L’abitazione familiare non può essere oggetto del diritto di abitazione nei confronti del coniuge superstite se, al momento dell’apertura della successione, manca il requisito della convivenza (Cass. Civ. 5 giugno 2019 n. 15277).
Il caso
Una donna esercitava l’azione di riduzione con riferimento alla successione testamentaria del coniuge separato. Quest’ultimo, in particolare, aveva disposto, a favore della moglie, dalla quale era separato, un legato di usufrutto. Tale legato veniva qualificato dai giudici quale legato in sostituzione di legittima.
Il Tribunale e la Corte di Appello dichiaravano inammissibile il ricorso
Tanto il Tribunale quanto la Corte di Appello dichiaravano inammissibile il ricorso. I Giudici di merito rilevavano che la rinuncia al legato era intervenuta tardivamente. Ossia dopo che la legataria aveva continuato ad abitare nella ex casa coniugale, ricompresa nel legato.
La donna pertanto ricorreva in Cassazione. La predetta sosteneva nel ricorso l’errata qualificazione giuridica, da parte dei Giudici di merito, dell’utilizzo dell’appartamento. Tale utilizzo avrebbe dovuto essere qualificato, a dire della donna, come esercizio del diritto di abitazione spettante quale ex coniuge; e non quale esercizio del diritto di usufrutto.
Il problema giuridico affrontato dalla Corte di Cassazione
La questione affrontata dalla Corte di Cassazione è la seguente: al coniuge separato superstite spetta il diritto di abitazione nella casa coniugale sic et simpliciter (quindi senza riserve e valutazioni)? o è necessario che vengano rispettati particolari requisiti?
Soluzioni giurisprudenziali
La Suprema Corte di Cassazione afferma che: elemento imprescindibile all’attribuzione al coniuge superstite del diritto di abitazione è l’effettiva esistenza di un immobile adibito a casa familiare. Tale circostanza presuppone, pertanto, l’esistenza di una convivenza nel momento dell’apertura della successione.
Con l’ordinanza n. 15277 del 2019 la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso della donna. In particolare i giudici di legittimità hanno richiamato l’orientamento giurisprudenziale prevalente.
Nel dettaglio, la Suprema Corte ha ritenuto corretta la qualificazione giuridica prospettata dalla Corte di Appello. Invero, la permanenza presso l’abitazione della ex moglie doveva qualificarsi come esercizio del diritto di usufrutto oggetto del legato. Non poteva, di contro, essere qualificato quale esercizio del diritto di abitazione ex art 540 c.c., considerato che marito e moglie non convivevano già da tempo.
Conclusivamente
Il coniuge superstite separato potrà godere del diritto di abitazione dell’immobile solo se quest’ultimo è adibito ad abitazione familiare. Ciò presuppone, quindi, che i coniugi, anche se separati, di fatto convivano. E’ necessario inoltre il soddisfacimento di un ulteriore requisito. Ossia la separazione non deve essere stata addebitata al coniuge superstite.
L’assenza di uno dei sopra descritti requisiti comporta l’impossibilità per il coniuge superstite di richiedere il diritto di abitazione.
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