E’ corretto negare l’affido congiunto a quei genitori che si sono rivelati incapaci di elaborare il fallimento del proprio progetto di coppia e sono quindi in costante conflitto reciproco, anche in presenza del figlio, incapaci di dialogare o accordarsi nell’interesse superiore del minore senza ricorrere ad avvocati o all’autorità giudiziaria (Cass. civ., ord. n. 5604/2020).
Pertanto l’incapacità di rapportarsi responsabilmente alla genitorialità mette a rischio l’equilibrio e lo sviluppo psico-fisico dei figli.
Il caso
Un uomo si rivolgeva al Tribunale di Roma chiedendo l’affido condiviso del figlio minore nato da una relazione more uxorio.
Il Tribunale adito, con decreto, rigettava la richiesta e confermava la sospensione della responsabilità genitoriale già disposta dal Tribunale per i minorenni. Determinava, altresì, il contributo mensile per il mantenimento, dovuto dal padre, e poneva le spese straordinarie a carico di entrambi i genitori nella misura del 50%.
Gli stessi proponevano reclamo nei confronti del decreto: il padre chiedeva nuovamente l’affido condiviso del figlio, oltre che la rideterminazione dell’assegno di mantenimento da esso dovuto; invece, la madre chiedeva la corresponsione di un contributo maggiore.
La CdA di Roma rigettava entrambi i reclami, adducendo le seguenti motivazioni.
In primis, a fondamento di detta decisione, vi era la constatazione di un rapporto altamente conflittuale tra i genitori. Questo elemento escludeva di default la possibilità di un affido congiunto del minore.
Con riguardo agli aspetti economici, la Corte reputava corretta la determinazione dell’assegno di mantenimento stabilita dal Tribunale in primo grado.
Da ultimo la CdA, avendo rilevato il parziale inadempimento del padre nel corrispondere l’assegno, aveva disposto che quest’ultimo fosse versato alla madre direttamente dal datore di lavoro dell’ex compagno (ai sensi dell’art. 156 c.c.).
Il ricorso in Cassazione
L’uomo impugnava la sentenza e ricorreva in Cassazione.
Innanzitutto il ricorrente contestava l’entità del mantenimento da esso dovuto. Lo stesso sottolineava come i giudici di appello non avessero in alcun modo tenuto conto della sua situazione reddituale, né avessero indagato circa le condizioni patrimoniali dell’ex compagna. Secondo il ricorrente, la donna, oltre ad essere proprietaria di svariati immobili, non avrebbe mai cercato di rendersi economicamente autonoma.
Con il secondo motivo di ricorso, l’uomo reiterava la richiesta di affido congiunto del figlio minore. Questi chiariva come il trasferimento dell’ex compagna da Milano a Roma fosse la reale causa dell’inasprimento dei rapporti tra i due genitori: infatti, a detta del ricorrente, il trasferimento del figlio presso un’altra città aveva comportato una lesione al proprio diritto alla bigenitorialità.
L’iter decisionale della Cassazione.
La Corte dichiarava inammissibili entrambi i motivi di ricorso.
Con riguardo al primo motivo la Corte rilevava che, al fine di stabilire l’entità del contributo al mantenimento del figlio posto a carico del genitore non collocatario, occorre osservare il principio di proporzionalità. Ciò significa che la misura dell’assegno deve tenere conto dei redditi di entrambi i genitori, oltre che delle esigenze del minore alla luce del tenore di vita goduto (così Cass. civ., n. 4811/2018).
La Corte rilevava come i giudici di appello avessero ampiamente esaminato i redditi di entrambi i genitori, tenuto conto delle esigenze del bambino. Dunque riteneva che la pronuncia di secondo grado fosse immune da vizi.
Anche l’ordine impartito al datore di lavoro dell’uomo di versare le somme in favore della madre era stato ritenuto insindacabile, in sede di legittimità, poiché adeguatamente motivato.
Nei casi di alta conflittualità…
la Corte precisava che l’esistenza di un rapporto di conflittualità tra le figure genitoriali non preclude l’accesso al regime dell’affido condiviso. Ciò purché si mantenga nei limiti di un tollerabile disagio per la prole. Sicché non deve essere messo in serio pericolo l’equilibrio e lo sviluppo psico-fisico dei figli (così Cass. civ., n. 6535/2019).
Pertanto, la decisione dei giudici di merito era da ritenersi assolutamente congrua posto il «quadro di genitorialità “assolutamente desolante”» caratterizzante la relazione tra i due soggetti.
Dalla relazione dei Servizi Sociali del Comune di Roma era altresì emerso: l’incapacità degli ex conviventi di elaborare il fallimento del progetto di coppia; il costante rifiuto dei genitori di avviare un percorso di mediazione.
Questi elementi, unitamente considerati, avevano spinto la CdA competente a confermare l’affidamento del bambino al Comune di Roma. Veniva inoltre nominato il Sindaco pro tempore tutore provvisorio e avviato un adeguato supporto psicologico.
Alla luce delle suesposte motivazioni la Suprema Corte di Cassazione rigettava il ricorso dichiarandolo inammissibile.
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