“L’ex convivente che ha versato all’altro del denaro a titolo di concorso alle spese di costruzione di quella che doveva diventare la casa familiare ha diritto al rimborso delle somme date se, terminata la convivenza, il conferimento non si concretizza nell’acquisto della proprietà del bene” (Cass. Sez. II civile, ord. 3 ottobre 2019, n. 24721).
Il caso
Un uomo costruiva su un fondo proprio un immobile da adibire a casa familiare. A tal fine utilizzava delle somme, pari alla metà dei costi di costruzione, corrisposte dalla convivente. Ebbene la donna aveva conferito le somme all’esclusivo fine di partecipare alle spese di edificazione della casa familiare e con l’intento di divenire in futuro comproprietaria.
Tuttavia, e nonostante i progetti futuri, la relazione sentimentale tra la coppia veniva meno. Pertanto la donna si rivolgeva al Tribunale al fine di chiedere, in via principale, la divisione dell’immobile ed eventuali attribuzioni a titolo di conguaglio o, in via subordinata, la condanna dell’ex convivente alla restituzione della somma corrisposta dalla stessa.
Decisione del Tribunale
Il Tribunale adito rigettava la domanda volta all’accertamento della comproprietà. Riconosceva, tuttavia, alla donna un credito a titolo di indennità per l’ingiustificato arricchimento dell’ex compagno. In particolare il Tribunale rilevava che l’impoverimento della donna non trovava alcuna giustificazione. Nel caso di specie mancava sia il vincolo contrattuale sia lo spirito di liberalità tipico degli atti di donazione. Pertanto l’ex compagno veniva condannato alla rifusione delle spese sostenute dalla donna per la costruzione dell’immobile di sua proprietà.
L’umo impugnava la sentenza di primo grado
L’ex convivente ritenendo ingiusta la sentenza di primo grado ricorreva in appello. L’Ecc.ma Corte, dopo avere riqualificato la domanda della donna come azione di restituzione, ribadiva il corretto iter motivazionale dei giudici di prime cure e confermava la sentenza.
L’uomo ricorreva in Cassazione
Anche la Suprema Corte di Cassazione rigettava il ricorso dell’ex compagno. In particolare, con l’ordinanza in commento affermava che “”L’ex convivente che ha versato all’altro del denaro a titolo di concorso alle spese di costruzione di quella che doveva diventare la casa familiare ha diritto al rimborso delle somme date se, terminata la convivenza, il conferimento non si concretizza nell’acquisto della proprietà del bene”.
Il ragionamento degli ermellini nell’affermazione del superiore principio di diritto traeva origine dal corretto inquadramento dell’art. 2034 c.c. Tale norma riguarda le obbligazioni naturali. Tali possono essere considerate le attribuzioni patrimoniali effettuate tra soggetti sentimentalmente legati.
Nel dettaglio, il pagamento spontaneo eseguito nell’ambito di una famiglia di fatto, potrebbe essere qualificato come adempimento di un dovere di carattere morale o sociale. In tali casi l’art. 2034 c.c. stabilisce l’irripetibilità delle somme corrisposte.
Tuttavia la Corte di Cassazione riteneva possibile, nel caso di specie, configurare l’ingiustizia dell’arricchimento da parte del convivente more uxorio. Ciò perché le somme versate dalla donna non erano qualificabili come adempimento di obbligazioni nascenti dal rapporto di convivenza.
Alla luce di quanto sopra la Corte di Cassazione confermava le sentenze di merito. Il ricorrente non aveva dimostrato che la somma gli fosse stata corrisposta a titolo di liberalità o in virtù dei legami affettivi o di solidarietà. Il ricorso proposto dall’uomo quindi veniva rigettato. Pertanto l’uomo doveva provvedere alla rimborso delle somme alla ex compagna.
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