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violenza sessuale

Reati sessuali: le vittime di reati sessuali devono essere ammesse al Patrocinio a Spese dello Stato a prescindere dal reddito

21 Gennaio 2021 Da Staff Lascia un commento

La Corte Costituzione con la sentenza n. 1 dell’11 gennaio scorso afferma la legittimità della previsione dell’ammissione al patrocinio a Spese dello Stato per le vittime di reati sessuali, in particolare se persone offese sono minori e ciò prescindere dalle condizioni economiche.

La questione giuridica

La Corte Costituzionale è stata chiamata a decidere sulla questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3 e 24, comma 3, Cost., dell’art. 76, comma 4-ter del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, recante “Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia (Testo A)”, nella parte in cui, determina l’automatica ammissione al Patrocinio a Spese dello Stato della persona offesa dai reati indicati nella norma medesima, di cui agli artt. 572, 583-bis, 609-bis, 609-quater e 612 bis nonché, ove commessi in danno di minori, dai reati di cui agli artt. 600, 600-bis, 600-ter, 600-quinquies, 601, 602, 609-quinquies e 609-undecies del codice penale, a prescindere dai limiti di reddito di cui al precedente comma 1 e senza riservare alcuna discrezionalità valutativa al giudice.

Anche la giurisprudenza di legittimità (Cass. penale n.52822 del 2018) afferma il diritto della persona offesa da uno dei reati sopra elencati (principalmente reati sessuali) a fruire del Patrocinio a Spese dello Stato per il solo fatto di essere appunto persona offesa, indipendentemente dalle condizioni reddituali. Tale normativa si fonda sulla necessità di assicurare alle vittime di tali reati un accesso alla giustizia favorito dalla gratuità dell’assistenza legale .

Tale interpretazione istituisce un automatismo legislativo. In particolare al solo verificarsi del suo presupposto, ovvero assumere la veste di persona offesa da uno dei reati indicati dalla norma, si determina l’ammissione al beneficio. Il giudice, quindi, non ha alcun margine di valutazione  in ordine alle condizioni reddituali e patrimoniali.

La questione di legittimità costituzionale

La questione di legittimità sollevata dal GIP del Tribunale di Tivoli si fonda sulla circostanza che la normativa di riferimento viola il principio di uguaglianza. Contrasta, inoltre, con l’affermazione contenuta nell’art. 24 Cost. la quale dispone che “sono assicurati ai non abbienti, con appositi istituti, i mezzi per agire e difendersi davanti ad ogni giurisdizione.”

Necessità di contemperamento tra diritto di difesa e contenimento della spesa pubblica

Il GIP sottolinea la necessità di raggiungere l’obiettivo di limitare le spese giudiziali. Evidenzia, inoltre, che in tema di Patrocinio a Spese dello Stato, occorre individuare un punto di equilibrio tra: garanzia del diritto di difesa per i non abbienti e necessità di contenimento della spesa pubblica in materia di giustizia.”

Il remittente sottolinea inoltre che l’ammissione indiscriminata e automatica al beneficio di qualsiasi persona offesa da uno dei reati indicati dalla norma porterebbe a includere anche soggetti di eccezionali capacità economiche, a discapito della necessaria salvaguardia dell’equilibrio dei conti pubblici e di contenimento della spesa in tema di giustizia.

La decisione della Corte Costituzionale

Di diverso avviso è la Corte Costituzionale. Secondo il giudice delle leggi la normativa richiamata non lede affatto le norme costituzionali. Ciò avendo riguardo alla vulnerabilità delle vittime dei reati sessuali oltre che alle esigenze di garantire il venire alla luce di tali reati.

Peraltro, la Corte Costituzionale richiama nelle proprie argomentazioni le norme volte  a introdurre misure per assicurare una maggiore tutela della sicurezza della collettività, a fronte dell’allarmante crescita degli episodi collegati alla violenza sessuale.

Scelta di indirizzo politico-criminale

La Corte Costituzionale evidenzia che la scelta di garantire il Patrocinio a Spese dello Stato alle vittime di reati sessuali, a prescindere dal reddito, è di  di indirizzo politico-criminale. Tale scelta ha l’obiettivo di offrire un concreto sostegno alla persona offesa, molto vulnerabile a causa della natura dei reati di cui è vittima. Mira, inoltre, a incoraggiare la stessa a denunciare e a partecipare attivamente al percorso di emersione della verità.

