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conflittualità

Vaccinare un minore: decide il Tribunale se i genitori non sono d’accordo

9 Giugno 2021 Da Staff Lascia un commento

La possibilità di vaccinare anche i minori contro il Covid19 ha innescato conflitti tra i genitori che in merito alla questione hanno posizioni diverse.
Non di rado succede che i genitori, soprattutto quelli separati o in fase di separazione, litigano anche sulla necessità di vaccinare o meno il figlio minore.
Ciò accade perché per sottoporre a vaccinazione i minori di età gli appositi centri chiedono il consenso di entrambi i genitori.

E’ opportuno ricordare in questa sede che l’art. 337 ter c.c. dispone che la responsabilità genitoriale è esercitata da entrambi i genitori. Pertanto le decisioni di maggiore interesse per i figli relative all’istruzione, all’educazione, alla salute e alla scelta della residenza abituale del minore devono essere assunte di comune accordo tenendo conto delle capacità, dell’inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli.

Chi decide in caso di contrasto tra genitori non separati?

Anche i genitori che stanno insieme possono avere un diverso orientamento sull’opportunità di vaccinare o no la prole. In tali casi, considerata l’importanza delle questione (rispetto ad un semplice disaccordo, la cui soluzione, ex art. 337 ter, co. 3 c.c., sarebbe affidata al tribunale ordinario) la decisione circa la somministrazione (o non somministrazione) è demandata al Tribunale per i Minorenni. Inoltre, se la mancata vaccinazione può rappresentare un grave pregiudizio il genitore no-vax potrebbe essere destinatario di un provvedimento molto grave, limitativo della responsabilità genitoriale.

Chi decide in caso di contrasto tra genitori separati?

Nel caso in cui i genitori in disaccordo sono in fase di di separazione sarà competente della decisione il giudice della separazione. Il genitore dovrà quindi presentare un apposito ricorso per ottenere l’autorizzazione a che il minore possa essere sottoposto a vaccino. Il giudice deciderà nel prioritario e preminente interesse del minore.

Tornando al vaccino anti Covid-19, pur non essendo obbligatorio, il giudice visto il  grave pregiudizio e la grave diffusione del virus a livello nazionale, potrebbe sostenere la tesi del genitore pro vaccino. 

Gli adolescenti possono decidere in autonomia?

La volontà degli adolescenti ha un grande peso in tutte quelle decisioni che li riguardano in prima persona. I ragazzi prossimi alla maggiore età, pur essendo ancora minorenni, infatti, sono in grado di compiere scelte di vita: si pensi, ad esempio, alla possibilità di interrompere il percorso scolastico, svolgere attività lavorativa, o addirittura sposarsi (in presenza di determinate condizioni) e riconoscere figli.

Una considerazione di questo tipo potrebbe valere anche per i vaccini anti covid-19.

Persone non in grado di autodeterminarsi

Sulle vaccinazioni delle persone non in grado di autodeterminarsi o comunque ricoverate in strutture sanitarie assistite sarà necessario presentare un ricorso al Giudice tutelare del Tribunale in cui risiede l’interessato. 

Potrebbe anche interessarti: “Affido super esclusivo? no se a fondarlo è la PAS”. Leggi qui.

Archiviato in:I nostri articoli, Legge e Giurisprudenza Contrassegnato con: conflitto tra i genitori, conflittualità, covid19, figli minori, responsabilità genitoriale, vaccino

Sindrome da alienazione parentale (PAS), cosa è?

18 Settembre 2020 Da Staff Lascia un commento

La sindrome da alienazione parentale (PAS – Parental Alienation Syndrome) è una dinamica psicologica disfunzionale che si attiverebbe sui figli minori coinvolti in separazioni e divorzi altamente conflittuali.

In tale materia è molto  interessante una sentenza Tribunale di Brescia.

