• Passa al contenuto principale
  • Passa al piè di pagina

Studio Legale Avvocato Antonella Arcoleo

Legum servi sumus ut liberi esse possimus

  • Avvocato Arcoleo
  • Lo Studio
    • Gli Avvocati
    • I Professionisti
    • I Clienti
  • Attività
    • Parametri forensi
    • Diritto di Famiglia
    • Diritto penale minorile
    • Obbligazioni
      • Contrattualistica
      • Recupero crediti
    • Successioni e Donazioni
  • Domiciliazioni
  • Blog
    • I nostri articoli
    • In breve
    • Legge e Giurisprudenza
    • Aggiornamenti
  • Dove Siamo
  • Contatti
  • Patrocinio

convivenza

Figli nati da genitori non coniugati: validi gli accordi sul mantenimento solo se rispondono all’interesse della prole

18 Maggio 2022 Da Staff Lascia un commento

Figli nati da genitori non coniugati: valido l’accordo sul mantenimento solo se risponde all’interesse della prole. 

I genitori non coniugati, alla cessazione della convivenza, possono raggiungere un accordo circa il mantenimento dei figli. Tale pattuizione è valida anche in assenza di un previo controllo giudiziale. Si tratta di un negozio espressione dell’autonomia privata che, tuttavia, trova un limite invalicabile nella effettiva corrispondenza delle pattuizioni nell’interesse morale e materiale dei figli.

Il giudice eventualmente adito dalle parti può, quindi, integrare o modificare l’accordo. Così ha deciso la Corte di Cassazione con l’ordinanza dell’11 gennaio 2022 n. 663. 

Il caso

Dopo aver cessato la convivenza more uxorio, le parti concludevano un accordo avente ad oggetto il mantenimento del figlio minore nato dalla loro relazione. In forza del predetto, il padre trasferiva la proprietà di un immobile al figlio ottenendo in cambio l’esonero dagli obblighi di contribuzione, fatta eccezione per le spese scolastiche e di abbigliamento.

La madre, però, successivamente agiva in giudizio contro l’ex convivente per ottenere la condanna del padre a corrisponderle un contributo mensile a titolo di mantenimento del minore. 

Il giudice, preso atto dell’accordo stipulato tra le parti, dichiarava inammissibile la richiesta della madre, precisando che il padre si sarebbe dovuto limitare a contribuire alle spese straordinarie sostenute nell’interesse del figlio nella misura del 50%

La donna ricorreva in appello 

In sede di gravame, però, la Corte d’Appello accoglieva il reclamo della madre e stabiliva un contributo al mantenimento a carico del padre nella misura di € 250,00 mensili. Ciò in quanto, secondo il giudice di merito, l’accordo negoziale tra le parti era da considerarsi inefficace a causa di un controllo giudiziario dello stesso. Ed inoltre, il trasferimento di proprietà effettuato dal padre risultava insufficiente al soddisfacimento delle esigenze del figlio, ormai divenuto adolescente. 

Si giunge così in Cassazione.

La decisione della Suprema Corte 

Gli ermellini rigettavano il ricorso presentato dal padre avverso il provvedimento di secondo grado. La Suprema Corte stabiliva che, in tema di mantenimento di figli nati fuori dal matrimonio, anche un accordo negoziale intervenuto tra i genitori è valido ed efficace poiché espressione dell’autonomia privata.

Secondo gli ermellini, però, l’autonomia contrattuale delle parti assolve all’unico obiettivo di regolare le concrete modalità di adempimento di una prestazione dovuta per legge. Trattasi, cioè, dell’obbligo posto in capo a entrambi i genitori di rispettare i doveri sanciti dall’art. 147 c.c. nei confronti dei figli.

E’ per tale ragione che l’autonomia negoziale dei genitori incontra un limite nell’effettiva corrispondenza delle pattuizioni contenute nell’accordo all’interesse morale e materiale della prole. 

Il giudice non è vincolato dalle richieste o dagli accordi tra i genitori

Per la Suprema Corte, il giudice è libero di adottare tutti quei provvedimenti che reputa più idonei alla tutela dell’interesse della prole ai sensi dell’art. 337 ter c.c.