Per tali motivi, la Corte ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 76, comma 4-ter, del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, sollevata in riferimento agli artt. 3 e 24, comma 3, Cost., nella parte in cui determina l’automatica ammissione al Patrocinio a Spese dello Stato delle persone offese dai reati indicati dalla norma medesima.

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Violenza sessuale e corruzione di minorenne tramite i social

9 Ottobre 2020 Da Staff Lascia un commento

Recentemente la Cassazione con due diverse sentenze, ha affermato che è possibile configurarsi il reato di violenza sessuale ed il reato di corruzione di minorenne anche a mezzo social network.

La nuova nozione di violenza sessuale

Per quanto concernente il reato di violenza sessuale (articolo 609-bis c.p.) fino agli anni novanta l’ordinamento puniva esclusivamente le condotte volte al soddisfacimento della sfera sessuale del soggetto attivo. Nel 1998 gli Ermellini hanno esteso il concetto di violenza sessuale che non può limitarsi alle sole zone genitali. La Cassazione ritiene infatti debbano punirsi anche le condotte di violenza  psicologica.  Inoltre, devono includersi tutti gli atti idonei a ledere la libera determinazione della sessualità del soggetto.

Il primo caso

Un uomo, responsabile di avere inviato diversi messaggi sessualmente espliciti tramite whatsapp, aveva costretto una ragazza ad inviargli fotografie dai contenuti sessualmente espliciti minacciandola di pubblicare la chat su whatsapp.

L’accusa riteneva che la condotta posta in essere fosse riconducile al reato di adescamento di minorenni (articolo 609-undecies c.p.), condotta nota anche come “child grooming”.

La difesa, dal canto suo, sosteneva che non essendo stati compiuti meri atti sessuali, non si potesse configurare il reato di violenza sessuale. Riteneva che l’imputato non avrebbe leso il bene giuridico della libertà di autodeterminazione nella sfera sessuale e del corretto sviluppo dell’integrità psico-fisica della minore.

La decisione

Con la sentenza n. 25266/2020 la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso con cui l’indagato deduceva la violazione di legge e il vizio di motivazione.

I giudici di legittimità hanno ritenuto pienamente integrato il reato di violenza sessuale pur in assenza di contatto fisico con la vittima evidenziando, inoltre, l’elemento della minaccia e la strumentalizzazione della minore età della vittima.

Conclusioni

Con la recente pronuncia si assottiglia la linea di confine tra il reato di adescamento di minorenne e quello di violenza sessuale.

Si evidenzia che la giurisprudenza ha inteso prestare maggiore attenzione ai reati connotati da condotte poste in essere tramite strumenti telematici. A questi infatti si riconosce l’idoneità di prestarsi quali strumenti idonei alla realizzazione dei reati, capaci di arrecare tragici risvolti psicologici e sociologici.

Il reato di corruzione di minorenne

Il reato di corruzione di minorenne (articolo 609 quinquies) è stato introdotto nel codice di rito nel 1996 e riformato successivamente nel 2012.

Dopo la riforma, dottrina e giurisprudenza si sono occupate di definire la natura giuridica del reato e gli elementi costitutivi dello stesso soprattutto quando le vittime sono soggetti deboli o gli autori incapaci di intendere e di volere.

La sentenza della Cassazione

La corte di Cassazione, con la pronuncia dell’11 maggio 2020, ha stabilito che il reato di corruzione di minorenne può porsi in essere anche in assenza di contatto fisico con la vittima. Secondo i giudici di legittimità infatti è possibile commettere reato anche tramite un mezzo di comunicazione telematico.

Il caso

Un uomo inviava ad una minore di anni 14 video pornografici sul suo cellulare inducendola  a compiere atti sessuali e segnatamente a ritrarsi nuda.

Analisi della norma

L’art. 609 quinquies, condanna espressamente “chiunque fa assistere una persona minore di anni quattordici al compimento di atti sessuali, ovvero mostra alla medesima materiale pornografico, al fine di indurla a compiere o a subire atti sessuali.”

Con il termine “assistere” s’intende letteralmente “essere presente allo svolgimento di un fatto”, come si può assistere ad una lezione, ad una rappresentazione teatrale o alla proiezione di un film.

