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addebito

Addebito separazione: per la Cassazione sono sufficienti 48 ore fuori di casa

20 Gennaio 2020 Da Staff Lascia un commento

L’addebito della separazione può essere contestato alla “donna che abbandona, anche solo per due giorni, il tetto coniugale per poi ritornare a seguito di un ripensamento nel caso in cui comunque successivamente si proceda allo scioglimento del vincolo coniugale” (Cass. Civ. Ord. 509/2020 del 11.01.2020).

Addebito della separazione nell’ordinamento italiano

L’art. 151 comma 2 del codice civile individua i presupposti in presenza dei quali, il giudice, su richiesta di parte, individua a chi dei coniugi è addebitabile la separazione. 

Addebitare la separazione significa, pertanto, individuare chi dei due coniugi ha determinato il fallimento del matrimonio. La crisi quindi deve conseguire a causa del comportamento di uno di essi il quale, così facendo, ha reso intollerabile la prosecuzione del coniugio.

Dunque nel caso in cui  l’autorità giudiziaria appuri che la rottura dell’unione coniugale è dipesa dalla violazione, da parte di una sola delle parti dei doveri disciplinati dall’art. 143 c.c. ove sussista specifica richiesta in tal senso, potrà pronunciare sentenza di separazione con addebito.

Presupposti dell’addebito secondo la giurisprudenza maggioritaria

L’orientamento giurisprudenziale maggioritario, tuttavia, ai fini del riconoscimento dell’addebito ritiene necessario che la violazione dei doveri coniugali sia antecedente alla richiesta di separazione. In particolare è necessario dimostrare che sussiste un rapporto di causa-effetto tra la violazione stessa e la sopravvenuta intollerabilità della convivenza.

A tal proposito, in numerose occasioni la Cassazione si è pronunciata in materia di addebito della separazione nei casi di tradimento. Anche in tali casi rilievo fondamentale è stato dato al fattore temporale. Invero,  anche in caso di tradimento l’addebito della separazione è possibile solo se l’infedeltà è stata la causa della crisi coniugale e non il suo effetto.

Tornando al caso di specie…

Con l’ordinanza in commento, la Corte di Cassazione ha ritenuto che alla donna, colpevole di avere lasciato l’abitazione coniugale per soli due giorni, per poi ritornare sui propri passi, debba essere addebitata la separazione.

Gli Ermellini hanno confermato la sentenza emessa dai giudici di merito, ritenendo la fuga di sole 48 ore dal domicilio domestico la causa del fallimento del matrimonio. In particolare la donna non ha dimostrato che il matrimonio fosse già in crisi. Non ha neppure dimostrato di avere ricevuto  pressioni, violenza o minaccia da parte del marito.

Di conseguenza i giudici chiamati a decidere del caso, considerando il “carattere unilaterale e non temporaneo della decisione di abbandonare la residenza familiare ponendo fine alla vita coniugale”, accoglievano la domanda del marito volta all’accertamento dell’addebito.

Conseguenze dell’addebito

Quali sono le conseguenze in termini giuridici dell’addebito? Le conseguenze sono prevalentemente di carattere patrimoniale. 

Il coniuge cui è stata addebitata alla separazione perde infatti il diritto a ricevere un eventuale assegno di mantenimento. Tuttavia permane il diritto agli alimenti, ma sempre che ne sussistano i presupposti. Ciò significa che  potrà percepire somme di denaro solo nel caso in cui si trovi in una situazione di bisogno.  

Rilevanti inoltre sono gli effetti della pronuncia di addebito della separazione in ambito successorio. Il coniuge separato con addebito, infatti, perde i diritti di successione inerenti allo stato coniugale.  Conserva esclusivamente il diritto a un assegno vitalizio, laddove, all’apertura della successione, godesse già dell’assegno alimentare.

Altro effetto dell’addebito della separazione è la perdita del diritto alla pensione di reversibilità e alle altre indennità e prestazioni previdenziali riconosciute al coniuge defunto.

Potrebbe anche interessarti “Addebito: non bastano il tradimento e l”allontanamento da casa”, leggi qui.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Addebito: non bastano il tradimento e l’allontanamento da casa

10 Settembre 2019 Da Studio Legale Arcoleo Lascia un commento

La pronuncia di “addebito”, ossia l’individuazione di chi dei coniugi ha causato il fallimento del matrimonio, non scatta automaticamente per violazione dei doveri coniugali. Chi chiede l’addebito deve provare che la violazione ha causato  l’intollerabilità della convivenza. (Cassa. Ordinanza n. 14591/2019).

Il fatto

In sede di separazione il Tribunale di Genova si è pronunciato per l’addebito nei confronti di una moglie. Questa infatti aveva tradito il marito e si era allontanata dalla casa familiare.

La Corte d’Appello, successivamente, ha revocato la dichiarazione di addebito. A suo dire infatti non vi erano prove sufficienti a giustificarla.

Anzi, dal giudizio di secondo grado era emerso che la separazione era dipesa da una profonda crisi della coppia antecedente sia al tradimento che all’abbandono del tetto coniugale. 

