La convivenza stabile e continuativa con altro uomo, per costante giurisprudenza, è suscettibile di comportare la cessazione o l’interruzione dell’obbligo di corresponsione del mantenimento che grava sul coniuge (cfr. Cass. civ. 18 novembre 2013 n. 25845; Cass. civ. 3 aprile 2015 n. 6855; Cass. civ. 19 dicembre 2018 n. 32871).
Il principio stabilito dalla giurisprudenza pone le proprie fondamenta sulla circostanza che la convivenza more uxorio , se connotata dai caratteri della stabilità e progettualità, recide ogni legame con il precedente tenore di vita.
Cosa accade se strategicamente il coniuge nasconde la convivenza?
Sul punto la giurisprudenza è sempre stata univoca ritenendo che l’obbligato al mantenimento non può ottenere indietro le somme già versate. Secondo tale orientamento interpretativo, infatti, le somme versate a titolo di mantenimento non sono ripetibili. In particolare, a tal riguardo, opererebbe la presunzione che le somme versate siano state utilizzate per il sostentamento di chi le ha ricevute. Tale principio varrebbe anche per l’assegno divorzile. Resta ferma la possibilità per il coniuge che percepisce l’assegno, di dimostrare che la convivenza non influisce in meglio sulle proprie condizioni economiche,
Pronunce di segno contrario cfr. Cass. civ. 28 gennaio 2009 n. 2182
Tuttavia la Corte di Cassazione, in alcune pronunce, ha affermato un principio di segno contrario a quello maggioritario. In particolare la Suprema Corte ha affermato che il contributo versato, quando sia di elevata entità, dovrà essere restituito per la parte eccedente la quota alimentare.
Possiamo quindi affermare l’irripetibilità delle somme quando la misura dell’assegno versato è di modesta entità. Infatti si ritiene che la stessa sia destinata a far fronte ad esigenze primarie di vita, assolvendo ad una funzione pressocché assistenziale. Conseguentemente è inammissibile la richiesta di restituzione in quanto si ritiene che la somma sia stata già versata per esigenze di carattere alimentare.
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