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mantenimento coniuge

Assegno di divorzio, se l’ex coniuge è malato prevale la disparità patrimoniale

16 Settembre 2022 Da Staff Lascia un commento

Assegno di divorzio: se l’ex coniuge è malato prevale la disparità patrimoniale.
Secondo la Suprema Corte di Cassazione, nella definizione del quantum dell’assegno
di mantenimento, il giudice può attribuire maggiore rilevanza ad alcuni dei parametri
previsti dall’art. 5, comma 6, della L. n. 898/1970, trascurandone altri.
A stabilire il summenzionato principio di diritto è la Corte di Cassazione, con la
sentenza n. 26672 del 9 settembre 2022.


Il caso

Un uomo veniva condannato al pagamento, in favore della ex moglie, di un assegno
divorzile pari ad € 1.300,00 mensili da rivalutarsi annualmente secondo gli indici
ISTAT.
Il predetto proponeva ricorso in Cassazione facendo leva sul fatto che la ex moglie, sia
pure affetta già nel corso del matrimonio da una grave malattia, percepiva una
modesta pensione e, pertanto, non avesse diritto a percepire un assegno divorzile
così elevato.


La decisione della Suprema Corte

La Prima Sezione Civile della Corte di Cassazione ha respinto il ricorso dell’ex marito
stabilendo il principio secondo cui, nel caso concreto, andasse privilegiato l’aspetto
della disparità patrimoniale. Ciò soprattutto in virtù del fatto che la ex moglie soffrisse
già da anni di una grave malattia, c.d. infiammazione demielinizzante, oltre a
percepire una modestissima pensione.
Ebbene, per la Suprema Corte, nella quantificazione dell’assegno di divorzio, il giudice
non è obbligato a tenere contemporaneamente in considerazione tutti i parametri di
riferimento indicati dall’art. 5 della legge sul divorzio.
Il giudice, infatti, secondo gli Ermellini, può anche prescindere da alcuni di detti
parametri purché, beninteso, giustifichi e motivi adeguatamente le proprie
valutazioni. Trattasi, in tal caso, di una “scelta discrezionale non sindacabile in sede di
legittimità”.
È proprio quanto effettuato, nel caso concreto, dal giudice di merito, il quale ha
attribuito maggiore rilievo ad alcuni dei summenzionati parametri in luogo di altri.
La sentenza impugnata, infatti, dopo avere evidenziato che le parti erano state
sposate per 11 anni, ha evidenziato che la donna era afflitta da tempo da una malattia degenerativa; con un decorso caratterizzato nel tempo da ricadute che hanno compromesso i sistemi neurologici motori, cerebrali, sensitivi e sfinterici.
Tale aspetto, pertanto, fa sì che i parametri relativi all’apporto di contributo personale ed
economico alla conduzione della famiglia ed alla formazione del patrimonio personale o
comune debbano considerarsi, nel caso di specie, irrilevanti.

Per tale motivo, la Suprema
Corte ha respinto le motivazioni presentate dal ricorrente e confermato l’ammontare
dell’assegno divorzile nei confronti dell’ex moglie.

Potrebbe anche interessarti: “Assegno di mantenimento diminuiti se la moglie sceglie il part-time”. Leggi qui. 

Archiviato in:I nostri articoli, Legge e Giurisprudenza Contrassegnato con: divorzio, mantenimento, mantenimento coniuge, moglie malata, separazione

Assegno divorzile diminuito se la ex moglie sceglie il part-time

14 Aprile 2022 Da Staff Lascia un commento

Assegno divorzile diminuito se la ex moglie sceglie il part-time. 

Nella quantificazione dell’assegno divorzile occorre fare riferimento ai parametri dettati dall’art. 5 comma 6 L. 898/1970. Ed in particolare, nella valutazione della disparità reddituale tra le parti, assume rilievo la scelta della ex moglie di optare per il part-time pur essendo titolare di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato. A stabilire il superiore principio di diritto è la Corte di Cassazione con ordinanza del 23 agosto 2021 n. 23381.

Il caso

In base alla sentenza di divorzio, l’ex marito deve corrispondere in favore della moglie un assegno divorzile pari a € 900,00 mensili. L’uomo impugna la decisione e, in sede di gravame, la misura dell’assegno divorzile viene ridotta a € 600,00 mensili.

L’ex marito ritiene, tuttavia, che la disparità economica sussistente tra le parti sia ascrivibile unicamente alla scelta della ex moglie di lavorare a tempo parziale pur essendo titolare di un contratto di lavoro a tempo indeterminato. Decide così di ricorrere in Cassazione.

La decisione della Suprema Corte

La Suprema Corte ritiene che la sentenza impugnata non abbia correttamente applicato i principi elaborati dalla giurisprudenza di legittimità. In relazione alla determinazione dell’assegno divorzile, non è sufficiente considerare la mera disparità economica tra le parti. 

La scelta del lavoro part-time incide, infatti, in maniera significativa sul reddito dell’ex coniuge. Ma, nel caso di specie,  la Corte di merito non ha indagato sulle ragioni di tale scelta. Ed in particolare ad avviso degli Ermellini, il giudice di merito avrebbe dovuto accertare il momento in cui la donna ha scelto di svolgere un’attività lavorativa. Lo stesso, cioè, avrebbe dovuto indagare se la decisione a favore del tempo parziale sia avvenuta in autonomia o sia invece dipesa dalla necessità di far fronte ei bisogni della famiglia. 

