La sindrome da alienazione parentale (PAS – Parental Alienation Syndrome) è una dinamica psicologica disfunzionale che si attiverebbe sui figli minori coinvolti in separazioni e divorzi altamente conflittuali.
In tale materia è molto interessante una sentenza Tribunale di Brescia.
In particolare, il Tribunale di Brescia con la sentenza n. 815/2019 ha individuato otto sintomi dai quali è possibile desumere nei figli la sindrome da alienazione parentale. Purtroppo nei casi di separazione o divorzio spesso accade che uno dei genitori metta in atto una campagna denigratoria nei confronti dell’altro. Ciò al fine di tenere il figlio per sé o semplicemente per danneggiare il coniuge, a tutto danno del minore stesso. Nel caso di specie i consulenti incaricati hanno messo in luce che i figli di genitori in conflitto corrono il rischio di sviluppare disturbi della personalità o disturbi d’identità di genere.
Il caso
Una donna chiedeva la separazione con addebito al marito accusato di essere marito e padre assente. L’uomo veniva anche accusato di avere continuamente offeso e denigrato la moglie. Quest’ultima chiedeva, pertanto, il risarcimento del danno. L’uomo, costituitosi in giudizio, negava le accuse, sostenendo che il fallimento del matrimonio derivava dall’infedeltà della moglie. Peraltro, l’uomo chiedeva il risarcimento del danno subito in quanto la moglie avrebbe ostacolato i rapporti con la figlia.
Durante la pendenza del procedimento di separazione la donna denunciava il marito accusandolo di avere toccato nelle parti intime la figlia minore. A causa di ciò, il diritto di visita veniva disposto in forma protetta.Durante l’istruttoria veniva disposta l’attivazione dei servizi sociali con compiti di sostegno e monitoraggio. Veniva, inoltre, disposta una CTU al fine di appurare i rapporti tra la minore e i genitori.
Conclusa l’istruttoria, il Tribunale di Brescia dichiarava la separazione dei coniugi. Respingeva la domanda di addebito della moglie e accoglieva quella del marito, il quale aveva provato l’infedeltà della donna a cui non veniva riconosciuto l’assegno di mantenimento.
Provvedimenti nell’interesse della figlia
Il Tribunale evidenziava che l’atteggiamento della minore coinvolta nella separazione era peggiorato nel tempo. In particolare la minore manifestava un ostinato rifiuto ad avvicinarsi al padre. In particolare nonostante l’intervento del Servizio Sociale, il rapporto sembrava peggiorare e ciò nonostante il padre manifestasse la propria disponibilità e attenzione nei confronti della figlia.
Il CTU, il quale riteneva irragionevole l’opposività della minore nei confronti del padre, riconduceva l’atteggiamento alla Sindrome da Alienazione Parentale. Il CTU definiva la PAS “una controversa dinamica psicologica disfunzionale che si attiverebbe sui figli minori coinvolti in contesti di separazione e divorzi.” La sindrome si caratterizza per la compresenza dei seguenti 8 aspetti:
campagna di denigrazione, nella quale il bambino mima e scimmiotta i messaggi di disprezzo del genitore alienante”;
razionalizzazione debole dell’astio, per cui il bambino spiega le ragioni del suo disagio nel rapporto con il genitore alienato con motivazioni illogiche, insensate o superficiali”;
mancanza di ambivalenza. Il genitore rifiutato è descritto dal bambino “tutto negativo”, mentre l’altro genitore è ” tutto positivo”;
fenomeno del pensatore indipendente: il bambino afferma che ha elaborato da solo la campagna di denigrazione del genitore;
appoggio automatico al genitore alienante, quale presa di posizione del bambino sempre e solo a favore del genitore alienante;
assenza di senso di colpa;
scenari presi a prestito, ossia affermazioni che non possono ragionevolmente venire da lui direttamente;
estensione delle ostilità alla famiglia allargata del genitore rifiutato.
Secondo il CTU in casi simili “quando un minore rifiuta di frequentare un genitore (…) potrebbe sviluppare un disturbo di identità di genere, o un disturbo di personalità paranoide o antisociale.”
Esiti della CTU
Peraltro, in sede di CTU emergeva che la madre da anni metteva in atto un sistematico atteggiamento di svalutazione del padre. Peraltro, la donna La manifestava di voler esercitare un controllo unilaterale sugli incontri padre-figlia, dichiarando di preferire la figlia in una comunità, piuttosto che con il coniuge. La donna, inoltre, si era dimostrata ostile nei confronti di chiunque si avvicinasse alla figlia solo perché si adoperava nell’avvicinare la minore al padre. Violava così il diritto della bambina alla bigenitorialità.
Decisione del Tribunale di Brescia
Alla luce di tali gravi atteggiamenti il Tribunale disponeva il collocamento della minore presso il padre che, “si è rivelato un genitore adeguato, dotato di buone competenze e sinceramente interessato a recuperare la relazione con la figlia.” Gli incontri con la madre, invece, dovevano avvenire per tre volte alla settimana alla presenza di un educatore.
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