“L’assegno alimentare non spetta al coniuge richiedente in assenza della prova dello stato di bisogno. Quest’ultimo va escluso quando residui una capacità lavorativa generica compatibile con la presenza di una patologia psicofisica”. A stabilire il superiore principio di diritto la Corte di Cassazione con la sentenza n. 770 del 16.01.2020
Il fatto
Nel corso di un giudizio di separazione personale, una donna chiedeva al marito la corresponsione di un assegno alimentare, ai sensi dell’art. 446 c.c. La donna asseriva di essere priva di occupazione lavorativa, e dunque impossibilitata a provvedere al proprio sostentamento, in quanto affetta da una grave ed invalidante sindrome depressiva.
Il Tribunale, in primo grado, riconosceva alla donna il diritto ad ottenere un assegno mensile provvisorio pari ad euro 200.
Tuttavia la Corte di Appello di Brescia, successivamente adita dal marito, negava l’assegno. In particolare i giudici di secondo grado riconoscevano in capo alla ricorrente, pur in presenza della malattia, la capacità di svolgere un lavoro anche «meramente esecutivo», quale ad esempio le faccende domestiche.
A fronte di detto provvedimento, la donna ricorreva in Cassazione. Essa lamentava l’omessa valutazione della sussistenza dello stato di bisogno patito. Per di più, denunciava la mancata valutazione della documentazione medica prodotta nel corso del giudizio.
Facciamo un passo indietro: cosa si intende per “capacita lavorativa generica”?
In generale, per «capacità lavorativa» si intende l’attitudine di una persona a produrre un reddito, questo derivante da un’occupazione lavorativa.
Si suole distinguere tra capacità lavorativa generica e specifica. La prima espressione fa riferimento all’idoneità della persona a svolgere un ventaglio indefinito di attività lavorative.
Invece, la seconda sussiste quando il soggetto sia in grado di svolgere una specifica attività lavorativa ovvero di estrinsecare diverse attività lavorative. Queste ultime, in ogni caso, afferenti alla sua sfera attitudinale e compatibili con fattori quali età, sesso, grado di istruzione ed esperienza lavorativa.
Assegno di mantenimento e assegno alimentare: differenze
Ritornando al delicato tema in esame, l’obbligo alimentare si distingue nettamente dal diritto al mantenimento previsto dall’art. 156 c.c. Invero, il diritto all’assegno alimentare presuppone lo stato di indigenza di colui che lo richiede.
Più nello specifico, il diritto agli alimenti è legato alla prova dello stato di bisogno. Ma non solo! Il diritto alimentare dipende altresì dall’impossibilità del soggetto di provvedere al proprio sostentamento mediante l’esplicazione di attività lavorativa legata alle attitudini della persona e non considerata in termini astratti.
La pronuncia in esame offre un’interpretazione alquanto restrittiva circa il riconoscimento del diritto agli alimenti: permette di escludere lo “stato di bisogno” dinanzi ad un’astratta capacità del coniuge richiedente allo svolgimento di una attività lavorativa, anche meramente esecutiva, che non si presti ad essere condizionata dalla presenza della patologia accertata. Nel caso di specie, la sindrome depressiva patita dal coniuge.
Non sono di certo mancate le critiche rivolte a questa corrente di pensiero. Si è precisato, in merito, che lo stato di bisogno non può essere valutato secondo nozioni di carattere generale. Così facendo verrebbero meno le ragioni di solidarietà familiare che costituiscono, invece, il reale fondamento delle norme in esame.
La valutazione circa l’insussistenza di mezzi richiede, pertanto, un’ indagine accurata da parte dell’organo giudicante: questa deve essere portata avanti tenendo conto dei fattori individuali, ambientali, territoriali, economici e culturali riferibili all’esperienza di vita del richiedente.
La decisione degli Ermellini
Nel caso di specie, la Corte di Cassazione rigettava il ricorso della donna, dichiarando inammissibili i motivi di ricorso addotti.
I giudici di legittimità ritenevano di confermare il ragionamento della Corte di Appello. In particolare riconoscevano in capo alla ricorrente l’idoneità a svolgere un lavoro anche meramente esecutivo (come quello delle pulizie domestiche), richiamando così il concetto di capacità lavorativa generica.
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