Da ciò discende che il giudice non è in alcun modo vincolato alle richieste avanzate dai genitori o agli accordi sottoscritti tra gli stessi. Per tale motivo, l’esistenza di un accordo negoziale tra i genitori non è impeditiva di una diversa regolamentazione qualora il giudice la ritenga corrispondente all’interesse del minore. 

Potrebbe anche interessarti: “L’affidamento condiviso non presuppone la frequentazione paritaria”. Leggi qui. 

Archiviato in:I nostri articoli, Legge e Giurisprudenza Contrassegnato con: accordi tra conviventi, convivenza, divorzio, figlio minore, mantenimento figlio, separazione

Diritto al rimborso per l’ex convivente che ha contribuito alle spese di edificazione della casa familiare

2 Ottobre 2020 Da Staff Lascia un commento

L’ex convivente che abbia contribuito alle spese di edificazione sul fondo del patner di un immobile destinato a diventare la comune casa familiare, ma rimasto di proprietà esclusiva del dominus soli per l’operare dei principi in materia di accessione ha diritto al rimborso, ai sensi dell’art. 2033 c.c., delle somme erogate (Cass. civ., sez. II del 03 ottobre 2019, n. 24721).

Il fatto

Una donna adiva il Tribunale di Sassari rappresentando che, durante la convivenza, il compagno aveva edificato in un fondo di sua proprietà un edificio da adibire a casa familiare utilizzando, per la metà dei costi di costruzione, somme della stessa. Peraltro, con apposita scrittura privata tra le parti l’uomo riconosceva la comproprietà dell’immobile con la compagna per il 50%. La donna, terminata la convivenza, chiedeva la divisione del bene o, in subordine, la restituzione delle somme versate.

L’uomo si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto delle domande.

La decisione del Tribunale

Il Tribunale di Sassari, preliminarmente, rigettava la domanda principale della donna volta al riconoscimento della comproprietà. Tuttavia, riconosceva all’attrice un credito di € 80.233,49 a titolo di indennità di ingiustificato arricchimento. 

L’uomo, non ritenendo corretta la decisione, impugnava la sentenza. Ma anche la Corte di Appello dava ragione alla donna. In particolare, i giudici di secondo grado, riqualificata la domanda in termini di azione personale di restituzione, riteneva provato che la ricorrente avesse partecipato ai costi di costruzione. Di conseguenza la donna aveva diritto al rimborso di quanto versato.

L’uomo ricorreva in Cassazione

L’uomo ricorreva in Cassazione adducendo due motivi.

Con il primo motivo lamentava la contraddittorietà della motivazione per avere la sentenza ritenuto che la richiesta di rimborso costituisse un’azione personale di restituzione;

con il secondo motivo l’uomo sosteneva che la domanda di restituzione poteva fondarsi solo sulla situazione di comproprietà.

La Suprema Corte dichiarava inammissibile il ricorso

Gli ermellini, chiamati a decidere il caso, analizzavano congiuntamente i due motivi di impugnazione poiché vertenti su questioni strettamente connesse.

La Corte di Cassazione riteneva infondate le doglianze. Innanzitutto alcuna carenza di motivazione poteva essere eccepita alla sentenza, considerato che i Giudici di merito avevano evidenziato che con la scrittura privata sottoscritta dai due ex conviventi provato era il dato che l’uomo avesse ricevuto i soldi per l’edificazione dell’immobile. Peraltro, non essendosi mai realizzato l’acquisto della comproprietà dell’immobile la somma versata era da ritenersi indebita. Pertanto la stessa doveva essere restituita poiché non dovuta e ciò ai sensi dell’art. 2033 c.c.

Solo se il ricorrente fosse riuscito a dimostrare che la somma era stata versata a titolo di liberalità la pretesa restitutoria non sarebbe stata accolta.

Per tali ragioni, quindi, la Corte di legittimità rigettava il ricorso.

Potrebbe anche interessarti “No pignoramento all’ex marito che non versa il mantenimento perché paga il mutuo cointestato”. Leggi qui.