In relazione al caso di specie è sufficiente che il minore percepisca tali atti sessuali determinandone un turbamento. Non è necessario che questi vengano visti “dal vivo” potendo il minore “assistere” ad un fatto anche tramite un video.

Commettere il reato con le nuove tecnologie

Le nuove tecnologie, oggi, hanno aperto le porte a nuove forme di visione di fatti online, addirittura in formato “streaming”.

Ecco che la locuzione “fa assistere” deve essere letta in relazione al progresso tecnologico che determina numerosi risvolti negativi quali, ad esempio, la commissione di un fatto delittuoso.

Dall’ analisi del concetto di “mostrare” nonché da quello di “atto sessuale” così come ampliato dalle più recenti giurisprudenza, la Corte è giunta a ritenere che “Per il reato di corruzione di minorenne oltre all’esibizione diretta deve ritenersi comportamento rientrante nella norma anche l’esibizione sui social (nel caso WhatsApp) senza contatti fisici. Deve escludersi che le condotte poste in essere mediante mezzi telematici abbiano  connotazioni di minore lesività sulla sfera psichica del minore.”

La sentenza della Cassazione

Pertanto, con la pronuncia dell’11 maggio 2020 n. 14210 , gli Ermellini confermando le sentenze di merito di fatto condannavano l’uomo per il reato di corruzione di minorenne avvenuto tramite il mezzo whatsapp.

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Un abbraccio forzato può configurare il reato di violenza sessuale

11 Gennaio 2020 Da Staff Lascia un commento

Un abbraccio forzato, senza il consenso della persona che lo riceve, può configurare il reato di violenza sessuale.A stabilirlo è la Corte di Cassazione con la sentenza n. 378 del 09.01.2020.

Il caso

Un uomo veniva condannato, dai giudici di primo grado, per il reato di violenza sessuale di cui all’art. 609 bis c.p. per avere abbracciato, contro la sua volontà, una vicina di casa. In particolare la donna tendeva la mano per salutare il vicino, ma questi, forzosamente abbracciava la donna. Tale contatto, secondo la persona offesa, sarebbe avvenuto  perché l’uomo, un settantenne, voleva aderire con il proprio corpo i seni della vicina.

L’uomo ricorreva in Corte di Appello

La Corte di Appello riteneva logico e corretto il ragionamento motivazionale dei giudici di primo grado. Pertanto confermava la condanna emessa nell’ambito del giudizio abbreviato a cui l’imputato aveva richiesto essere ammesso.

La Corte di Cassazione dichiarava inammissibile il ricorso

La Corte di Cassazione investita della questione riteneva inammissibile il ricorso proposto dall’imputato. Quest’ultimo, sebbene non contestasse la natura sessuale degli atti, riteneva che gli stessi non configurassero il reato di  violenza sessuale. Ciò in quanto assenti sia la violenza sia il mancato consenso della persona offesa. Ebbene, l’uomo lamentava che  i giudici non avevano considerato la circostanza che la persona offesa sapeva dell’assenza da casa della moglie dell’imputato e pertanto alcun inganno poteva contestarsi. Peraltro, sempre secondo l’imputato, la donna avrebbe dovuto manifestare un esplicito e chiaro dissenso agli approcci dell’imputato.

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 378/2020  sottolineava che  il ricorrente ripresentava in sede di legittimità le stesse rimostranze avanzate in sede d’appello. Peraltro, non veniva mai contestata la natura sessuale degli atti. Men che mai veniva messa in discussione l’attendibilità della vittima.

Elementi del reato di violenza sessuale

Nella propria motivazione la Corte ribadiva che per costante giurisprudenza il reato di violenza sessuale si configura anche in presenza di atti intimidatori capaci di provocare la coazione della vittima a subire atti sessuali, quindi anche in caso di abbraccio forzato.

Nel caso di specie l’imputato commetteva atti di libidine repentini e subdoli, senza prima accertarsi del consenso della vittima o prevenendone in ogni caso il dissenso. Di conseguenza, per la configurazione del reato de quo, la violenza non deve necessariamente impedire alla vittima di opporre resistenza.  Secondo gli ermellini è sufficiente che il soggetto agente compia in modo insidiosamente rapido i suoi atti “tanto da superare la volontà contraria del soggetto passivo”.