La Corte d’Appello ha anche specificato che l’allontanamento da casa non era conseguenza del tradimento ma, appunto, delle tensioni  all’interno della coppia.

Il marito ha allora fatto ricorso in Cassazione.

A suo dire l’allontanamento da casa e il tradimento sono violazione dei doveri coniugali sanciti dall’art. 143 c.c. e come tali sufficienti di per sé a giustificare una dichiarazione di addebito.

Inoltre l’uomo insisteva su altri due aspetti. Con riferimento all’abbandono della casa familiare, sosteneva che fosse la moglie a dover provare  l’intollerabilità della convivenza che lo aveva determinato.

Invece con riferimento all’infedeltà riteneva che questa, di per sé, fosse una ragione sufficiente a rendere impossibile la prosecuzione della convivenza. Salvo la prova, da parte della donna, che la crisi fosse da imputare a motivi diversi.

In sostanza l’uomo pretendeva di operare un’inversione delle regole sull’onere della prova.

La Cassazione ha rigettato il suo ricorso.

La Suprema Corte ha ricordato che la pronuncia di addebito non può fondarsi esclusivamente sul fatto che un coniuge abbia violato uno o più doveri scaturenti dal matrimonio. Si ricorda che i doveri scaturenti dal matrimonio sono individuati dall’art 143 c.c. Essi possono essere riassunti nel dovere di fedeltà, di assistenza morale e materiale, di collaborazione nell’interesse della famiglia  e di coabitazione.

Per ottenere una pronuncia di addebito occorre, invece, valutare se la violazione sia stato il motivo scatenante la crisi del rapporto.

Inoltre la Suprema Corte ha ribadito i principi legati all’onere della prova. Chi richiede l’addebito deve provare l’intollerabilità della convivenza a causa della violazione del dovere coniugale.

Invece è onere dell’altra parte provare l’anteriorità della crisi.

 

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Le foto del tradimento trovate nel pc non sono prova per l’addebito della separazione

8 Novembre 2018 Da Studio Legale Arcoleo Lascia un commento

Le foto del tradimento che ritraggono il partner durante un rapporto sessuale non possono essere usate in giudizio per provare l’addebito della separazione. E’ violazione della privacy. (Tribunale di Larino 9 agosto 2017 n. 398).

Nel settembre 2012 una coppia si sposa. Dopo il viaggio di nozze negli USA i due si stabiliscono in Turchia, ad Instambul, dove lui già da tempo lavora. Neanche un anno dopo, nel giugno 2013, il matrimonio è al capolinea.

Lui si rivolge al competente Tribunale italiano per chiedere la separazione dalla moglie senza il riconoscimento dell’assegno di mantenimento in suo favore. L’uomo sosteneva che la moglie non aveva mai fatto nulla per ambientarsi nella nuova realtà. Perciò era solita fare rientro in Italia frequentemente, lasciandolo solo in Turchia anche per mesi.

Dal canto suo la donna racconta una situazione ben diversa. Afferma che i primi mesi di matrimonio erano stati molto sereni. Racconta dell’emozione per i lavori di ristrutturazione della loro nuova casa. Di avere iniziato ad inserirsi nella realtà turca, anche dando lezioni di lingua italiana ai turchi. E che in occasione di un suo rientro in Italia, finalizzato ad ottenere il permesso di soggiorno definitivo, il marito non aveva mostrato alcuna insofferenza.

La donna svelò anche il reale motivo della fine del matrimonio. Infatti, nell’inviare una mail dall’unico pc presente nella casa coniugale, la donna si è imbattuta in un numero infinito di foto che ritraevano il marito durante rapporti sessuali. Si trattava di foto di natura inequivocabilmente  pornografica, ambientate peraltro nella casa coniugale.

Di fronte a questo palese tradimento la donna chiede la separazione con addebito al marito, il mantenimento per sè, e la somma di Euro 300.000,00 a titolo di risarcimento.

A sostegno della sua richiesta di addebito la donna produce in giudizio le foto del tradimento. Sembrerebbero delle prove schiaccianti. E invece il Tribunale di Laurino rigetta la richiesta di addebito. Perché?

Perché quelle foto del tradimento immortalavano l’uomo durante lo svolgimento della sua vita sessuale. E i dati inerenti la salute e la vita sessuale sono “dati sensibili”. 

E i dati sensibili, ai sensi dell’art. 26 del codice della privacy (D.Lgs. 193 del 2003), possono essere diffusi solo con il consenso dell’interessato e con l’autorizzazione del Garante della protezione dei dati personali.

Non ricorrendo nessuna di queste due circostanze, le foto del tradimento sono, a detta del giudicante, inutilizzabili in giudizio.

Con questa pronuncia il Tribunale di Laurino ha sancito, quindi, la prevalenza del diritto alla privacy  su quello ad agire e difendersi in giudizio. Non ci resta che aspettare di vedere se la moglie ricorrerà o meno in appello.

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