 

 

 

 

 

Archiviato in:I nostri articoli, Legge e Giurisprudenza Contrassegnato con: compartecipazione spese casa familiare, convivenza, ingiustificato arricchimento, rimborso somme

Convivenza: tradimento a pochi mesi dalle nozze esclude la nullità del matrimonio in sede civile

10 Marzo 2020 Da Staff Lascia un commento

In caso di convivenza durata oltre tre anni, la scoperta del tradimento a pochi mesi dal matrimonio, non rileva ai fini del riconoscimento della nullità già pronunciata in sede ecclesiastica (Cass., sez. VI civ., ordinanza n. 30900/2019 del 26 novembre 2019).

Il fatto

Un uomo adiva la Corte di Appello di Perugia chiedendo la delibazione della sentenza del Tribunale Ecclesiastico che annullava il proprio matrimonio.

Tuttavia, la Corte di Appello riteneva di non potere accogliere la domanda. Ciò alla luce del dato che la coppia aveva convissuto per oltre tre anni.

L’uomo ricorreva in Cassazione

L’uomo, respinta la richiesta, ricorreva in Cassazione con due motivi. Con il primo deduceva la violazione e falsa applicazione della L. n. 121 del 1985, art. 8, comma 2, e dell’art. 797 c.p.c.. L’uomo nella specie sosteneva che i due requisiti (stabilità ed esteriorità) della convivenza ultra triennale, ostativi alla delibazione della sentenza ecclesiastica di annullamento non sussistevano nel proprio caso. L’uomo aggiungeva, altresì, che la relazione extraconiugale della moglie risaliva al 2012. Con il secondo motivo il ricorrente deduceva, invece, l’omesso esame di un fatto decisivo.  Rilevava cioè che dalla sentenza ecclesiastica non poteva evincersi la continuità della convivenza. Peraltro il ricorrente riteneva che la Corte avesse errato nell’interpretazione e qualificazione della convivenza, come stabile e continuativa, ai fini dell’applicazione della maggioritaria giurisprudenza di legittimità. 

La decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione riteneva infondato il ricorso dell’uomo, confermando di fatto la ricostruzione della Corte di Appello di Perugia. Ciò alla luce della maggioritaria giurisprudenza sul punto. 

In particolare, gli Ermellini evidenziavano la correttezza della ricostruzione dei fatti da parte della Corte di Appello. La Corte di Cassazione ribadiva che la convivenza prematrimoniale “come coniugi” ove protrattasi per almeno tre anni dalla celebrazione del matrimonio concordatario, integra una situazione giuridica di “ordine pubblico italiano”.  Tale convivenza è ostativa alla dichiarazione di efficacia della sentenza di nullità pronunciata dal tribunale ecclesiastico.

Peraltro, la Corte di Cassazione sottolineava anche l’irrilevanza  della circostanza che l’unione fra i coniugi nel periodo di convivenza sia stata o meno felice. Tale mancanza di adesione affettiva può acquistare rilevanza giuridica solo se viene concordemente riconosciuta e manifestata all’esterno in modo da privare alla convivenza ogni valenza.

Nel caso di specie quest’ultimo requisito, che avrebbe reso rilevante la mancanza di affectio coniugalis, non veniva dedotto dell’uomo. Né tantomeno veniva provato dal ricorrente. Circostanza inoltre contestata dalla moglie. Le osservazioni dell’uomo attestavano tuttalpiù una non adesione affettiva al matrimonio dopo pochi mesi dalla sua celebrazione. Elemento che tuttavia non aveva impedito ai due coniugi di vivere insieme per oltre tre anni. 

Potrebbe anche interessarti “Rimborso somme versate per la casa familiare: l’ex convivente ne ha diritto?”, leggi qui. 

 

Archiviato in:I nostri articoli, Legge e Giurisprudenza Contrassegnato con: annullamento matrimonio, convivenza, delibazione, divorzio, matrimonio, separazione

Rimborso somme versate per la casa familiare: l’ex convivente ne ha diritto?

