Se il giudice di merito accerta l’indipendenza economica degli ex coniugi, può ritenere insussistenti i presupposti per il riconoscimento dell’assegno di mantenimento. Il giudicante può, inoltre, rigettare la richiesta istruttoria della parte volta a richiedere indagini tramite la polizia tributaria e la verifica di eventuali redditi non dichiarati.
A stabilire il superiore principio di diritto la Cassazione con la recente ordinanza n. 31836 del 4 novembre 2021.
Il caso
Una donna adiva il Tribunale di Prato al fine di chiedere ed ottenere in capo all’ex coniuge l’assegno di mantenimento. Il Tribunale adito, però, rigettava la richiesta non ritenendo sussistenti nel caso di specie i requisiti per ottenere l’assegno di mantenimento.
La donna, insoddisfatta, decideva di ricorrere in appello. I giudici di secondo grado, tuttavia, rigettavano il gravame ritenendo corretta la decisione del giudice di prime cure. Ed in particolare, sottolineava la Corte che entrambe le parti ritenendo erano titolari di redditi da lavoro con una discrepanza minima tra di loro. Godevano quindi di indipendenza economica. Peraltro entrambi erano proprietari delle abitazioni in cui vivevano. Ma non solo. Non era neppure stata fornita prova che l’ex marito svolgesse attività lavorativa “in nero”.
La donna ricorreva in Cassazione
La questione giuridica sottoposta all’attenzione degli Ermellini era la seguente: ai fini della determinazione dell’assegno divorzile, rileva la differenza reddituale tra gli ex coniugi? Il Giudice può evitare di disporre indagini tramite la polizia tributaria per accertare eventuali redditi “in nero” se entrambi gli ex coniugi godono di indipendenza economica?
La decisione della Suprema Corte
Gli Ermellini dichiaravano inammissibile il ricorso e condannavano la ricorrente alla refusione delle spese del gravame.
Ed in particolare la donna, anche avanti ai giudici di legittimità, lamentava la mancata considerazione della sperequazione reddituale e patrimoniale nonché la mancata valutazione delle disponibilità finanziare di Tizio derivanti da attività “in nero”.
La Corte di Cassazione rilevava come tutte le circostanze oggetto di ricorso erano già state valutate dai giudici di merito, motivo per cui non era possibile procedere ad una rivisitazione delle stesse con conseguente inammissibilità
del motivo.
Sottolineavano gli ermellini che i giudici di merito avevano analiticamente verificato le condizioni reddituali delle parti arrivando a confutare anche gli elementi che avrebbero indicato i maggiori redditi dell’uomo.
Era accertata, altresì, l’indipendenza economica della ricorrente la quale era anche proprietaria dell’abitazione in cui viveva.
Peraltro in sede istruttoria era emerso che nessuno degli ex coniugi aveva contribuito alla formazione del patrimonio dell’altro.
Funzione assistenziale, perequativa-compensativa dell’assegno di divorzio
Pertanto, considerato che la funzione dell’assegno divorzile è assistenziale, perequativo-compensativa, esso non è dovuto tutte le volte nelle quali viene in luce l’indipendenza economica del richiedente.
Inammissibile la richiesta di indagine mediante polizia tributaria
Anche la valutazione della doglianza dell’ex coniuge relativa al mancato espletamento di indagini su Tizio
tramite la polizia tributaria veniva dichiarata inammissibile. Ciò in considerazione del principio secondo il quale «il giudice del merito, ove ritenga “aliunde” raggiunta la prova dell’insussistenza dei presupposti che condizionano il
riconoscimento dell’assegno di divorzio, può direttamente procedere al rigetto della relativa istanza, anche
senza aver prima disposto accertamenti d’ufficio tramite la polizia tributaria» (v. Cass. civ. n 8744/2019;
Cass. civ. n. 14336/2013).
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