Tornando al caso di specie, dal racconto della vittima emergeva che la persona offesa tendeva la mano per salutare l’imputato, il quale la afferrava improvvisamente per un braccio per attirala in un abbraccio, che metteva in contatto i due corpi, compreso il seno della donna e i genitali dell’uomo.

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Codice Rosso: l’entrata in vigore della legge 69/2019 a tutela delle vittime di violenza domestica, sarà sufficiente?

26 Settembre 2019 Da Staff Lascia un commento

Il codice Rosso, entrato in vigore il 9 agosto scorso, ha l’obiettivo di fermare il corso al drammatico fenomeno del femminicidio. In particolare per contrastare la violenza sulle donne, il Governo, con l’approvazione della legge 69/2019,  ha previsto una corsia preferenziale per le denunce in caso di violenza domestica e di genere.

Elenco di reati interessati dalla normativa

Le novità introdotte con in codice rosso, di cui si parlerà a breve, riguardano i reati di maltrattamenti, violenza sessuale, Stalking e lesioni commesse in contesti familiari o nell’ambito delle relazioni di convivenza.  

Viene introdotto un nuovo reato, che prevede la reclusione da 8 a 14 anni di reclusione, per chi provoca la deformazione dell’aspetto della vittima. La pena, invece, è l’ergastolo se lo sfregio determina la morte del danneggiato. Rischia la reclusione da uno a sei anni di carcere chi commette il reato di revenge porn, oltre ad una salata multa. Quest’ultimo si realizza quando qualcuno, diffonde, cede, invia o pubblica foto o video a contenuto sessuale di una persona senza il suo consenso.  La pena aumenta se il reato è commesso dal compagno o da un ex, oppure, se per commettere il reato ci si avvale di strumenti informatici e telematici.

Pene severe sono previste anche per chi, tramite violenza o minacce induce un altro a contrarre matrimonio.

Le novità: la corsia preferenziale

Tra le novità introdotte vi è la previsione di una corsia preferenziale per lo svolgimento delle indagini preliminari. In particolare le Forze dell’Ordine ricevuta la notizia di uno dei reati sopra elencati dovranno trasmettere la querela immediatamente al pubblico ministero. Quest’ultimo dovrà, al fine di dare impulso immediato alle indagini, sentire entro tre giorni il racconto della persona offesa. Tale termine di tre giorni potrà, tuttavia, essere prorogato se sussistono esigenze di tutela della riservatezza  delle indagini. 

L’accelerazione dei tempi per l’acquisizione delle fonti di prova si pone come necessaria per valutare il reale pericolo che incorre la vittima e così consentire al Giudice di emettere un provvedimento cautelare a tutela della stessa.

Il codice rosso prevede, altresì, l’organizzazione di corsi professionali nelle scuole dei corpi per poliziotti, carabinieri e polizia penitenziaria. La finalità è quella di formare operatori specializzati nei reati di violenza domestica e di genere.

Altra importante novità riguarda l’applicazione della sospensione condizionale della pena in caso di condanna per reati sessuali. Ed, infatti, tale beneficio è, oggi, subordinato alla partecipazione a percorsi di recupero di soggetti condannati per reati sessuali.

Anche in tema di misure cautelari è prevista una importante novità. Infatti il GIP, valutato il caso, può disporre oltre il divieto di avvicinamento alla persona offesa, anche l’applicazione all’indagato del  braccialetto elettronico.

Il codice rosso sarà sufficiente a salvare vittime?

I dati statistici in merito alla violenza domestica e di genere sono allarmanti. Si tratta di un fenomeno che, purtroppo, tende a non arrestare il proprio corso e che spesso sfocia in efferati omicidi.

La nuova normativa, la quale prevede, come sopra rappresentato, un inasprimento sanzionatorio nonché un’accelerazione dei tempi nella fase delle indagini, rappresentano un tentativo di arginare il fenomeno. 

Un dato positivo  dall’entrata in vigore della legge 69/2019 è già stato riscontrato, ossia l’aumento del numero di denunce. Tale circostanza è espressione della crescita della fiducia delle persone offese di reati violenti. Infatti l’immediata presa in carico della vittima da parte delle Autorità sembrerebbe incoraggiare le predette a rivolgersi allo Stato.  Tale incremento, probabilmente, non è legato all’aumento degli episodi di violenza, quanto all’effetto della legge. Infatti, le persone incoraggiate dalla nuova tutela si rivolgono fiduciose a polizia e carabinieri.

