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superiore interesse

Malattia mentale: può determinare automaticamente l’inidoneità genitoriale?

30 Dicembre 2022 Da Staff Lascia un commento

Malattia mentale: essere affetti da malattia mentale può automaticamente determinare una
inidoneità genitoriale tale da condurre alla dichiarazione di adottabilità del minore?
Ad affrontare tale quesito giuridico è la Suprema Corte di Cassazione che, con
sentenza n. 21992 del 12 luglio del 2022, mette in rilievo come l’adozione del minore
rappresenti una misura eccezionale a carattere residuale.
Ed in particolare, la Corte di Cassazione precisa come sia possibile ricorrere a tale
strumento solo ove sia riscontrato l’effettivo stato di abbandono a causa dell’assenza
di assistenza morale e materiale ex art 147 c.c. da parte dei genitori o di altri parenti tenuti a
provvedervi.

Il caso

Una bambina nasceva da una breve relazione intercorsa tra una signora ricoverata presso un centro di salute mentale ed un paziente psichiatrico della medesima struttura. Quest’ultimo, successivamente, non procedeva a riconoscere la figlia.
Il Tribunale per i Minorenni collocava la diade mamma/bambina all’interno di una
 comunità, disponendo al contempo che venissero monitorate le capacità genitoriali
della madre. Successivamente, veniva dichiarato dal Tribunale lo stato di adottabilità della minore a
causa delle condizioni di abbandono in cui versava la figlia per l’incapacità della madre di fornirle le adeguate cure materiali e psicologiche. Tale sentenza veniva impugnata dalla madre e dalla nonna materna, le quali ricorrevano in appello chiedendo la revoca dello stato di adottabilità e l’affidamento
della minore alla madre o, in subordine, alla nonna.

La Corte di Appello rigettava le doglianze delle predette adducendo la compromissione delle capacità cognitive della madre, non effettivamente sintonizzata con le esigenze della figlia. La Corte di Appello, al contempo, sottolineava l’incapacità della nonna materna di esercitare la funzione genitoriale in luogo della figlia a causa del rapporto conflittuale intercorrente tra madre e figlia, oltre che per i disturbi
psicologici di cui anch’ella era affetta.

La decisione della Suprema Corte

Avverso questa pronuncia, sia la madre che la nonna materna, proponevano due
distinti ricorsi per Cassazione a seguito dei quali veniva dalla Suprema Corte affrontava la questione che segue. Essere affetti da una determinata malattia mentale può automaticamente implicare una inidoneità genitoriale?
Ebbene, gli Ermellini rispondono di no a tale quesito accogliendo i motivi di impugnazione delle ricorrenti e rinviando alla Corte d’Appello.
A fondamento di tale decisione la Suprema Corte sottolinea come essere affetti da una malattia mentale non possa automaticamente determinare una inidoneità genitoriale tale da condurre alla dichiarazione dello stato di adottabilità del minore. In tal caso, infatti, è doveroso porre in essere un adeguato approfondimento delle capacità genitoriali del genitore di riferimento al fine di valutare che sia in grado di garantire alla prole una sana ed armoniosa crescita.
Ed ancora, deve verificarsi concretamente se lo stato di abbandono in cui versi in quel momento il minore sia definitivo o solo transitorio tenendo a mente che il primario diritto del minore, che gli deve essere garantito, è quello di crescere all’interno della propria famiglia d’origine.

Extrema ratio

Secondo la Suprema Corte, la possibilità che si giunga a dichiararne lo stato di adottabilità deve essere sempre considerata quale extrema ratio da applicarsi solo in caso di irreversibile venir meno delle capacità genitoriali dei genitori e dei relativi familiari (entro il quarto grado) eventualmente disponibili a prendersi cura del minore.
Di conseguenza, lo stato di adottabilità non può essere in ogni caso dichiarato in presenza dei suddetti presupposti, dovendo invece ravvisarsi evidenti carenze nelle
capacità genitoriali e criticità nella salute psicologica dei genitori, unitamente a comportamenti che determinino un effettivo pregiudizio nella crescita del minore.