30 Gennaio 2020 Da Staff Lascia un commento

“L’ex convivente che ha versato all’altro del denaro a titolo di concorso alle spese di costruzione di quella che doveva diventare la casa familiare ha diritto al rimborso delle somme date se, terminata la convivenza, il conferimento non si concretizza nell’acquisto della proprietà del bene” (Cass. Sez. II civile, ord. 3 ottobre 2019, n. 24721). 

Il caso

Un uomo costruiva su un fondo proprio un immobile da adibire a casa familiare. A tal fine utilizzava delle somme, pari alla metà dei costi di costruzione, corrisposte dalla convivente.  Ebbene la donna aveva conferito le somme all’esclusivo fine di partecipare alle spese di edificazione della casa familiare e con l’intento di divenire in futuro comproprietaria. 

Tuttavia, e nonostante i progetti futuri, la relazione sentimentale tra la coppia veniva meno. Pertanto la donna si rivolgeva al Tribunale al fine di chiedere, in via principale, la divisione dell’immobile  ed eventuali attribuzioni a titolo di conguaglio o, in via subordinata, la condanna dell’ex convivente alla restituzione della somma corrisposta dalla stessa.

Decisione del Tribunale

Il Tribunale adito rigettava la domanda volta all’accertamento della comproprietà. Riconosceva, tuttavia, alla donna un credito a titolo di indennità per l’ingiustificato  arricchimento dell’ex compagno. In particolare il Tribunale rilevava che l’impoverimento della donna non trovava alcuna giustificazione. Nel caso di specie mancava sia il vincolo contrattuale sia lo spirito di liberalità tipico degli atti di donazione. Pertanto l’ex compagno veniva condannato  alla rifusione delle spese sostenute dalla donna  per la costruzione dell’immobile di sua proprietà.

L’umo impugnava la sentenza di primo grado

L’ex convivente ritenendo ingiusta la sentenza di primo grado ricorreva in appello. L’Ecc.ma Corte, dopo avere riqualificato la domanda della donna come azione di restituzione,  ribadiva il corretto iter motivazionale dei giudici di prime cure e confermava la sentenza.

L’uomo ricorreva in Cassazione

Anche la Suprema Corte di Cassazione rigettava il ricorso dell’ex compagno. In particolare, con l’ordinanza in commento affermava che “”L’ex convivente che ha versato all’altro del denaro a titolo di concorso alle spese di costruzione di quella che doveva diventare la casa familiare ha diritto al rimborso delle somme date se, terminata la convivenza, il conferimento non si concretizza nell’acquisto della proprietà del bene”.

Il ragionamento degli ermellini nell’affermazione del superiore principio di diritto traeva origine dal corretto inquadramento dell’art. 2034 c.c. Tale norma riguarda le obbligazioni naturali. Tali possono essere considerate le attribuzioni patrimoniali effettuate tra soggetti sentimentalmente legati.

Nel dettaglio, il pagamento spontaneo eseguito nell’ambito di una famiglia di fatto, potrebbe essere qualificato come adempimento di un dovere di carattere morale o sociale.  In tali casi l’art. 2034 c.c. stabilisce l’irripetibilità delle somme corrisposte. 

Tuttavia la Corte di Cassazione riteneva possibile, nel caso di specie,  configurare l’ingiustizia dell’arricchimento da parte del convivente more uxorio. Ciò  perché le somme versate dalla donna non erano qualificabili come adempimento di obbligazioni nascenti dal rapporto di convivenza.

Alla luce di quanto sopra la Corte di Cassazione confermava le sentenze di merito. Il ricorrente non aveva dimostrato  che la somma gli fosse stata corrisposta a titolo di liberalità o in virtù dei legami affettivi o di solidarietà. Il ricorso proposto dall’uomo quindi veniva rigettato. Pertanto l’uomo doveva provvedere alla rimborso delle somme alla ex compagna.

Potrebbe anche interessarti “Abitazione familiare: nessun diritto di abitazione per il coniuge superstite se la casa non è più adibita ad abitazione familiare”, leggi qui. 

 

 

 

 

 

Archiviato in:I nostri articoli, Legge e Giurisprudenza Contrassegnato con: casa familiare, compartecipazione spese casa familiare, convivenza, convivenza stabile, obbligazione naturale, rimborso, rimborso somme

Convivenza nascosta all’ex marito, è possibile chiedere la restituzione del mantenimento versato?

