Diritto di abitazione: in caso di morte del coniuge, il coniuge superstite gode del diritto abitazione dell’immobile adibito a casa familiare se il bene è in comproprietà con terze persone?
La questione giuridica
La questione, più volte discussa in giurisprudenza, viene affrontata nuovamente dalla Corte di Cassazione con la recente ordinanza n. 29162/2021.
In particolare, la vicenda riguardava un giudizio avente ad oggetto la divisione di una comunione ereditaria. Nel corso del procedimento, la vedova di uno dei comproprietari dell’immobile, rilevava che durante il matrimonio con quest’ultimo il predetto era adibito a casa coniugale. Pertanto, la donna chiedeva in via riconvenzionale, il diritto di uso e di abitazione sulla quota di un terzo della casa spettante al marito deceduto. In subordine, chiedeva la liquidazione in proprio favore per equivalente della suddetta quota.
Entrambe le domande però venivano rigettate dal Tribunale. La Corte di Appello adita, inoltre, in sede di gravame proposto dalla vedova confermava la decisione dei giudici di primo grado.
La donna ricorreva in Cassazione
Giunta alla valutazione di legittimità, la Corte di Cassazione rigettava il ricorso. Ed in particolare, gli Ermellini chiarivano che: la locuzione “di proprietà del defunto o comuni“, contenuta nel secondo comma dell’art. 540 del Codice Civile, va interpretata alla luce della ratio del diritto di abitazione e della sua stretta connessione con l’esigenza di godere dell’abitazione familiare.
Nel prevedere l’ipotesi della casa comune, il legislatore si riferisce esclusivamente alla comunione con l’altro coniuge. Ciò tenuto conto che il regime della comunione è quello legale e quindi presumibilmente il più frequente a verificarsi; nel caso in cui vi sia un comproprietario, invece, sono esclusi i presupposti per la nascita del diritto di abitazione. Ed invero, in questo caso non realizzabile è l’intento del legislatore di assicurare in concreto al coniuge il godimento pieno del bene oggetto del diritto.
Pertanto, il suddetto diritto di abitazione può sorgere solo se vi è la possibilità di soddisfare l’esigenza abitativa in concreto.
In conclusione
In sostanza, pertanto, il diritto di abitazione non nasce se l’esigenza abitativa non può soddisfarsi essendo l’immobile appartenente anche ad estranei.
Con la medesima pronuncia, la Corte di Cassazione, inoltre, esclude il diritto del coniuge superstite ad ottenere l’equivalente monetario nei limiti della quota di proprietà del coniuge defunto. Tale conclusione poiché, contrariamente ragionando, si finirebbe per attribuire “un contenuto economico di rincalzo al diritto di abitazione che, invece, ha un senso solo se apporta un accrescimento qualitativo alla successione del coniuge superstite, garantendo in concreto l’esigenza di godere dell’abitazione familiare”.
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