L’ex convivente che abbia contribuito alle spese di edificazione sul fondo del patner di un immobile destinato a diventare la comune casa familiare, ma rimasto di proprietà esclusiva del dominus soli per l’operare dei principi in materia di accessione ha diritto al rimborso, ai sensi dell’art. 2033 c.c., delle somme erogate (Cass. civ., sez. II del 03 ottobre 2019, n. 24721).
Il fatto
Una donna adiva il Tribunale di Sassari rappresentando che, durante la convivenza, il compagno aveva edificato in un fondo di sua proprietà un edificio da adibire a casa familiare utilizzando, per la metà dei costi di costruzione, somme della stessa. Peraltro, con apposita scrittura privata tra le parti l’uomo riconosceva la comproprietà dell’immobile con la compagna per il 50%. La donna, terminata la convivenza, chiedeva la divisione del bene o, in subordine, la restituzione delle somme versate.
L’uomo si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto delle domande.
La decisione del Tribunale
Il Tribunale di Sassari, preliminarmente, rigettava la domanda principale della donna volta al riconoscimento della comproprietà. Tuttavia, riconosceva all’attrice un credito di € 80.233,49 a titolo di indennità di ingiustificato arricchimento.
L’uomo, non ritenendo corretta la decisione, impugnava la sentenza. Ma anche la Corte di Appello dava ragione alla donna. In particolare, i giudici di secondo grado, riqualificata la domanda in termini di azione personale di restituzione, riteneva provato che la ricorrente avesse partecipato ai costi di costruzione. Di conseguenza la donna aveva diritto al rimborso di quanto versato.
L’uomo ricorreva in Cassazione
L’uomo ricorreva in Cassazione adducendo due motivi.
Con il primo motivo lamentava la contraddittorietà della motivazione per avere la sentenza ritenuto che la richiesta di rimborso costituisse un’azione personale di restituzione;
con il secondo motivo l’uomo sosteneva che la domanda di restituzione poteva fondarsi solo sulla situazione di comproprietà.
La Suprema Corte dichiarava inammissibile il ricorso
Gli ermellini, chiamati a decidere il caso, analizzavano congiuntamente i due motivi di impugnazione poiché vertenti su questioni strettamente connesse.
La Corte di Cassazione riteneva infondate le doglianze. Innanzitutto alcuna carenza di motivazione poteva essere eccepita alla sentenza, considerato che i Giudici di merito avevano evidenziato che con la scrittura privata sottoscritta dai due ex conviventi provato era il dato che l’uomo avesse ricevuto i soldi per l’edificazione dell’immobile. Peraltro, non essendosi mai realizzato l’acquisto della comproprietà dell’immobile la somma versata era da ritenersi indebita. Pertanto la stessa doveva essere restituita poiché non dovuta e ciò ai sensi dell’art. 2033 c.c.
Solo se il ricorrente fosse riuscito a dimostrare che la somma era stata versata a titolo di liberalità la pretesa restitutoria non sarebbe stata accolta.
Per tali ragioni, quindi, la Corte di legittimità rigettava il ricorso.
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