30 Settembre 2019 Da Staff Lascia un commento

La convivenza stabile e continuativa con altro uomo, per costante giurisprudenza, è suscettibile di comportare la cessazione o l’interruzione dell’obbligo  di corresponsione del mantenimento che grava sul coniuge (cfr. Cass. civ. 18 novembre 2013 n. 25845; Cass. civ. 3 aprile 2015 n. 6855; Cass. civ. 19 dicembre 2018 n. 32871).

Il principio stabilito dalla giurisprudenza pone le proprie fondamenta sulla circostanza che la convivenza more uxorio , se connotata dai caratteri della stabilità e progettualità, recide ogni legame con il precedente tenore di vita.

Cosa accade se strategicamente il coniuge nasconde la convivenza?

Sul punto la giurisprudenza è sempre stata univoca ritenendo che l’obbligato al mantenimento non può ottenere indietro le somme già versate. Secondo tale orientamento interpretativo, infatti,  le somme versate a titolo di mantenimento non sono ripetibili. In particolare, a tal riguardo, opererebbe la presunzione che le somme versate siano state utilizzate per il sostentamento di chi le ha ricevute. Tale principio varrebbe anche per l’assegno divorzile. Resta ferma la possibilità per il coniuge che percepisce l’assegno, di dimostrare che la convivenza non influisce in meglio sulle proprie condizioni economiche,

Pronunce di segno contrario  cfr. Cass. civ. 28 gennaio 2009 n. 2182

Tuttavia la Corte di Cassazione, in alcune pronunce, ha affermato un principio di segno contrario a quello maggioritario. In particolare la Suprema Corte ha affermato che il contributo versato, quando sia di elevata entità, dovrà essere restituito per la parte eccedente la quota alimentare.

Possiamo quindi affermare l’irripetibilità delle somme quando la misura dell’assegno versato è di modesta entità. Infatti si ritiene che la stessa sia destinata a far fronte ad esigenze primarie di vita, assolvendo ad una funzione pressocché assistenziale. Conseguentemente è inammissibile la richiesta di restituzione in quanto si ritiene che la somma sia stata già versata per esigenze di carattere alimentare.

Potrebbe anche interessarti “Niente pensione di reversibilità se manca l’assegno divorzile”. Leggi qui 

 

 

 

 

Archiviato in:Legge e Giurisprudenza Contrassegnato con: assegno alimentare, assegno di mantenimento, assegno divorzile, convivenza, convivenza tra moglie e amante, divorzio, separazione

Assegno di mantenimento: si estingue in caso di convivenza post separazione.

9 Aprile 2019 Da Studio Legale Arcoleo Lascia un commento

L’assegno di mantenimento non spetta più al beneficiario se questi instaura una convivenza con un nuovo compagno. La Cassazione, aveva già riconosciuto questo principio nel caso di convivenze iniziate dopo il divorzio. Ora la Cassazione lo estende anche nel caso in cui la nuova convivenza si sia instaurata a seguito della separazione legale. (Cass. Civ Sez. I, Sent., n. 32871 del 19/12/2018).

Il Tribunale di Gubbio, nel sancire la separazione personale tra due coniugi, ha onerato il marito al versamento dell’assegno di mantenimento periodico in favore della moglie.

L’uomo è ricorso in appello, chiedendo la revoca dell’assegno di mantenimento, in quanto, a seguito della separazione, l’ex era andata a convivere con un nuovo compagno. La Corte d’Appello di Perugia ha accolto la richiesta del marito.

Scontenta dell’esito del secondo grado di giudizio, la donna ha deciso di fare ricorso in Cassazione. A suo dire tale decisione sarebbe stata giusta solo se l’ex avesse provato che la nuova convivenza le avesse portato in effetti dei benefici economici.

Ma la Suprema Corte ha smentito questa tesi rifacendosi ad alcuni precedenti giurisprudenziali.