Potrebbe anche interessarti: “In tema di affidamento, il criterio fondamentale è costituito dall’esclusivo interesse morale e materiale della prole”. Leggi qui. 

Archiviato in:I nostri articoli, Legge e Giurisprudenza Contrassegnato con: adottabilità, genitori, idoneità genitoriale, malattia, minore, minori, superiore interesse

In tema di affidamento, il criterio fondamentale è costituito dall’esclusivo interesse morale e materiale della prole

25 Novembre 2022 Da Staff Lascia un commento

In tema di affidamento, il criterio fondamentale è costituito dall’esclusivo interesse morale e materiale della prole.

A confermare il summenzionato principio di diritto è la Suprema Corte di Cassazione con ordinanza n. 21425 del 6 luglio 2022.

Il caso

Una coppia, dopo un periodo di frequentazione, intraprendeva una convivenza e dalla loro relazione sentimentale nascevano due figlie. 

La madre, qualche anno dopo e senza il consenso del padre, si trasferiva con le figlie minori presso l’abitazione dei propri genitori a circa 70 km di distanza dalla casa familiare.

Il Tribunale territorialmente competente, adito dal padre, disponeva a causa di tale condotta, l’affido esclusivo delle figlie minori in favore di quest’ultimo con collocamento prevalente presso la di lui casa familiare. Il Tribunale incaricava, inoltre, i Servizi Sociali di monitorare il nucleo familiare.

La madre impugnava innanzi alla Corte d’Appello territorialmente competente il suddetto provvedimento di primo grado ma i giudici di secondo grado respingevano il reclamo dalla stessa proposto. Ciò in quanto i giudici sostenevano che lo stato di sofferenza morale e psicologico di cui era affetta la madre delle minori non poteva giustificare una scelta talmente grave ed arbitraria come quella di sradicare le figlie dal consueto ambiente familiare, amicale e scolastico, senza il consenso dell’altro genitore.

La Corte d’Appello affermava che la decisione della madre di allontanarsi con le bambine dalla casa familiare, senza il consenso paterno, era tale da giustificare il provvedimento estremo di affidamento esclusivo delle minori al padre. Veniva, pertanto, confermato l’affidamento esclusivo delle figlie al padre in quanto ritenuto un genitore maggiormente idoneo, in grado di occuparsi delle minori e supportato in tal senso da una adeguata rete familiare. 

La decisione della Corte di Cassazione

La madre proponeva, quindi, ricorso per Cassazione lamentando che la decisione di cui sopra non fosse stata supportata da alcuna approfondita indagine in merito alla idoneità genitoriale della madre ed in merito ad eventuali traumi che le minori avrebbero potuto subire a causa dell’allontanamento dalla figura materna. 

La Corte di Cassazione, con la summenzionata ordinanza, analizza quali verifiche il giudice deve necessariamente compiere prima di adottare la decisione di affidare i figli in via esclusiva ad uno solo dei genitori. 

Ebbene, gli Ermellini accolgono il ricorso presentato dalla madre e rinviano la causa alla Corte d’Appello territorialmente competente in diversa composizione per una concreta riesamina del nucleo familiare di cui in oggetto. 

Ciò in quanto i giudici di secondo grado, nel disporre l’affidamento esclusivo delle figlie al padre, non hanno valutato adeguatamente le capacità genitoriali della madre. 

Ed infatti, nell’interesse superiore dei minori, deve sempre essere assicurato il rispetto del principio della bigenitorialità, da intendersi quale presenza comune dei genitori nella vita del figlio. Trattasi, del resto, di un diritto del minore prima ancora che dei genitori. 

