Corte d’Appello di Torino, decreto del 14 marzo 2024, n. 314
Uno tra i provvedimenti più significativi emessi nell’ambito di un procedimento di separazione o divorzio è quello relativo al collocamento della prole, mediante il quale si provvede alla scelta della residenza abituale del minore a seguito della cessazione della convivenza tra i genitori.
Da tale decisione discende una serie di conseguenze di tutto rilievo, prima fra tante quella dell’assegnazione della casa familiare.
Il godimento della casa familiare viene infatti riconosciuto, a prescindere dal diritto di proprietà vantato sull’immobile, al genitore presso cui i figli vengono, appunto, collocati.
E’ facile comprendere, pertanto, come la decisione giudiziale circa il collocamento dei figli, in assenza di un accordo tra le parti, costituisca una tra le più frequenti cause di dissapori tra genitori separati o divorziati.
Più nello specifico, l’art. 337 ter c.c. prevede che: “Il figlio minore ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori […] il giudice adotta i provvedimenti relativi alla prole con esclusivo riferimento all’interesse morale e materiale di essa. Valuta prioritariamente la possibilità che i figli minori restino affidati a entrambi i genitori oppure stabilisce a quale di essi i figli sono affidati, determina i tempi e le modalità della loro presenza presso ciascun genitore, fissando altresì la misura e il modo con cui ciascuno di essi deve contribuire al mantenimento, alla cura, all’istruzione e all’educazione dei figli. Prende atto, se non contrari all’interesse dei figli, degli accordi intervenuti tra i genitori, in particolare qualora raggiunti all’esito di un percorso di mediazione familiare […].
Dalla lettura del dettato normativo si evince che il collocamento della prole può essere prevalente o paritetico, così come comunemente definito.
Se il collocamento è “prevalente” la prole viene collocata presso uno dei due genitori (c.d. genitore collocatario) a cui è assegnata la casa familiare, lasciando al genitore non collocatario il diritto di visita secondo un calendario prestabilito.
Diversamente, il collocamento paritetico prevede che i figli vivano per alcuni giorni presso l’abitazione paterna e per altri presso quella materna.
Con l’ordinanza n. 6810/2023 la Corte di Cassazione ha operato una vera e propria rivoluzione copernicana, stabilendo che il collocamento della prole potesse avvenire mediante alternanza dei genitori nella casa familiare.
Un’opzione, quest’ultima – spiega la Corte di legittimità – “che presuppone una seria e concordata organizzazione dei genitori a ciò funzionale, nel rispetto e nell’esercizio della responsabilità genitoriale di ciascuno” – la quale deve rispondere – “ al reale interesse dei minori ed alle loro esigenze di crescita ed essere idonea a consolidare l’habitat e le consuetudini di vita, finalità a servizio della quale è prevista l’assegnazione della casa familiare, di modo da consentire al giudicante gli approfondimenti istruttori, anche officiosi, e le valutazioni del caso, tenuto conto – previo ascolto dei minori ex art. 315 bis, comma 3, c.c. – dell’età, del grado di maturità e del livello di capacità di gestirsi anche in autonomia raggiunto dagli stessi.”
Mediante questo nuovo modello organizzativo i giudici di legittimità hanno introdotto, pertanto, la possibilità – bene accolta dai tribunali territoriali – che la casa familiare rimanga ad esclusiva fruizione della prole, prevedendo un meccanismo rotativo che consenta ai genitori di alternarsi, in giorni ed orari stabiliti, nell’ottica del “superiore interesse del minore” .
Tuttavia, se in un primo momento la Corte di Cassazione aveva stabilito che per poter disporre un collocamento mediante permanenza fissa dei minori nella casa familiare e rotazione dei genitori presso la stessa fosse necessaria la sussistenza di talune condizioni (quali l’assenza di rapporti conflittuali tra genitori e spirito di collaborazione che abbia ad oggetto non solo la cura del figlio, ma, altresì, la gestione della casa); da ultimo, La Corte d’Appello di Torino ha emesso un’innovativa decisione in tema di collocamento della prole confermando, con il decreto n. 314 del 14 marzo 2024, la pronuncia del Tribunale di Cuneo che, senza alcun accordo tra le parti, aveva disposto il collocamento paritario e alternato delle figlie nella casa coniugale.
Tale pronuncia può essere considerata all’avanguardia principalmente perché, per la prima volta, viene disposto un affido paritario e alternato in via impositiva, pur mancando il consenso di entrambe le parti. Fino al marzo scorso, infatti, si riteneva che tale soluzione potesse essere accolta solo in caso di accordo tra i genitori e quindi in assenza di contrasti tra gli stessi. La Corte d’Appello di Torino ha ritenuto, tuttavia, che subordinare la scelta del collocamento mediante permanenza fissa della prole nella casa familiare alla sussistenza di uno spirito collaborativo tra i coniugi costituisca, ancora una volta, una fonte du pregiudizio eccessivo per i figli, trasformandosi in un rimedio residuale e difficilmente utilizzabile.
Ne consegue che la previsione di una rotazione settimanale alternata dei genitori nella casa familiare possa essere accordata anche in assenza di un clima di reciproca cooperazione.
In questo modo si pongono davvero le basi per la concreta salvaguardia della serenità dei figli, garantendo agli stessi un ambiente di vita stabile e prevedendo che siano gli adulti a doversi organizzare per garantire la continuità affettiva ai minori, vittime incolpevoli della crisi coniugale.
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