La legge sul divorzio, infatti, prevede la revoca dell’assegno di mantenimento, ma solo nel caso in cui il beneficiario convoli a nuove nozze. Nulla però dice in caso di creazione di una famiglia di fatto a seguito di divorzio. A tal proposito, per ovviare a questa lacuna, la Cassazione si è pronunciata in un recente passato. E ha sancito che, a seguito di divorzio, l’assegno di mantenimento può estinguersi tanto nel caso in cui il beneficiario convoli a nuove nozze, quanto in quello in cui crei una famiglia di fatto (Cass. 6855/2015, n. 2466/2016). Per un approfondimento delle motivazioni sottese a questo orientamento si rimanda al nostro articolo pubblicato il 7 settembre 2018, consultabile cliccando qui.

Con una pronuncia ancora più recente, sempre la Cassazione, si è spinta oltre. Sancendo che la convivenza stabile e continuativa con altra persona instaurata già durante il periodo di separazione legale fa venire meno l’obbligo di mantenimento da parte dell’altro coniuge. (Cass. Civ. Sez. I, Sent. n. 16982 del 2018).

La Suprema Corte, con la pronuncia in commento, ha riaffermato i principi fino ad ora esposti, effettuando delle precisazioni ulteriori.

In primo luogo ha affermato che la cessazione dell’obbligo di mantenimento, sia in caso di divorzio che di separazione, si basa sul principio di autoresponsabilità. Principio che si fonda sulla scelta chiara e consapevole del beneficiario di costituire una nuova realtà familiare, che si va a sovrapporre al matrimonio.

In secondo luogo – ha precisato la Corte- la creazione di questa nuova famiglia recide ogni legame con il tenore e il modello di vita tenuto in costanza di matrimonio. Anche se ancora non è intervenuto il divorzio. E quindi viene meno il diritto all’assegno di mantenimento, anche in costanza di separazione legale.

Per tutti questi motivi, la Suprema Corte, ha ritenuto di dover rigettare il ricorso della moglie, la quale dunque non ha più diritto all’assegno di mantenimento da parte dell’ex.

Archiviato in:Legge e Giurisprudenza Contrassegnato con: assegno di mantenimento, convivenza, estinzione assegno di mantenimento, famiglia di faglio, revoca assegno di mantenimento, separazion, separazione legale, separazione tra coniugi

Comodato e convivenza. Devo restituire la casa agli ex “suoceri” se la relazione con il mio ex è finita?

28 Febbraio 2019 Da Studio Legale Arcoleo Lascia un commento

I “suoceri” non possono chiedere alla ex “nuora” la restituzione della casa data in comodato al figlio. Se lei continua ad abitarci insieme alla figlia minorenne, infatti, non vengono meno le ragioni del comodato, anche se la convivenza è finita (Cass. 27437/2018).

Il caso è interessante in quanto frequente. I genitori concedono al figlio – in comodato d’uso gratuito- un appartamento, di modo che vada a viverci con la compagna. Come spesso accade dopo qualche tempo la relazione si incrina: lui lascia la casa familiare. Lei resta, insieme alla figlia nata durante la convivenza.

I suoceri non ci stanno! Non sopportano che la donna continui a stare a casa loro nonostante l’amore con il figlio sia finito. Si rivolgono così al Tribunale per richiedere la restituzione della casa.

Sia in primo che in secondo grado i Giudici rigettano la richiesta dei suoceri. Di contro, in favore della nuora, riconoscono che la finalità del comodato fosse stata proprio quella di soddisfare le esigenze abitative della famiglia.

Trattandosi di comodato familiare – riconducibile alla disciplina ex art. 1809 c.c. – l’unica possibilità di riavere l’immobile, a detta dei Giudici, sarebbe stato il verificarsi di un bisogno urgente ed imprevisto. La realtà è che i suoceri non hanno alcun motivo reale per pretendere la restituzione della casa.

Nonostante tutto decidono di ricorrere in Cassazione. E lo fanno sostenendo che quello in oggetto non fosse un comodato familiare, in quanto non c’era matrimonio ma solo una convivenza. E quindi la fine della relazione non era stata suggellata da un provvedimento di separazione che assegnava la casa alla “nuora”.

