Quindi dal matrimonio non scaturisce il potere di un coniuge di esigere dall’altro rapporti sessuali senza il suo consenso.
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