Ogni decisione che si ponga il problema di privilegiare l’interesse del minore in prospettiva futura deve essere presa a seguito di un difficilissimo bilanciamento di interessi al fine di evitare di produrre al minore una sofferenza immediata qualora sia invece altamente probabile che in futuro la scelta opposta non causerebbe allo stesso un danno elevato, tale da lasciare strascichi traumatici.  

Nessuna valutazione in tal senso era stata operata dai giudici di secondo grado non essendo stata in alcun modo dimostrata la presunta inidoneità della madre che non può essere considerata tale solo per effetto della scelta sopra posta in essere.

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Archiviato in:I nostri articoli, Legge e Giurisprudenza Contrassegnato con: affidamento condiviso, affidamento esclusivo, divorzio, figli minori, minorenne, separazione, superiore interesse

Affidamento super esclusivo: può il genitore affidatario prendere tutte le decisioni che riguardano i minori senza consultare l’altro genitore?

12 Marzo 2021 Da Staff Lascia un commento

In tema di affidamento esclusivo dei figli minori, è legittimo il provvedimento con cui si dispone che il genitore non affidatario non contribuisca in alcun modo a prendere le decisioni di maggiore interesse riguardanti la vita dei figli?

Il caso

Una madre adisce la Corte di Cassazione contestando il provvedimento con cui la Corte di Appello territoriale, pur disponendo che la stessa non decadesse dall’esercizio della responsabilità genitoriale, ha disposto un affidamento “super esclusivo o rafforzato” nei confronti del padre.

Questione giuridica

La questione giuridica alla base del provvedimento assunto dalla Corte territoriale e sottoposta all’attenzione della Corte di Cassazione è la seguente: può il genitore cui non siano affidati i figli in via esclusiva e che non sia decaduto dall’esercizio della responsabilità genitoriale essere escluso anche dall’assunzione delle decisioni di maggiore interesse per i figli?

Normativa di riferimento

La norma di riferimento in materia di affidamento ad un solo genitore è l’art. 337 quater c.c. Tale norma stabilisce che “il giudice può disporre l’affidamento dei figli ad uno solo dei genitori qualora ritenga con provvedimento motivato che l’affidamento all’altro sia contrario all’interesse del minore”.

La norma delinea una soluzione eccezionale, consentita solo in caso di manifesta carenza o inidoneità educativa di uno dei genitori. Ciononostante, il regime di affidamento esclusivo generalmente lascia in capo al genitore non affidatario la possibilità di adottare, insieme all’altro, le decisioni di maggiore importanza per i figli.

È quindi possibile disporre che il genitore non affidatario sia escluso dall’assunzione delle decisioni di maggiore interesse che li riguardano?

Decisione della Suprema Corte

La Corte di Cassazione (Cass. Civ. Ord. n. 29999/2020) ha ribadito un principio consolidato in giurisprudenza.  Tale  principio conferma quanto disposto dall’ultimo comma dell’art. 337 quater c.c. secondo cui il giudice, nel disporre l’affidamento esclusivo ad un solo genitore, può modulare l’istituto dell’affido secondo la modalità che caso per caso si riveli più pertinente.

Ne consegue che il regime di affidamento esclusivo può anche essere ulteriormente inasprito nella forma dell’affidamento esclusivo rafforzato ( affidamento super esclusivo).  Ciò di fatto impedisce al genitore non affidatario di contribuire all’assunzione delle decisioni di maggiore interesse per i figli.

Un tale regime maggiormente rigoroso può chiaramente essere disposto solo qualora vi siano delle gravi ragioni che lo giustificano. Ad esempio nel caso in cui uno dei due genitori non sia in grado di provvedere ai bisogni affettivi e relazionali dei figli; e ciò anche quando tale genitore non sia decaduto dall’esercizio della responsabilità genitoriale.

Potrebbe anche interessarti: “Affidamento minori: i figli dodicenni o con capacità di discernimento  hanno diritti di essere ascoltati a pena di nullità”. Leggi qui.

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