La Suprema Corte, pertanto, rinviava a una diversa composizione della Corte di Appello perché provveda alla determinazione dell’assegno divorzile dopo avere adeguatamente considerato gli aspetti sopra citati. 

Accertare se il part-time sia una scelta autonoma o concordata

Il giudice, quindi, deve accertare il momento in cui tale scelta lavorativa è stata effettuata; deve decidere  se sia il frutto di una decisione autonoma o se dipenda da un accordo tra i coniugi nell’ambito della gestione della famiglia. In tale ultima ipotesi, infatti, la scelta dell’ex moglie rileva sia sotto il profilo del sacrificio reddituale da ella patito, sia sotto il profilo del contributo dato alla famiglia.

Potrebbe anche interessarti: “Assegno di divorzio: spetta anche in caso di matrimonio non consumato?”. Leggi qui.

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Archiviato in:I nostri articoli, Legge e Giurisprudenza Contrassegnato con: assegno divorzile, divorzio, indipendenza economica, lavoro part-time, mantenimento coniuge, separazione, sperequazione economica

Indipendenza economica e assegno di divorzio

20 Gennaio 2022 Da Staff Lascia un commento


Se il giudice di merito accerta l’indipendenza economica degli ex coniugi, può ritenere insussistenti i presupposti per il riconoscimento dell’assegno di mantenimento. Il giudicante può, inoltre, rigettare la richiesta istruttoria della parte volta a richiedere indagini tramite la polizia tributaria e la verifica di eventuali redditi non dichiarati.

A stabilire il superiore principio di diritto la Cassazione con la recente ordinanza n. 31836 del 4 novembre 2021.

Il caso

Una donna adiva il Tribunale di Prato al fine di chiedere ed ottenere in capo all’ex coniuge l’assegno di mantenimento. Il Tribunale adito, però, rigettava la richiesta non ritenendo sussistenti nel caso di specie i requisiti per ottenere l’assegno di mantenimento.

La donna, insoddisfatta, decideva di ricorrere in appello. I giudici di secondo grado, tuttavia, rigettavano il gravame ritenendo corretta la decisione del giudice di prime cure. Ed in particolare, sottolineava la Corte  che entrambe le parti ritenendo erano titolari di redditi da lavoro con una discrepanza minima tra di loro. Godevano quindi di indipendenza economica.  Peraltro entrambi erano proprietari delle abitazioni in cui vivevano. Ma non solo. Non era neppure stata fornita prova che l’ex marito svolgesse attività lavorativa “in nero”.

La donna ricorreva in Cassazione 

La questione giuridica sottoposta all’attenzione degli Ermellini era la seguente: ai fini della determinazione dell’assegno divorzile, rileva la differenza reddituale tra gli ex coniugi? Il Giudice può evitare di disporre indagini tramite la polizia tributaria per accertare eventuali redditi “in nero” se entrambi gli ex coniugi godono di indipendenza economica?  

La decisione della Suprema Corte

Gli Ermellini dichiaravano inammissibile il ricorso e condannavano la ricorrente alla refusione delle spese del gravame.

Ed in particolare la donna, anche avanti ai giudici di legittimità, lamentava la mancata considerazione della sperequazione reddituale e patrimoniale nonché la mancata valutazione delle disponibilità finanziare di Tizio derivanti da attività “in nero”.
La Corte di Cassazione rilevava come tutte le circostanze oggetto di ricorso erano già state valutate dai giudici di merito, motivo per cui non era possibile procedere ad una rivisitazione delle stesse con conseguente inammissibilità
del motivo.
Sottolineavano gli ermellini che i giudici di merito avevano analiticamente verificato le condizioni reddituali delle parti arrivando a confutare anche gli elementi che avrebbero indicato i maggiori redditi dell’uomo.
Era accertata, altresì, l’indipendenza economica della ricorrente la quale era anche proprietaria dell’abitazione in cui viveva.
Peraltro in sede istruttoria era emerso che nessuno degli ex coniugi  aveva contribuito alla formazione del patrimonio dell’altro.

Funzione assistenziale, perequativa-compensativa dell’assegno di divorzio

Pertanto, considerato che la funzione dell’assegno divorzile è assistenziale, perequativo-compensativa, esso non è dovuto tutte le volte nelle quali viene in luce l’indipendenza economica del richiedente.

Inammissibile la richiesta di indagine mediante polizia tributaria

Anche la valutazione  della doglianza dell’ex coniuge relativa al mancato espletamento di indagini su Tizio
tramite la polizia tributaria veniva dichiarata inammissibile. Ciò in considerazione del principio secondo il quale «il giudice del merito, ove ritenga “aliunde” raggiunta la prova dell’insussistenza dei presupposti che condizionano il
riconoscimento dell’assegno di divorzio, può direttamente procedere al rigetto della relativa istanza, anche
senza aver prima disposto accertamenti d’ufficio tramite la polizia tributaria» (v. Cass. civ. n 8744/2019;
Cass. civ. n. 14336/2013).

Potrebbe anche interessarti:” Convivenza more uxorio :permane il diritto all’assegno divorzile?”. Leggi qui.

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