Ai figli maggiorenni affetti da gravi disabilità si applicano le stesse norme e gli stessi principi che la legge prevede a tutela dei figli minorenni. Ciò però per quanto riguarda cure, visite e assegnazione della casa coniugale ma non anche in materia di affidamento, condiviso o esclusivo.
A stabilire il superiore principio di diritto la Suprema Corte con l’ordinanza n. 2670/2023 dello scorso 30 gennaio.
Il caso
Nell’ambito di un procedimento di divorzio il Tribunale competente pone a carico di un padre l’obbligo di versare alla ex moglie, a titolo di mantenimento dei figli, uno dei quali già maggiorenne ma portatore di una grave disabilità (sindrome di down), pari ad € 1500,00. Nell’ambito della medesima procedura viene, però, respinta la richiesta della donna volta ad ottenere un ampliamento dei tempi per l’esercizio del diritto di visita del padre nei riguardi del figlio portatore di handicap.
La decisione della Corte di Appello
La sentenza viene impugnata innanzi alla Corte di Appello, la quale da un lato regolamenta le modalità di visita dei genitori nei confronti del figlio disabile e dall’altro rigetta la richiesta dell’uomo di riduzione dell’assegno di mantenimento individuato dal giudice di prime cure. Ciò in quanto per la Corte di Appello ai figli maggiorenni portatori di handicap grave si applicano le stesse disposizioni previste per i figli minori, in relazione alla presenza, la cura e il mantenimento a carico del genitore non convivente, non quelle che regolano l’affidamento.
Conclusioni condivise anche dalla Corte di Cassazione. Ed in particolare, la Suprema Corte afferma il dovere di mantenere i figli maggiorenni con handicap grave, estendendo in tali casi le norme previste per il mantenimento dei minori (art. 337 c.c.). Spetterà poi al giudice valutare il grado di autonomia e la necessità o meno di un intervento assistenziale permanente.
Pertanto, ne consegue che, il figlio che ha compiuto la maggiore età ha diritto a vivere nella casa familiare, e il genitore non convivente non può, per effetto della separazione o del divorzio, sentirsi esonerato dai compiti quotidiani di assistenza e di accudimento delegandone la responsabilità sul genitore convivente.
Nell’estensione, tuttavia, non possono rientrare anche le norme possano rientrare anche le norme sull’affidamento condiviso od esclusivo. Poiché, diversamente ragionando, si dovrebbe concludere – i giudici – che il figlio portatore di handicap, magari solo fisico, anche se ma maggiorenne, si possa considerare in automatico privo della capacità di agire.
Principio di diritto
La Cassazione giunge quindi ad esporre il seguente principio di diritto: “In tema di regolamentazione della crisi familiare in relazione ai figli maggiorenni portatori di handicap grave, ai sensi della legge n. 104 del 1992, in forza dell’art. 337 septies c.c. (già art. 155- quinquies c.c.) trovano applicazione le sole disposizioni in tema di visite, di cura e di mantenimento da parte dei genitori non conviventi e di assegnazione della casa coniugale, previste in favore dei figli minori, ma non anche quelle sull’affidamento, condiviso od esclusivo”.
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