L’ adescamento di minorenne tramite social network finalizzato al rapporto sessuale, secondo la Cassazione, è una condotta subdola e grave. Quindi l’imputato non può godere delle attenuanti generiche e di quelle per minore gravità. (Cass. Pen. Sez. III, 14 febbraio 2018 n. 7006)
Il caso in oggetto è di quelli particolarmente odiosi. Un uomo invita una ragazzina infra quattordicenne a salire sulla sua auto. La bacia, le sfila pantaloni e slip e consuma con lei un rapporto sessuale completo.
L’uomo aveva conosciuto la minorenne su un noto social network. Aveva aperto un profilo falso e si era finto un ragazzo diciassettenne. A niente sono valse le dichiarazioni di un suo amico, che senza tentennamenti aveva raccontato ai Giudici che tra i due vi fosse del sentimento.
E difatti i giudici di primo e secondo grado hanno ritenuto l’uomo colpevole del reato di atti sessuali con minorenne (art. 609 quater c.p.). La condanna: quattro anni di reclusione, pene accessorie, spese processuali e risarcimento del danno.
La Corte d’Appello di Napoli, in particolare, ha spiegato che l’adescamento sui social, aveva fortemente influito sulla quantificazione della pena. Quella specifica modalità di adescamento appariva infatti particolarmente grave.
Quindi l’uomo è ricorso in Cassazione. Lamentando, tra l’altro, la mancata applicazione delle attenuanti per minore gravità e delle attenuanti generiche. La Suprema Corte, tuttavia, ha rigettato il ricorso.
E ha spiegato che l’attenuante per minore gravità del fatto si applica solo a seguito di una valutazione globale del fatto di reato. Valutazione che deve tenere conto anche dell’entità della compressione della libertà sessuale, delle condizioni fisiche e psicologiche della vittima e delle modalità dell’azione.
La Corte territoriale, a suo tempo già aveva confermato l’attendibilità della ragazza, sulla base di un certificato della psicologa. Dall’analisi psicologica emergeva la figura di una ragazza fragile, provata dalla recente separazione dei genitori che le aveva provocato un vuoto affettivo. La certificazione descriveva una ragazza desiderosa di apparire più matura agli occhi di quest’uomo, che esercitava su di lei una forte influenza.
L’ adescamento della minorenne tramite social network poi, a detta della Cassazione, dimostra una accentuata insidiosità della condotta. Infatti tale modalità di adescamento era finalizzato all’ottenimento di foto spinte prima, e ad instaurare una relazione di fiducia con la minorenne poi. Il tutto al solo fine di ottenere un rapporto sessuale completo.
Pertanto, considerato tutto questo, insieme all’estrema gravità del fatto, la Suprema Corte ha considerato correttamente effettuato il calcolo della pena, rigettando il ricorso dell’uomo.