La ripartizione del trattamento di reversibilità tra coniuge divorziato e coniuge superstite, entrambi aventi requisiti per la relativa pensione, va effettuata, oltre che sulla base del criterio della durata dei matrimoni, ponderando ulteriori elementi correlati alla finalità solidaristica dell’istituto, tra i quali la durata delle convivenze prematrimoniali.
La pensione di reversibilità rientra nell’ambito delle prestazioni previdenziali previste per i cosiddetti ‘superstiti’, in caso di morte di un lavoratore assicurato (o pensionato).
Più precisamente, si parla di pensione di reversibilità con riferimento ad un “dante causa” già pensionato e di pensione indiretta quando la prestazione tragga origine dalla morte di un lavoratore assicurato, ma non ancora pensionato. Il decesso di tale soggetto determina infatti, per i familiari superstiti, il venir meno di una fonte di reddito sulla quale gli stessi avevano potuto fino a quel momento fare affidamento.
La pensione di reversibilità trova il suo fondamento, in costanza di matrimonio, nel principio di solidarietà coniugale, nell’importanza del momento contributivo ai bisogni della famiglia (articolo 143, comma 3, c.c.) e del sostegno prestato all’attività lavorativa dell’altro coniuge che motiva la ricaduta dei vantaggi su entrambi di ogni forma di accantonamento previdenziale.
Il fondamento dell’istituto nell’ambito del divorzio deve invece, rinvenirsi nelle forme di solidarietà post coniugale ed è disciplinato dall’articolo 9 della legge 898/1970, i cui commi 2 e 3 disciplinano il concorso fra ex coniuge e coniuge superstite, secondo questi criteri:
- in caso di morte dell’ex coniuge e in assenza di un (secondo) coniuge superstite avente i requisiti per la pensione di reversibilità, il coniuge rispetto al quale è stata pronunciata sentenza di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio ha diritto, se non è passato a nuove nozze e sempre che sia titolare di assegno ai sensi dell’articolo 5, alla pensione di reversibilità, sempre che il rapporto da cui trae origine il trattamento pensionistico sia anteriore alla sentenza;
- qualora esista un (secondo) coniuge superstite avente i requisiti per la pensione di reversibilità, una quota della pensione e degli altri assegni a questi spettanti è attribuita dal tribunale, tenendo conto della durata del rapporto, al coniuge rispetto al quale è stata pronunciata la sentenza di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio e che sia titolare dell’assegno di cui all’articolo 5.
Il problema fondamentale posto dalla disposizione appena richiamata riguarda, evidentemente, il criterio di ripartizione della pensione tra tutti gli aventi diritto, avendo cura di precisare, naturalmente, che il concorso di più coniugi, superstite e divorziato (o divorziati) lascia, comunque, inalterata la misura complessiva del rateo pensionistico spettante alla categoria del coniuge (cioè, il 60%): misura che, pertanto, andrà divisa tra tutti i coniugi concorrenti.
Secondo la giurisprudenza di legittimità, la “durata del nuovo rapporto” deve essere calcolata facendo riferimento anche alla convivenza prematrimoniale che acquista una rilevanza autonoma in sede di determinazione delle quote di pensione di reversibilità spettanti ai singoli aventi diritto. Secondo un consolidato principio di diritto, infatti, “la ripartizione del trattamento di reversibilità tra coniuge divorziato e coniuge superstite, entrambi aventi i requisiti per la relativa pensione, va effettuata, oltre che sulla base del criterio della durata dei matrimoni, ponderando ulteriori elementi correlati alla finalità solidaristica dell’istituto, tra i quali la durata delle convivenze prematrimoniali, dovendosi riconoscere alla convivenza “more uxorio” non una semplice valenza correttiva dei risultati derivanti dall’applicazione del criterio della durata del rapporto matrimoniale, bensì in distinto ed autonomo rilievo giuridico, ove il coniuge interessato provi stabilità ed effettività della comunione di vita prematrimoniale” (Cass. Civ., n. 26358/2011).
Da ultimo, con l’ordinanza n. 21997/2024, la Cassazione Civile è tornata sulla questione precisando che in tema di attribuzione delle quote della pensione di reversibilità ex art, 9, a favore dell’ex coniuge divorziato e del coniuge già convivente e superstite, la ripartizione del trattamento economico va effettuata, oltre che sulla base del criterio primario della durata dei rispettivi matrimoni, anche ponderando ulteriori elementi, quali l’entità dell’assegno di mantenimento riconosciuto all’ex coniuge, le condizioni economiche dei due e la durata delle rispettive convivenze prematrimoniali, in forza del principio solidaristico, secondo cui il meccanismo divisionale non è strumento di perequazione economica fra le posizioni degli aventi diritto, ma è preordinato alla continuazione della funzione di sostegno economico, assolta a favore dell’ex coniuge e del coniuge convivente, durante la vita del dante causa, rispettivamente con il pagamento dell’assegno di divorzio e con la condivisione dei rispettivi beni economici da parte dei coniugi conviventi.