No all’assegno di mantenimento alla figlia maggiorenne senza lavoro e fuori corso all’università: è questo il principio di diritto stabilito dalla Suprema Corte, I Sez. Civile con il recente provvedimento n. 16327 del 8 giugno 2023.
la domanda che si sono posti i giudici era la seguente: Il genitore obbligato a corrispondere al/alla figlio/a maggiorenne, ma non economicamente indipendente, un assegno periodico può chiederne la modifica in virtù del suo scarso rendimento universitario?
Il caso
In primo grado: Tizio proponeva ricorso ex art. 710 c.p.c. (oggi abrogato dalla riforma Cartabia) al Tribunale di Vibo Valentia per chiedere la modifica dell’assegno di mantenimento da lui dovuto in favore della figlia Caia, maggiorenne ma non economicamente autosufficiente. L’uomo deduceva l’insufficiente rendimento di quest’ultima nello studio universitario. La ragazza si costituiva e contestava la richiesta del padre, che era però accolta dal Tribunale e comportava una riduzione del predetto assegno ad € 600,00.
In appello: Caia proponeva reclamo, che era accolto dalla Corte d’Appello di Catanzaro la quale non riteneva configurabile una “inerzia colpevole della figlia nel completamento degli studi o nella ricerca di un’occupazione” poiché dall’istruttoria era emerso che la ragazza soffriva di una sindrome depressiva. I giudici di secondo grado sostenevano così che non fosse giustificata “una revoca o riduzione del contributo al mantenimento, non essendo stata peraltro evidenziata alcuna sopraggiunta difficoltà del padre a far fronte agli esborsi concordati in sede di divorzio”.
Decisione degli Ermellini
Tizio proponeva ricorso per cassazione, mentre Caia resisteva con controricorso.
La Corte esaminava i motivi di ricorso ritenendoli meritevoli di accoglimento richiamando il costante indirizzo della giurisprudenza di legittimità secondo cui, alla luce del principio di responsabilità che permea il nostro ordinamento giuridico, il soggetto di maggiore età “[…] non può ostinarsi e indugiare nell’attesa di reperire il lavoro reputato consono alle sue aspettative: ciò anche al fine di evitare “forme di vero e proprio parassitismo di ex giovani ai danni dei loro genitori sempre più anziani”, escludendo ovviamente situazioni di minorazione fisica o psichica tutelate dall’ordinamento” (v. Cass. civ., n. 12477/2004).
L’obbligo dei genitori di concorrere al mantenimento dei figli, a norma degli artt. 147 e 148 c.c., “non cessa ipso facto con il raggiungimento della maggiore età da parte di questi ultimi” ma con il solo e provato raggiungimento dell’indipendenza economica. Conseguentemente, il genitore che contesti la sussistenza del proprio obbligo di mantenimento è tenuto a fornire la prova che ciò dipenda da una condotta colpevole del figlio. Deve dimostrare, quindi, che persista un atteggiamento di inerzia nella ricerca di un lavoro compatibile con le sue inclinazioni e/o rifiuti le occasioni che gli vengono offerte.
Principio di diritto
In conclusione il figlio “divenuto maggiorenne ha diritto al mantenimento a carico dei genitori soltanto se, ultimato il prescelto percorso formativo scolastico, dimostri, con conseguente onere probatorio a suo carico, di essersi adoperato effettivamente per rendersi autonomo economicamente, impegnandosi attivamente per trovare un’occupazione in base alle opportunità reali offerte dal mercato del lavoro, se del caso ridimensionando le proprie aspirazioni, senza indugiare nell’attesa di una opportunità lavorativa consona alle proprie ambizioni” (v. Cass. civ., n. 38366/2021; Cass. civ., n. 27904/2021).
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