La strada è ancora lunga prima che il fenomeno possa essere estirpato. Tuttavia la collaborazione tra autorità e associazioni, l’inasprimento sanzionatorio nonché la celerità dei tempi di indagine rappresentano un importante passo in avanti. 

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Palpeggiare una donna “per scherzo” è violenza sessuale

17 Luglio 2019 Da Studio Legale Arcoleo Lascia un commento

Palpeggiare una donna non integra i più lievi reati di molestia o di violenza privata. Secondo la Cassazione si configura invece il reato più grave di violenza sessuale se vengono coinvolte zone erogene con movimenti rapidi e insidiosi. Quindi il fatto di agire per scherzo non consente di riqualificare il reato in uno di quelli meno gravi. C’è abuso infatti tutte le volte in cui la vittima subisce una limitazione della sua libertà,  ed è costretta a subire violenza contro la sua volontà. (Cass. III pen. n. 46218/2018).

La Corte d’Appello, confermando la sentenza di primo grado, ha condannato un uomo per violenza sessuale ex art. 609 bis c.p.

Questi, infatti aveva tenuto una condotta consistente nel palpeggiare il sedere di una donna, sua collega, in modo ripetuto e rapido.

Secondo l’uomo però i giudici di prime cure erano stati troppo severi con lui.

A suo dire, la sua condotta altro non era che uno scherzo! La difesa infatti sosteneva che, nel palpeggiare la donna, l’uomo ” rideva, quasi in un atteggiamento di sfida, a sfotto'”.

Quindi, secondo questo ragionamento, la sua condotta si sarebbe dovuta qualificare come molestia o violenza privata.

Per questo l’uomo ha fatto ricorso in Cassazione.

Ma la Suprema Corte non ha condiviso le ragioni dell’imputato. Infatti gli insidiosi e repentini palpeggiamenti in zone erogene, su persona non consenziente, configura reato di violenza sessuale.

Gli Ermellini specificano anche che  integra il reato ex art. 609 bis c.p. qualsiasi atto che limita la libertà del soggetto passivo. Soggetto dunque costretto a subire violenza contro la sua volontà.

Quindi si ha violenza sessuale tutte le volte in cui l’atto è così insidioso e rapido da non permettere alla vittima di opporsi.

Per tutti questi motivi la Cassazione ha confermato la condanna per violenza sessuale nonostante l’uomo abbia agito per scherzo. 

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Aspetto fisico e stupro: l’eventuale non avvenenza della vittima non giustifica l’assoluzione dei carnefici

12 Aprile 2019 Da Studio Legale Arcoleo Lascia un commento

L’aspetto fisico è irrilevante in caso di stupro. E non può essere preso in considerazione per stabilire se la vittima è credibile. Lo ha stabilito la Cassazione in una recente sentenza.

La Corte di Appello di Ancona ha assolto due ragazzi sudamericani, condannati in primo grado per violenza sessuale di gruppo nei confronti di una giovanissima peruviana. Nelle motivazioni i giudici avevano sottolineato che all’imputato principale “la ragazza neppure piaceva, tanto da averne registrato il numero di cellulare sul proprio telefonino con il nominativo ‘Vikingo'”.

La sentenza, che risale al novembre 2017, fece scalpore. Tanto che il Guardiasigilli Bonafede dispose un’ispezione.

Tutto da rifare! Infatti la Cassazione ha annullato la sentenza, rinviando tutto alla Corte di Appello di Perugia per un nuovo giudizio di secondo grado.

A detta della Suprema Corte, infatti, i giudici di secondo grado avrebbero deciso per l’assoluzione sulla base di una “incondizionata accettazione” delle dichiarazioni degli imputati. E non solo. Secondo gli Ermellini i fatti descritti dai ragazzi – che alluderebbero ad un rapporto consenziente – non sarebbero supportati da prove. Anzi, contro di loro un dato inconfutabile: la brutalità del rapporto sessuale. A seguito del quale la ragazza ha subìto un intervento e una trasfusione.