Dunque, a loro dire, non di comodato a tempo indeterminato si trattava, ma di comodato precario, ex art. 1810. In questi termini avrebbero potuto ottenere la restituzione dell’immobile con la semplice richiesta.

Ma la Suprema Corte rigetta il ricorso, argomentando innanzi tutto che la Corte d’Appello, aveva correttamente deciso, applicando di fatto due orientamenti oramai consolidati in giurisprudenza.

Il primo, delle Sezioni Unite della Suprema Corte, secondo cui se il comodato nasce o si consolida per esigenze abitative familiari, gli interessi del proprietario e del comodatario devono essere bilanciate. Come? facendo riferimento all’art, 1809 c.c.. Prevedendo dunque la restituzione dell’immobile al proprietario solo nel caso in cui questi abbia un bisogno urgente ed imprevisto. ( Cass. S.U. n. 20448/2014; Cass., S.U. n. 13603/2004).

Il secondo, della Corte Costituzionale, che ha riconosciuto l’equiparazione tra cessazione della convivenza e separazione personale dei coniugi ai fini della tutela e del mantenimento della destinazione dell’immobile a residenza familiare.

Per un ulteriore approfondimento dell’argomento leggi qui

Archiviato in:Legge e Giurisprudenza Contrassegnato con: abitazione familiare, comodato, convivenza, fine convivenza, nuora, restituzione, restituzione casa familiare, suoceri

Casa costruita con i miei soldi su terreno dell’ex. E ora?

18 Febbraio 2019 Da Studio Legale Arcoleo Lascia un commento

La casa costruita su terreno dell’ex convivente anche  con i soldi  dell’altro membro della coppia, non è di proprietà di entrambi. Ma chi ha investito economicamente può recuperare il denaro versato. (Cass. Civile, Sez. III, 7 giugno 2018, n. 14732)  

Marta e Stefano (nomi di fantasia) iniziano una relazione nel lontano 1987. Per circa 10 anni la coppia, pur amandosi, decide di non andare a convivere. In questo lungo periodo, però, insieme costruiscono una casa su un terreno di proprietà esclusiva di Marco. Entrambi vi investono tempo, lavoro e denaro, sognando la loro vita insieme.

Non appena i lavori di costruzione finiscono, i due vanno a vivere insieme nella nuova casa, senza sposarsi. Purtroppo però la convivenza mette a dura prova questo rapporto, che dopo quattro anni di vita condivisa, nel 2001, si scioglie.

Dopo alcuni anni, Marta cita in giudizio l’ex compagno, chiedendo la divisione in parti uguali del patrimonio familiare (al momento della fine del rapporto), oppure la restituzione delle somme investite per la costruzione della casa.

Con la fine della convivenza, infatti, Marta, che non si era preventivamente tutelata, era rimasta con un pugno di mosche in mano! E difatti, secondo il “principio dell’accessione” l’immobile costruito su terreno di proprietà di un soggetto, diventa automaticamente proprietà esclusiva di quest’ultimo.

Il processo ha avuto alterne vicende nei suoi vari gradi, e ha visto anche la morte di  Stefano, e il subentro, al suo posto, della moglie.

La Cassazione, ha stabilito che si è trattato di un caso di  indebito arricchimento, in favore di Stefano. E’ vero che Marta aveva volontariamente investito il proprio tempo – ma soprattutto – il proprio denaro, per la costruzione di quella casa. Ma è anche vero che lo aveva fatto in vista di un futuro comune, per poter godere di quella casa insieme a Stefano. E non perché volesse avvantaggiarlo o fargli un regalo.

La Suprema Corte specifica però che a Marta non spetta la comproprietà della casa, ma ha diritto a recuperare le somme che ha speso e ad essere indennizzata per le energie lavorative impiegate per la costruzione della casa.

Archiviato in:Legge e Giurisprudenza Contrassegnato con: casa, comproprietà, conviventi, convivenza, costruzione, proprietà esclusiva, risarcimento, soldi, terreno

  • Vai alla pagina 1
  • Vai alla pagina 2
  • Vai alla pagina successiva »

Footer

Dal nostro blog

Separazione e Divorzio: la Cassazione dice si alla domanda cumulativa

Illecito endofamiliare per mancato riconoscimento del figlio

Genitori separati e scelte da assumere nell’interesse dei figli: cosa fare in caso di conflitto?