In particolare, il Tribunale di Brescia con la sentenza n. 815/2019 ha individuato otto sintomi dai quali è possibile desumere nei figli la sindrome da alienazione parentale. Purtroppo nei casi di separazione o divorzio spesso accade che uno dei genitori metta in atto una campagna denigratoria nei confronti dell’altro. Ciò al fine di tenere il figlio per sé o semplicemente per danneggiare il coniuge, a tutto danno del minore stesso. Nel caso di specie i consulenti incaricati hanno messo in luce che i figli di genitori in conflitto corrono il rischio di sviluppare disturbi della personalità o disturbi d’identità di genere.

Il caso

Una donna chiedeva la separazione con addebito al marito accusato di essere marito e padre assente. L’uomo veniva anche accusato di avere continuamente offeso e denigrato la moglie. Quest’ultima chiedeva, pertanto, il risarcimento del danno. L’uomo, costituitosi in giudizio, negava le accuse, sostenendo che il fallimento del matrimonio derivava dall’infedeltà della moglie. Peraltro, l’uomo chiedeva il risarcimento del danno subito in quanto la moglie avrebbe ostacolato i rapporti con la figlia.

Durante la pendenza del procedimento di separazione la donna denunciava il marito accusandolo di avere toccato nelle parti intime la figlia minore. A causa di ciò, il diritto di visita veniva disposto in forma protetta.Durante l’istruttoria veniva disposta l’attivazione dei servizi sociali con compiti di sostegno e monitoraggio. Veniva, inoltre, disposta una CTU al fine di appurare i rapporti tra la minore e i genitori.

Conclusa l’istruttoria, il Tribunale di Brescia dichiarava la separazione dei coniugi. Respingeva la domanda di addebito della moglie e accoglieva quella del marito, il quale aveva provato l’infedeltà della donna a cui non veniva riconosciuto l’assegno di mantenimento.

Provvedimenti nell’interesse della figlia

Il Tribunale evidenziava che l’atteggiamento della minore coinvolta nella separazione era peggiorato nel tempo. In particolare la minore manifestava un ostinato rifiuto ad avvicinarsi al padre. In particolare nonostante l’intervento del Servizio Sociale, il rapporto sembrava peggiorare e ciò nonostante il padre manifestasse la propria disponibilità e attenzione nei confronti della figlia. 

Il CTU, il quale riteneva irragionevole l’opposività della minore nei confronti del padre, riconduceva l’atteggiamento alla Sindrome da Alienazione Parentale. Il CTU definiva la PAS “una controversa dinamica psicologica disfunzionale che si attiverebbe sui figli minori coinvolti in contesti di separazione e divorzi.” La sindrome si caratterizza per la compresenza dei seguenti 8 aspetti:

campagna di denigrazione, nella quale il bambino mima e scimmiotta i messaggi di disprezzo del genitore alienante”;

razionalizzazione debole dell’astio, per cui il bambino spiega le ragioni del suo disagio nel rapporto con il genitore alienato con motivazioni illogiche, insensate o superficiali”;

mancanza di ambivalenza. Il genitore rifiutato è descritto dal bambino “tutto negativo”, mentre l’altro genitore è ” tutto positivo”;

fenomeno del pensatore indipendente: il bambino afferma che ha elaborato da solo la campagna di denigrazione del genitore;

appoggio automatico al genitore alienante, quale presa di posizione del bambino sempre e solo a favore del genitore alienante;

assenza di senso di colpa;

scenari presi a prestito, ossia affermazioni che non possono ragionevolmente venire da lui direttamente;

estensione delle ostilità alla famiglia allargata del genitore rifiutato.

Secondo il CTU  in casi simili “quando un minore rifiuta di frequentare un genitore (…) potrebbe sviluppare un disturbo di identità di genere, o un disturbo di personalità paranoide o antisociale.”

Esiti della CTU

Peraltro, in sede di CTU emergeva che la madre da anni metteva in atto un sistematico atteggiamento di svalutazione del padre. Peraltro, la donna La manifestava di voler esercitare un controllo unilaterale sugli incontri padre-figlia, dichiarando di preferire la figlia in una comunità, piuttosto che con il coniuge. La donna, inoltre, si era dimostrata ostile nei confronti di chiunque si avvicinasse alla figlia solo perché si adoperava nell’avvicinare la minore al padre.  Violava così il diritto della bambina alla bigenitorialità.

