Tribunale di Perugia, sentenza n. 939/2024 e Tribunale di Palmi, sentenza n. 6/2021
Secondo i giudici di merito la separazione è addebitabile al coniuge che fornisce false informazioni sulla propria vita.
È quanto accade, ad esempio, se un coniuge dà all’altro false informazioni su aspetti importanti della propria vita. Lo afferma il Tribunale di Perugia nella sentenza n. 939/2024.
La causa è stata promossa dalla moglie, che lamentava continue menzogne del marito, conosciuto in uno Stato estero. La donna aveva esposto, in particolare, che il coniuge le aveva fatto credere di esser stato giudice e avvocato nel proprio Paese e di svolgere attività di docenza in due atenei italiani; presentandosi come persona del tutto diversa da quella che in verità era, giacché aveva riferito di avere incarichi professionali inesistenti e mistificato la realtà, fingendo di avere un’identità diversa dalla propria
Non solo. Le menzogne rilevano anche se il mezzo tramite cui vengono perpetrate è quello dei social network.
Secondo la giurisprudenza di merito, infatti, anche le false informazioni personali sui social network sono lesive della dignità del coniuge e determinano la violazione dell’obbligo di fedeltà coniugale.
E’ quanto statuisce il Tribunale di Palmi (Reggio Calabria) con sentenza n. 6/2021.
La vicenda vedeva una moglie chiedere la separazione coniugale in seguito al progressivo estraniamento del marito dalla vita coniugale consistente in lunghi periodi fuori casa nonché nell’uso smodato del telefono cellulare. La ricorrente aveva, inoltre, appurato come il marito si definisse “single” su Facebook, alimentando consapevolmente la possibilità di entrare in contatto con altre donne.
Nel decidere ambedue le liti, i Giudici di merito richiamano i principi che governano l’onere della prova nelle controversie di separazione: la parte che chiede l’addebito deve provare che la condotta contestata abbia avuto efficacia causale nel rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza; l’altro coniuge deve invece dimostrare che quei fatti non hanno determinato la fine del rapporto.
Ebbene, tra i comportamenti in grado di rendere intollerabile la convivenza si annoverano certamente i comportamenti summenzionati. Si tratta, secondo i Decidenti, di comportamenti che «violano, in tutta evidenza, il dovere di lealtà (…) immanente all’unione matrimoniale», non potendosi dubitare che integri violazione del dovere coniugale «la condotta di chi tradisca la fiducia personale del coniuge, manipolando grandemente la realtà e fornendo una rappresentazione mendace delle proprie condotte, della propria identità lavorativa, della propria vita».