Rinuncia al mantenimento e diritto all’assegno sociale: la Suprema Corte dice si alla corresponsione dell’assegno sociale ex art. 3, comma 6, della legge n. 335 del 1995, anche per il coniuge che rinuncia al mantenimento, specificando che la normativa prevede come unico requisito, per l’erogazione dell’assegno sociale, lo stato di bisogno effettivo del richiedente.
Il caso
Tizio in primo grado (dal Tribunale di Campobasso) si vedeva riconosciuta la domanda avente ad oggetto il riconoscimento dell’assegno sociale, originariamente respinta dall’Istituto previdenziale per ritenuto difetto dello stato di bisogno dello stesso. Ed in particolare il Tribunale riteneva che la situazione di “sufficienza economica” palesata dal richiedente in sede di separazione consensuale (da cui era disceso il mancato riconoscimento dell’assegno divorzile in favore dello stesso), non era idonea a dimostrare la sua capienza economico-patrimoniale e di conseguenza la non spettanza dell’assegno assistenziale in suo favore.
Decisone della Corte d’Appello di Campobasso
L’INPS, pertanto, impugnava la decisione innanzi alla Corte d’Appello che, di contro, riformando la decisione del giudice di prime cure accoglieva la domanda dell’Istituto previdenziale rilevando come “da una parte, la dichiarazione di indipendenza economica presentata (…) in sede di separazione consensuale, con rinuncia all’assegno di mantenimento a carico del coniuge, e dall’altra, la natura sussidiaria dell’istituto dell’assegno sociale che, imponendo di considerare tutti i tipi di reddito, consente di attribuire la relativa prestazione assistenziale solo a favore di soggetti che versino in un effettivo stato di bisogno, dovendosi escludere che tale prestazione possa essere riconosciuta in presenza di entrate patrimoniali, attuali o in concreto possibili, che escludano l’esistenza della predetta situazione di bisogno“.
Tizio ricorreva in Cassazione
Contro la decisione della Corte di Appello proponeva ricorso Tizio. Il ricorrente rilevava che il Giudice di secondo grado aveva “erroneamente e aprioristicamente escluso lo stato di bisogno (…) solo perché lo stesso aveva rinunciato all’assegno di mantenimento da parte dell’ex coniuge, ma con ciò introducendo, di fatto, un requisito preclusivo al riconoscimento dell’assegno sociale non contemplato dalla previsione normativa di cui alla rubrica“.
Decisione della Suprema Corte
Gli Ermellini, con sentenza n. 33513/2023 ritenevano la fondatezza del motivo d’impugnazione, in quanto, conformemente alla giurisprudenza di legittimità formatasi sul punto “il diritto alla corresponsione dell’assegno sociale ex art. 3, comma 6, della I. n. 335 del 1995, prevede come unico requisito lo stato di bisogno effettivo del titolare, desunto dall’assenza di redditi o dall’insufficienza di quelli percepiti in misura inferiore al limite massimo stabilito dalla legge, restando irrilevanti eventuali altri indici di autosufficienza economica o redditi potenziali, quali quelli derivanti dall’assegno di mantenimento che il titolare abbia omesso di richiedere al coniuge separato, e senza che tale mancata richiesta possa essere equiparata all’assenza di uno stato di bisogno“.
Rinvio per il riesame della controversia
Secondo la Suprema Corte, quindi, ai fini del riconoscimento dell’assegno assistenziale, non rileva il fatto che lo stato di bisogno del richiedente sia incolpevole, quanto il fatto che tale stato sussista e sia integrato nella sua dimensione oggettiva.
Alla luce delle superiori argomentazioni la Suprema Corte cassava la sentenza rinviando alla Corte d’Appello di Campobasso per il riesame del merito della controversia.
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