Decisione del Tribunale di Brescia

Alla luce di tali gravi atteggiamenti il Tribunale disponeva il collocamento della minore presso il padre che, “si è rivelato un genitore adeguato, dotato di buone competenze e sinceramente interessato a recuperare la relazione con la figlia.” Gli incontri con la madre, invece, dovevano avvenire per tre volte alla settimana alla presenza di un educatore.

Potrebbe anche interessarti “Affido congiunto: è da escludere in caso di alta conflittualità tra i genitori”. Leggi qui.

 
 
 

 

Archiviato in:I nostri articoli, Legge e Giurisprudenza Contrassegnato con: affidamento condiviso, affidamento esclusivo, affidamento figli, collocamento presso il padre, collocamento presso la madre, conflittualità, divorzio, PAS, separazione

Coordinatore genitoriale ruolo e funzioni

4 Settembre 2020 Da Staff Lascia un commento

Il coordinatore genitoriale è una figura di introduzione recente nel nostro ordinamento giuridico. Le sue fondamenta risalgono al “parenting coordinator” di origine statunitense. In particolare tale soggetto nasce con la finalità di tutelare i figli minori che potrebbero subire danni di natura psicologica a causa dei continui scontri tra i genitori separati.

Ebbene, oggi giorno si assiste sempre più spesso a separazioni con elevato grave di conflittualità. Ciò inevitabilmente costituisce un grave e concreto pericolo per la salute psichica dei figli della coppia esposti, in prima linea, al conflitto genitoriale.

Onde superare tale assetto di cose la giurisprudenza, poggiandosi al modello statunitense, sollecita le parti ad avvalersi del coordinatore genitoriale.

Il principale compito del coordinatore genitoriale è quello di facilitare la risoluzione dei contrasti tra genitori separati e/o divorziati. Infatti, può accadere che i genitori, troppo invischiati nella dinamica separativa, perdano la lucidità, con effetti negativi nella gestione della prole.

Nelle situazioni sopra descritte, il coordinatore genitoriale si porrebbe come soggetto terzo ed imparziale con il compito di coadiuvare i genitori nel superamento del conflitto. Aiuta le parti a mettere in atto un programma di sostegno alla genitorialità inducendo i genitori ad evitare tutte quelle scelte che possano essere potenzialmente dannose per i figli. Sostiene le parti al fine di trovare tra le stesse un canale di comunicazione nel superiore interesse della prole. Difatti, l’intervento del coordinatore genitoriale avrà come preminente scopo la tutela del minore.

Un soggetto super partes

In vista della finalità di cui dovrà occuparsi il coordinatore genitoriale, questo dovrà essere un soggetto super partes. Un professionista che non ha svolto alcun ruolo nella vicenda familiare e che non abbia avuto alcun rapporto con la coppia.

Si badi bene che il coordinatore genitoriale non ha compiti valutativi. Non ha il potere di decidere su questioni attinenti il regime di affidamento o il collocamento dei minori. Tale potere spetta solo ed esclusivamente al giudice (o alle parti in caso di raggiungimento dell’accordo). Il coordinatore, di contro, ha la possibilità di indirizzare i genitori sulle questioni minori, quali: il dentista ove condurre il bambino, le modalità di accompagnamento del minori, lo sport al quale iscrivere il figlio, ecc…

Al momento in Italia non è stata approvata alcuna normativa di riferimento per il riconoscimento pubblico del coordinatore genitoriale. Pertanto c’è un vuoto normativo.

Peraltro, per la giurisprudenza, la nomina di tale figura deve essere fatta di comune accordo tra i genitori e non può essere nominata direttamente dal giudice il quale può solo invitare le parti a nominarne uno.

Ci si auspica quanto prima un intervento normativo in materia.

Potrebbe anche interessarti: Bigenitorialità: diritto da preservare a qualsiasi costo? Leggi qui.

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