Ma i giudici di Piazza Cavour sono andati ancora oltre. E hanno “bacchettato” i giudici dell’appello per aver fondato le proprie motivazioni su elementi “irrilevanti quanto eccentrici”, come appunto l’aspetto fisico della vittima!

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Adescamento di minori sui social: negate le attenuanti.

10 Marzo 2019 Da Studio Legale Arcoleo Lascia un commento

L’ adescamento di minorenne tramite social network finalizzato al rapporto sessuale, secondo la Cassazione, è una condotta subdola e grave. Quindi l’imputato non può godere delle attenuanti generiche e di quelle per minore gravità. (Cass. Pen. Sez. III, 14 febbraio 2018 n. 7006)

Il caso in oggetto è di quelli particolarmente odiosi. Un uomo invita una ragazzina infra quattordicenne a salire sulla sua auto. La bacia, le sfila pantaloni e slip e consuma con lei un rapporto sessuale completo.

 L’uomo aveva conosciuto la minorenne su un noto social network. Aveva aperto un profilo falso e si era finto un ragazzo diciassettenne. A niente sono valse le dichiarazioni di un suo amico, che senza tentennamenti aveva raccontato ai Giudici che tra i due vi fosse del sentimento.

E difatti i giudici di primo e secondo grado hanno ritenuto l’uomo colpevole del reato di atti sessuali con minorenne (art. 609 quater c.p.). La condanna: quattro anni di reclusione, pene accessorie, spese processuali e risarcimento del danno.

La Corte d’Appello di Napoli, in particolare, ha spiegato che l’adescamento sui social, aveva fortemente influito sulla quantificazione della pena. Quella specifica modalità di adescamento appariva infatti particolarmente grave.

Quindi l’uomo è ricorso in Cassazione. Lamentando, tra l’altro, la mancata applicazione delle attenuanti per minore gravità e delle attenuanti generiche. La Suprema Corte, tuttavia, ha rigettato il ricorso.

E ha spiegato che l’attenuante per minore gravità del fatto si applica solo a seguito  di una valutazione globale del fatto di reato. Valutazione che deve tenere conto anche dell’entità della compressione della libertà sessuale, delle condizioni fisiche e psicologiche della vittima e delle modalità dell’azione.

La Corte territoriale, a suo tempo già aveva confermato l’attendibilità della ragazza, sulla base di un certificato della psicologa. Dall’analisi psicologica emergeva la figura di una ragazza fragile, provata dalla recente separazione dei genitori che le aveva provocato un vuoto affettivo. La certificazione descriveva una ragazza desiderosa di apparire più matura agli occhi di quest’uomo, che esercitava su di lei una forte influenza.

L’ adescamento della minorenne tramite social network poi, a detta della Cassazione, dimostra una accentuata insidiosità della condotta. Infatti tale modalità di adescamento era finalizzato all’ottenimento di foto spinte prima, e ad instaurare una relazione di fiducia con la minorenne poi. Il tutto al solo fine di ottenere un rapporto sessuale completo.

Pertanto, considerato tutto questo, insieme all’estrema gravità del fatto, la Suprema Corte ha considerato correttamente effettuato il calcolo della pena, rigettando il ricorso dell’uomo.

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8 marzo: Giornata Internazionale della Donna

8 Marzo 2019 Da Studio Legale Arcoleo Lascia un commento

L’ 8 marzo si festeggia la Giornata Internazionale della Donna. Una ricorrenza che purtroppo, nel tempo, ha perso il suo valore.

Oggi, 8 marzo, si celebra la Giornata Internazionale della Donna, più nota come “Festa della Donna”, ricorrenza istituita per ricordare le conquiste politiche, economiche e sociali delle donne, scontando violenze e soprusi di ogni sorta.

Molti ritengono che l’ 8 marzo evochi un tragico incidente avvenuto negli Stati Uniti, ovvero l’incendio in una fabbrica tessile che ha causato la morte delle operaie che vi lavoravano. L’episodio tuttavia non si colloca chiaramente nel tempo: alcuni lo collocano nel 1857, altri nel 1911, altri sostengono che si sia verificato nel mese di febbraio.

