In una recente sentenza, la Cassazione affronta il tema del diritto alla bigenitorialità, chiedendosi se questo sia un diritto da preservare a tutti i costi o se sia necessario porre delle condizioni.
Con pronuncia n. 9143/2020, i Giudici di legittimità statuiscono il principio secondo il quale il giudizio di previsione da compiere sui genitori in ordine alla capacità degli stessi di crescere ed educare il figlio, non può prescindere dal rispetto e dalla tutela alla bigenitorialità. Ciò significa che, pur dovendosi tenere conto del modo in cui i genitori svolgono il proprio ruolo, prestano la propria educazione, attenzione e disponibilità al figlio, non può trascurarsi l’esigenza di assicurare una comune presenza dei genitori nell’ esistenza del figlio.
Il diritto alla bigenitorialità è in grado di garantire al figlio una stabile consuetudine di vita e salde relazioni affettive con entrambi. Consente poi a questi di adempiere al comune dovere di cooperare nell’ assistenza, educazione ed istruzione del minore.
Il caso
Un uomo depositava avanti al Tribunale per i minorenni di Lecce ricorso ex art. 333 c.c. al fine di ottenere la riorganizzazione delle competenze genitoriali. Chiedeva altresì l’esclusione della madre dall’esercizio della responsabilità genitoriale sul figlio. Questa, secondo il ricorrente, aveva poste in essere condotte ostacolanti per il padre. Sentita in sede di giudizio, la donna asseriva che il figlio rifiutava il padre a causa dei numerosi episodi di violenza a cui questo aveva assistito.
Con decreto dell’11 luglio 2019 il Tribunale per i minorenni di Lecce, sulla scorta di un’elevata conflittualità dei genitori, disponeva il collocamento del padre e del figlio presso un’idonea comunità educativa.
Lo stesso provvedimento, a seguito di reclamo da parte della madre, veniva poi confermato dalla Corte d’Appello di Lecce. Per confermare la precedente decisione, il Collegio aveva tenuto conto del persistente rifiuto del minore ad incontrare il padre nonché di un continuo condizionamento sia da parte delle figure parentali che della madre. Per tali ragioni riteneva opportuno che il minore e il padre affermassero la loro relazione. Affermava, inoltre, che non avevano alcun rilievo i comportamenti penalmente illeciti rilevati dalla donna non esistendo alcun accertamento giudiziario in merito.
Avverso la decisione della Corte d’Appello, la madre proponeva ricorso per Cassazione.
La questione giuridica
La questione affrontata dai Giudici di merito attiene al tema della tutela al diritto alla bigenitorialità, ossia della necessaria compresenza dei genitori nella vita dei figli. Ma sino a che punto tale diritto deve essere garantito?
Il ragionamento della Corte di Cassazione
Con la pronuncia in esame, la Corte di Cassazione riporta alcuni dei principi fondamentali in tema di provvedimenti riguardanti i figli. Gli Ermellini ritengono corretto il diritto del minore ad un costante e proficuo rapporto con ambedue le figure genitoriali. Nel caso di specie questo era stato limitato dall’atteggiamento ostativo della madre che, a sua volta, aveva generato nel figlio un senso di rifiuto verso il genitore non convivente.
E’ compito del Giudice adottare il provvedimento che ponga al centro dell’attenzione il minore assicurando a questo un costante e proficuo rapporto con entrambi i genitori. Ciò si traduce nel diritto del minore ad un equo e sereno rapporto con il padre e con la madre. Ciò, nonostante i genitori siano coinvolti in procedimenti penali o in qualsivoglia doglianza di altra natura. Il principio cardine è quello del best interest of child inteso proprio come primazia degli interessi e dei diritti del minore.
La soluzione
Nel caso di specie gli Ermellini hanno ritenuto infondate le accuse della madre confermando di fatto la decisione dei Giudici di merito. In particolare, la Corte di Cassazione ha sottolineato che i Giudici territoriali, in linea di principio, abbiano adeguatamente considerato i bisogni del minore. Alla luce di ciò, tuttavia, la decisione degli Ermellini nel caso in esame sembrerebbe lasciare sullo sfondo l’interesse del minore dinanzi alla bigenitorialità. Ed invero, la decisione adottata non ha considerato il potenziale trauma nel bambino privato delle proprie abitudini di vita.
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