Patrocinio a spese dello Stato

L’Avv. Antonella Arcoleo è iscritta all’albo dei difensori disponibili al patrocinio a spese dello Stato, noto anche come “gratuito patrocinio”, presso il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Palermo.

Maggiori informazioni

Domiciliazioni a Palermo e Provincia

Lo Studio Legale Arcoleo offre il servizio di domiciliazione. Per richiedere domiciliazioni è possibile inviare una e-mail compilando il modulo presente in questa pagina o contattando la segreteria dello Studio al numero 091 345 126.
Contatti

  • I nostri articoli
  • In breve
  • Legge e Giurisprudenza
  • Aggiornamenti
  • Immagini dello Studio

Copyright © 2023 Arcoleo · P. IVA 04826320824 · Disclaimer · Privacy · SiteMap · WebMail · Accedi

Questo sito utilizza cookie, anche di terze parti, per migliorare l'esperienza di navigazione, gestire la pubblicità e compiere analisi statistica del sito. Utilizzando questo sito si acconsente quindi all'uso dei cookie. E' possibile personalizzare le proprie scelte utilizzando le impostazioni sottostanti.
Accetta tutto
Rifiuta
Impostazioni
Informativa completa
Privacy & Cookies Policy

Privacy Overview

This website uses cookies to improve your experience while you navigate through the website. Out of these, the cookies that are categorized as necessary are stored on your browser as they are essential for the working of basic functionalities of the website. We also use third-party cookies that help us analyze and understand how you use this website. These cookies will be stored in your browser only with your consent. You also have the option to opt-out of these cookies. But opting out of some of these cookies may affect your browsing experience.
Necessary
Sempre abilitato
Necessary cookies are absolutely essential for the website to function properly. This category only includes cookies that ensures basic functionalities and security features of the website. These cookies do not store any personal information.
Functional
Functional cookies help to perform certain functionalities like sharing the content of the website on social media platforms, collect feedbacks, and other third-party features.
Performance
Performance cookies are used to understand and analyze the key performance indexes of the website which helps in delivering a better user experience for the visitors.
Analytics
Analytical cookies are used to understand how visitors interact with the website. These cookies help provide information on metrics the number of visitors, bounce rate, traffic source, etc.
Advertisement
Advertisement cookies are used to provide visitors with relevant ads and marketing campaigns. These cookies track visitors across websites and collect information to provide customized ads.
Others
Other uncategorized cookies are those that are being analyzed and have not been classified into a category as yet.
ACCETTA E SALVA
Diritto del lavoro

Lo Studio Legale Arcoleo assiste i propri clienti nei vari ambiti del diritto del lavoro, del diritto sindacale e della previdenza sociale, fornendo consulenza sia in ambito stragiudiziale che giudiziale e con riferimento all’istaurazione, allo svolgimento ed alla cessazione del rapporto di lavoro.

A tal fine, lo Studio si avvale di molteplici apporti specialistici (consulenti del lavoro, commercialisti) anche nelle questioni che investono discipline complementari, per garantire alla clientela un’assistenza ancora più completa grazie ad un miglior coordinamento tra le diverse professionalità.

Diritto penale di famiglia

L’Avv. Antonella Arcoleo coadiuvato  da altri professionisti come avvocati psicologi e mediatori è da sempre impegnato in prima linea per difendere e tutelare i diritti fondamentali della persona in caso di abusi o violenze e offre consulenza e assistenza legale.

Assistenza alle aziende

Lo Studio Legale Arcoleo vanta un’importante esperienza nell’assistenza alle imprese.

Alla base del successo di ogni azienda vi è la particolare attenzione per gli aspetti legali strettamente correlati al business che se correttamente e tempestivamente curati garantiscono alle imprese una sensibile riduzione del contenzioso.

Lo Studio Legale Arcoleo garantisce ai propri clienti attività di consulenza costante e continuativa anche a mezzo telefono e tramite collegamento da remoto.