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eredità

Sepoltura: Il coniuge può scegliere il luogo di sepoltura del consorte solo in assenza di una volontà espressa

5 Ottobre 2022 Da Staff Lascia un commento

Sepoltura: il coniuge può scegliere il luogo di sepoltura del consorte solo in assenza di una
volontà espressa.

Secondo la Suprema Corte di Cassazione, la scelta del luogo di sepoltura del coniuge spetta al consorte sopravvissuto solo ove il coniuge deceduto non abbia espresso a tal proposito alcuna volontà dimostrabile in qualsiasi modo, anche mediante prova testimoniale.

A stabilire il summenzionato principio di diritto è la Corte di Cassazione con ordinanza
n. 2218/2022.

Il caso

Un coniuge superstite, a seguito del decesso della moglie, agiva in giudizio per chiedere al Tribunale competente lo spostamento del luogo di sepoltura della predetta presso il cimitero sito nel luogo di residenza della coppia.

La domanda veniva rigettata sia in primo grado sia da parte della Corte d’Appello
competente.

Ed in particolare, tale ultima Autorità si occupava di indagare quali fossero state le volontà manifestate in vita dalla defunta circa il proprio luogo di sepoltura. Dopo avere escusso le relative prove testimoniali, la Corte d’Appello territorialmente competente rigettava la richiesta di spostamento del luogo di sepoltura della defunta moglie ritenendo attendibili e coerenti con tale decisione le dichiarazioni dei testimoni
più vicini alla defunta nel suo ultimo periodo di vita.

La decisione della Corte di Cassazione

Il coniuge superstite proponeva, quindi, ricorso per Cassazione avverso la decisione
della Corte d’Appello. La Suprema Corte stabiliva il principio di diritto secondo cui, in assenza di disposizione testamentaria, la volontà del de cuius in ordine al proprio luogo di sepoltura può
essere dimostrata con qualunque mezzo, compresa la prova testimoniale, non sussistendo un diritto del coniuge superstite in ordine a tale scelta.
È, infatti, pacifica per la giurisprudenza di legittimità la prevalenza del diritto del coniuge superstite, su quello di altri congiunti, di scegliere il luogo di sepoltura del coniuge defunto in mancanza di volontà espressa al riguardo da parte di quest’ultimo.
Tuttavia, gli Ermellini non ritenevano applicabile tale principio di diritto nel caso di specie. E ciò in virtù del fatto che il desiderio della defunta in merito fosse stato ben espresso e desunto dalle testimonianze delle persone che erano state più vicine alla stessa durante il suo ultimo anno di vita.

Pertanto, ad avviso della Suprema Corte, i giudici di secondo grado hanno correttamente ritenuto dimostrata la volontà specifica espressa da parte attrice.

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Proprietà digitale: aspetti successori

13 Dicembre 2019 Da Staff Lascia un commento

 

La proprietà digitale

In un mondo sempre più tecnologico e informatico particolare rilevanza giuridica assume la proprietà digitale. Quest’ultima costituisce ormai parte integrante del patrimonio di un individuo. Oggetto di tale proprietà sono foto, video, musica, file di testo o qualunque altro file multimediale.

Il legittimo proprietario può ovviamente disporre di tali beni, essendo libero di condividerli o di celarli a terzi. Frequente è infatti l’utilizzo di apposite credenziali. Queste di solito costituite dal nome utente e dalla password, che consentono l’accesso a dati sensibili o file personali.

Tuttavia vi  è una profonda differenza tra disponibilità delle credenziali e la titolarità dei beni che la credenziale medesima custodisce. Il possesso delle prime non determina infatti la proprietà sulle seconde.

Cosa accade se muore il proprietario?

La tematica risulta essere particolarmente interessante in caso di decesso del legittimo proprietario. Non è infatti raro che sorgano controversie tra gli eredi titolari dei beni digitali e i gestori dei servizi on-line. In questi casi di fondamentale importanza risultano essere le condizioni generali predisposte dai gestori e accettate dagli utenti. Uno dei casi più comuni è la richiesta di accesso da parte dei congiunti ai profili social del deceduto, o alla sua email.

L’attualità della tematica ha reso indispensabile  introdurre nel nostro ordinamento una specifica disciplina in materia di eredità digitale. In passato la fattispecie veniva ricondotta nel D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196. L’art. 9 comma 3, affermava che “I diritti di cui all’articolo 7[…] concernenti persone decedute possono essere esercitati da chi ha un interesse proprio, o agisce a tutela dell’interessato o per ragioni familiari meritevoli di protezione”. L’art. 7 prevedeva una serie di diritti riferiti ai dati personali, quali a conferma dell’esistenza di tali dati e le finalità e modalità di trattamento.

Ricondurre in modo esaustivo tale previsione normativa al contesto della successione nel patrimonio digitale era particolarmente complicato. Spesso si rendevano necessarie forzature,  vista l’eterogeneità del contenuto di tale bene.

Normativa di riferimento

La normativa fino ad ora esaminata è stata abrogata dal D.Lgs. 10 agosto 2018, n. 101. Adesso la norma di riferimento è l’art. 2-terdecies. In particolare, la stessa disciplina i diritti riguardati le persone decedute. Il terzo comma del suddetto articolo rappresenta una novità. Esso prevede la possibilità che l’interessato vieti l’esercizio di siffatti diritti. Tale norma tutela la facoltà del soggetto di decidere liberamente la sorte dei propri dati digitali. Va però precisato che il divieto deve risultare in modo non equivoco e specifico. La scelta dell’interessato deve dunque essere libera e consapevole ed è ogni momento modificabile e revocabile.

La libertà del soggetto non è tuttavia illimitata. Il divieto non può infatti produrre effetti pregiudizievoli per l’esercizio da parte dei terzi dei diritti derivanti dalla morte dell’interessato.

L’art. 2-terdiecies ha dunque effettuato un importante bilanciamento di interessi. Da un lato l’esigenza di tutela della libera determinazione volitiva del soggetto interessato. Dall’altro la difesa delle ragioni economiche e patrimoniali dei terzi aventi diritto.

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L’ex può godersi l’eredità del padre senza ingerenze: no assegno divorzile per la moglie!

15 Aprile 2019 Da Studio Legale Arcoleo Lascia un commento

L’importante sentenza della Corte di Cassazione n. 18287/2018 comincia a dare i suoi frutti.
La nuova interpretazione dei criteri per la determinazione dell’assegno divorzile sta influenzando i più recenti giudizi delle corti italiane.

Il Tribunale di Prato decide così di negare l’assegno alla ex moglie, che avanza la domanda per via della cospicua eredità del suocero.

La curiosa sentenza di Prato nega la possibilità per la moglie di ottenere l’assegno divorzile dall’ex marito, solamente in virtù dell’arrivo di una cospicua eredità trasmessa dal suocero.

La donna, infatti, vive dignitosamente e il suo stipendio è simile a quello dell’ex marito.
Perciò, caduta la ragione compensativa, rimarrebbe da valutare il concreto apporto della signora alla costruzione del patrimonio del suocero.
La signora non ha mai svolto attività che potessero influenzare l’arricchimento del suocero e dunque, nulla le spetta.

Il giudice di Prato è chiaro: qualunque sia la dimensione dell’eredità lasciata dal suocero all’ex marito, nessun assegno divorzile sarà determinato in suo favore.

Fonte: Il Familiarista

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