In realtà la Festa della Donna ha trovato origine nei movimenti femministi politici di rivendicazione dei diritti delle donne di inizio Novecento. In particolare nel movimento socialista che sia negli Stati Uniti che in Europa, sosteneva la questione femminile, il voto alle donne, l’uguaglianza di genere.

Per alcuni anni la giornata si è celebrata nei vari Paesi in date diverse. In seno alla Seconda Conferenza Internazionale delle donne comuniste, intervenuta a Mosca nel 1921, si è individuato l’8 marzo come data di riferimento per la celebrazione della Giornata Internazionale dell’operaia.

In Italia, nel settembre 1944 è nata l’ UDI, Unione donne Italiane, che ha deciso di celebrare, l’ 8 marzo, la Giornata delle Donne nelle zone liberate dell’Italia.

Nel 1946 la mimosa è divenuta il simbolo di questa ricorrenza, in quanto fiore di stagione e a basso costo.

Negli anni Settanta è nato in Italia il Movimento Femminista ; l’ 8 Marzo 1972 si è tenuta a Roma, a Campo de Fiori, la Manifestazione della Festa della Donna, durante la quale le donne italiane manifestarono per i loro diritti, tra cui la legalizzazione dell’aborto.

Successivamente, le Nazioni Unite, hanno proclamato il 1975 come Anno Internazionale delle Donne. E l’ 8 marzo di quell’anno i movimenti femministi di tutto il mondo hanno manifestato per l’uguaglianza tra uomo e donna.

Purtroppo questa ricorrenza nel tempo ha perso di spessore e valore. I diritti per cui per anni le donne di tutto il mondo hanno combattuto sono andati dimenticati dietro un’apparente emancipazione della figura femminile, purtroppo non confermata dalla realtà contestuale e dalla cronaca.

Non si possono dimenticare alcuni dati allarmanti; da gennaio ad ottobre 2018, in Italia, si sono consumati 70 femminicidi. Donne uccise per mano di chi diceva di amarle. Di cui 5 solo in Sicilia. Da gennaio a fine luglio 2018, 2.241 donne (tra italiane e straniere) hanno presentato denuncia per stupro. Sono 1 milione 404 mila le donne che lo scorso anno hanno subito molestie fisiche o ricatti sessuali sul posto di lavoro (dati Istat).

Per non parlare del divario salariale di genere: le donne guadagnano il 44% in meno rispetto ai loro colleghi maschi (Il Sole 24 Ore). E della disoccupazione femminile, delle penalizzazioni di carriera a seguito della maternità, della non corretta ripartizione tra uomo e donna degli impegni domestici e di accudimento dei figli.

La situazione della donna appare oggi più preoccupante, a tratti drammatica. L’ 8 marzo dovrebbe essere occasione di riflessione ed impegno per la rivalutazione della donna, poichè fino a quando le donne subiranno violenza, di ogni tipo e sino alla morte, non è possibile scorgere alcun festeggiamento.

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ACCETTA E SALVA
Diritto del lavoro

Lo Studio Legale Arcoleo assiste i propri clienti nei vari ambiti del diritto del lavoro, del diritto sindacale e della previdenza sociale, fornendo consulenza sia in ambito stragiudiziale che giudiziale e con riferimento all’istaurazione, allo svolgimento ed alla cessazione del rapporto di lavoro.

A tal fine, lo Studio si avvale di molteplici apporti specialistici (consulenti del lavoro, commercialisti) anche nelle questioni che investono discipline complementari, per garantire alla clientela un’assistenza ancora più completa grazie ad un miglior coordinamento tra le diverse professionalità.

Diritto penale di famiglia

L’Avv. Antonella Arcoleo coadiuvato  da altri professionisti come avvocati psicologi e mediatori è da sempre impegnato in prima linea per difendere e tutelare i diritti fondamentali della persona in caso di abusi o violenze e offre consulenza e assistenza legale.

Assistenza alle aziende

Lo Studio Legale Arcoleo vanta un’importante esperienza nell’assistenza alle imprese.

Alla base del successo di ogni azienda vi è la particolare attenzione per gli aspetti legali strettamente correlati al business che se correttamente e tempestivamente curati garantiscono alle imprese una sensibile riduzione del contenzioso.

Lo Studio Legale Arcoleo garantisce ai propri clienti attività di consulenza costante e continuativa anche a mezzo telefono e tramite collegamento da remoto.