Ad avviso della Corte di Cassazione, anche in caso di matrimonio “bianco” è ammissibile il riconoscimento dell’assegno di divorzio. Ciò qualora tra i due ex coniugi sussista un rilevante divario economico. Facendo leva sulla finalità assistenziale che caratterizza tale contributo, la Suprema Corte, con ordinanza n. 21818 del 2021, ha affermato che non rilevano, ai fini della concessione dell’assegno, né la durata né la mancata consumazione del matrimonio.
Il caso
Un uomo adiva il Tribunale territorialmente competente al fine di chiedere la separazione dalla moglie. Ciò dopo 12 anni di vita insieme a causa del venir meno della comunione spirituale ed attesa l’intollerabilità della convivenza.
La moglie, dal canto suo, si costituiva in giudizio proponendo domanda riconvenzionale volta ad ottenere la cessazione degli effetti civili del matrimonio a causa della mancata consumazione dello stesso ai sensi della L. n. 8989 del 1970, art. 3, n. 2, lett. f).
La moglie chiedeva, inoltre, la corresponsione di un assegno divorzile pari ad € 2500,00 mensili.
Il Tribunale, preliminarmente, pronunciava la cessazione degli effetti civili del matrimonio. Secondo poi, pur accogliendole, riduceva le pretese economiche della moglie fissando l’assegno divorzile in € 1250,00 mensili.
L’uomo impugnava la sentenza innanzi alla Corte di Appello la quale rigettava il gravame confermando la sentenza di primo grado.
Avverso tale pronuncia, l’uomo proponeva ricorso per Cassazione adducendo che la mancata consumazione del matrimonio rappresentasse una condizione tale da non giustificare la corresponsione dell’assegno divorzile.
La decisione della Suprema Corte
La Corte di Cassazione rigettava il ricorso presentato dall’uomo. Ed in particolare gli ermellini ritenevano che la mancata consumazione del matrimonio non influisca in alcun modo sul riconoscimento dell’assegno di divorzio in favore dell’ex coniuge. La decisione si fonda sulla natura assistenziale, nonché perequativa- compensativa dell’assegno, in ossequio al rispetto del principio di solidarietà sancito dall’art. 2 Cost.
Secondo gli Ermellini, infatti, qualora uno dei due coniugi sia economicamente più debole, a quest’ultimo va riconosciuto un assegno. Tale assegno deve far conseguire un livello reddituale che tenga conto del contributo dallo stesso fornito nel corso della vita familiare e delle aspettative professionali che ha sacrificato durante gli anni di matrimonio.
Funzione dell’assegno di divorzio
Tale sostegno economico non è volto a ricostruire il medesimo tenore di vita goduto in costanza di matrimonio: bensì al riconoscimento del ruolo di coniuge, oltre che del contributo da questo fornito nella formazione del patrimonio familiare e di quello personale dell’ex coniuge.
La Suprema Corte ha, pertanto, precisato come sia necessario tenere conto dell’apporto economico che il coniuge economicamente più debole ha apportato nella crescita familiare, anche economica. Ed in particolare, nel caso concreto si è tenuto conto del contributo dato dalla moglie all’andamento della famiglia mediante lo svolgimento del lavoro di insegnante.
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