L’incremento del reddito dell’ex coniuge, in tema di assegno di mantenimento, determina la possibilità di chiedere in giudizio la riduzione dell’entità dello stesso (Cass. civ., ord. n. 7230 del 13/03/2020).
Il fatto
A seguito di giudizio di divorzio, nel regolamentare i rapporti patrimoniali di una coppia, il Tribunale di Siracusa obbligava l’ex marito a corrispondere in favore della figlia minore un assegno di mantenimento.
Il padre, in sede di modifica delle condizioni di divorzio chiedeva, alla luce dell’incremento del reddito dell’ex moglie, una revisione dell’assegno.
Il Tribunale, tuttavia, rigettava la richiesta e l’uomo adiva la Corte di Appello.
Questa, valutava diversamente dal giudice di prime cure gli elementi addotti dall’uomo e modificava il decreto di rigetto riducendo, da € 350,00 mensili a €€ 280,00 mensili, l’importo dell’assegno dovuto per il mantenimento della figlia minore.
L’uomo ricorreva in Cassazione
Tuttavia, il padre riteneva l’entità dell’assegno ancora troppo elevata e pertanto ricorreva in Cassazione. In particolare, evidenziava ancora una volta come la situazione economico-lavorativa della ex moglie fosse migliorata a seguito della sua assunzione come insegnante di ruolo.
Ciò, a detta del ricorrente, poneva la donna in una situazione di netto vantaggio grazie all’incremento del reddito: essa, oltre ad avere la disponibilità della casa coniugale, percepiva uno stipendio mensile fisso di euro 1.400.00.
Diversamente l’uomo, oltre a dover corrispondere l’assegno di mantenimento alla figlia, rappresentava di essere in attesa del secondo figlio.
A parere del ricorrente, le predette circostanze ponevano gli ex coniugi in una situazione di disparità economica. Pertanto l’assegno di mantenimento in favore della figlia doveva essere ulteriormente ridotto.
La decisione della Corte di Cassazione
Prima di richiamare l’attenzione sul percorso decisionale della Cassazione, una precisazione è doverosa.
Già in passato la Suprema Corte, con sentenza n. 9533/2019, aveva precisato che “la natura dei provvedimenti diretti a regolare i rapporti economici tra i coniugi in conseguenza del divorzio (così come quelli attinenti al regime di separazione) postulano la possibilità di adeguare l’ammontare del contributo al variare delle loro condizioni patrimoniali e reddituali […]. Il giudice d’appello, nel rispetto del principio di disponibilità e di quello generale della domanda, è tenuto a considerare l’evoluzione delle condizioni delle parti verificatasi nelle more del giudizio.”
Nel pronunciarsi sul caso in esame, gli Ermellini ritenevano di non dover muovere alcun rimprovero alla Corte di Appello. Anzi. Contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, i giudici di secondo grado avrebbero considerato tutti gli elementi del caso. Ossia: la situazione economica delle parti; l’incremento reddituale della ex moglie; la disponibilità dell’appartamento coniugale; la nuova famiglia del padre e il secondo figlio in arrivo dalla compagna.
Proprio tali variabili avrebbero giustificato la precedente diminuzione dell’importo da 350 a 280 euro.
Alla luce di quanto detto, la Corte di Cassazione rigettava ricorso perché infondato.
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