L’aspetto fisico è irrilevante in caso di stupro. E non può essere preso in considerazione per stabilire se la vittima è credibile. Lo ha stabilito la Cassazione in una recente sentenza.
La Corte di Appello di Ancona ha assolto due ragazzi sudamericani, condannati in primo grado per violenza sessuale di gruppo nei confronti di una giovanissima peruviana. Nelle motivazioni i giudici avevano sottolineato che all’imputato principale “la ragazza neppure piaceva, tanto da averne registrato il numero di cellulare sul proprio telefonino con il nominativo ‘Vikingo'”.
La sentenza, che risale al novembre 2017, fece scalpore. Tanto che il Guardiasigilli Bonafede dispose un’ispezione.
Tutto da rifare! Infatti la Cassazione ha annullato la sentenza, rinviando tutto alla Corte di Appello di Perugia per un nuovo giudizio di secondo grado.
A detta della Suprema Corte, infatti, i giudici di secondo grado avrebbero deciso per l’assoluzione sulla base di una “incondizionata accettazione” delle dichiarazioni degli imputati. E non solo. Secondo gli Ermellini i fatti descritti dai ragazzi – che alluderebbero ad un rapporto consenziente – non sarebbero supportati da prove. Anzi, contro di loro un dato inconfutabile: la brutalità del rapporto sessuale. A seguito del quale la ragazza ha subìto un intervento e una trasfusione.
Ma i giudici di Piazza Cavour sono andati ancora oltre. E hanno “bacchettato” i giudici dell’appello per aver fondato le proprie motivazioni su elementi “irrilevanti quanto eccentrici”, come appunto l’aspetto fisico della vittima!