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tenore di vita

L’assegno di divorzio deve essere versato anche se la moglie raddoppia il proprio reddito

14 Febbraio 2020 Da Staff Lascia un commento

La Cassazione ha recentemente stabilito l’obbligo del marito di versare l’assegno di divorzio anche se l’ex moglie raddoppia il proprio reddito o riceve cospicua eredità. (Cass. civ., sez. I, il 20 gennaio 2020, n. 1119).

Il caso

Nel 2014 il Tribunale di Roma rigettava l’istanza con la quale un uomo, ai sensi dell’art. 9 legge n. 898/1970, chiedeva sia di essere assolto dall’obbligo di versare l’assegno divorzile alla ex moglie che di avere ridotto l’assegno di mantenimento da versare alla figlia.

La richiesta veniva rigettata sia in primo grado che dinanzi la Corte di Appello. 

Nel 2019, l’uomo adiva la Suprema Corte di Cassazione che decideva di trattare la causa in pubblica udienza, dato il rilievo della questione e le importanti riflessioni che la causa anche oggi suscita.

Nei motivi di impugnazione l’uomo adduceva le nuove condizioni economiche della moglie che, suo dire, rendevano non più necessario il versamento dell’assegno di divorzio.  La donna infatti, ricevendo una ingente somma in eredità, avrebbe migliorato in modo significativo la propria posizione economica e quasi raddoppiato il proprio reddito.

La decisione degli Ermellini

Prima di giungere ad una decisione, i Supremi Giudici di legittimità fanno una doverosa premessa sottolineando il valore da attribuire all’assegno di mantenimento.  

La Corte sottolinea  il carattere assistenziale, compensativo e perequativo dell’assegno di divorzio.

Ebbene, nel 2018 le Sezioni Unite, hanno affermato che all’ assegno di divorzio deve attribuirsi la triplice  funzione sopra indicata. Il giudice quando quantifica un assegno di divorzio deve, pertanto, tenere conto: delle rispettive condizioni economico-patrimoniali dei coniugi;  della durata del matrimonio; delle potenzialità reddituali future e dell’età dell’avente diritto.

I principi che si pongono alla base della decisione sono di certo rinvenibili nella pari dignità riconosciuta ai genitori nonché al vincolo di solidarietà che persiste tra loro nonostante lo scioglimento del vincolo.

Quindi, in sede di revisione dell’assegno, il giudice non procede ad autonoma e nuova valutazione dei presupposti. Il decidente piuttosto deve limitarsi a verificare in che modo le circostanza sopravvenute e provate dalle parti abbiano alterato gli equilibri dei coniugi e verificare l’impatto  sulla situazione economico- reddituale.

Il giudice potrà rivedere le precedenti decisioni solo se i nuovi equilibri sono significativi. Al contrario, se i nuovi motivi, alla base del ricorso, non si ritengono sopravvenuti e non assumono carattere significativo non verranno considerati ai fini di una modifica dell’assegno di divorzio.

Nel caso di specie, sottoposto all’attenzione dei Giudici di legittimità, la Corte dichiarava inammissibile il ricorso dell’uomo. Gli Ermellini ritenevano insignificanti le sopravvenute circostanze a fondamento delle richieste.

Potrebbe anche interessarti “Tenore di vita: i figli hanno diritto al tenore di vita goduto prima del divorzio dei genitori”, leggi qui. 

 

 

 

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Tenore di vita: i figli hanno diritto al tenore di vita goduto prima del divorzio dei genitori

11 Febbraio 2020 Da Staff Lascia un commento

I figli hanno diritto al tenore di vita goduto prima del divorzio. In particolare “l’assegno di mantenimento del figlio deve essere parametrato sulle effettive ed attuali esigenze dello stesso alla luce delle condizioni economiche dei genitori e del tenore di vita della famiglia in costanza di matrimonio“(Cass. civ. , sez. VI, del 23.01.2020, n. 1562).

Il caso

Una donna adiva il Tribunale competente affinché pronunciasse il divorzio dal marito, ai sensi della legge 898/1970. Con la donna viveva il figlio, come da separazione,  e in giudizio sorgeva controversia unicamente per l’aspetto economico. In particolare la predetta chiedeva un congruo assegno di mantenimento a carico del marito e a favore del figlio, da poco divenuto maggiorenne ma, economicamente non autosufficiente.

La decisione del Tribunale prima e della Corte di Appello poi

Il Tribunale decideva che l’ammontare del mantenimento a favore del figlio dovesse essere individuato nella misura di € 900,00 mensili oltre al 50 % delle spese straordinarie. 

La donna, ritenendo insufficiente la somma, ricorreva in appello. La Corte di Appello adita rivalutava  i redditi degli ex coniugi e del loro presumibile tenore di vita. Sottolineava, peraltro, la disparità reddituale dei genitori a favore dell’uomo;  evidenziava, altresì, che il ragazzo trascorreva più tempo presso la madre  e che le esigenze di vita di quest’ultimo erano aumentate. Alla luce di questa nuova valutazione, pertanto, aumentava ad € 1100,00 la somma dovuta dal padre per il mantenimento del figlio oltre al 70% delle spese straordinarie.

La donna ricorreva in Cassazione

La donna, ritenendo non commisurata alle reali capacità dell’ex marito la somma stabilita dai giudici di merito, nonché non rispondente al tenore di vita, ricorreva ai giudici di legittimità. L’uomo, a sua volta, presentava controricorso.

La decisione degli Ermellini

La Corte di Cassazione adita riteneva che la Corte di Appello avesse correttamente quantificato l’assegno di mantenimento. Per tali ragioni rigettava il ricorso della donna.

In particolare gli ermellini affermavano che “l’assegno di mantenimento del figlio deve essere parametrato sulle effettive ed attuali esigenze dello stesso alla luce delle condizioni economiche dei genitori e del tenore di vita della famiglia in costanza di matrimonio”. 

Per la Suprema Corte quindi, i giudici di merito avevano attentamente valutato la situazione di fatto e conseguentemente inammissibile doveva ritenersi il ricorso presentato dalla donna.

Potrebbe anche interessarti “Assegno di mantenimento per i figli: come si calcola?”, leggi qui. 

 

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Aspettando Godot: l’attesa è finita, l’assegno di divorzio ha funzione assistenziale, compensativa e perequativa. (S.U. 18287/2018)

24 Luglio 2018 Da Studio Legale Arcoleo Lascia un commento

Assegno di divorzio: per la sua quantificazione, a gran sorpresa, ritorna il criterio del tenore di vita. Ma non solo: l’assegno sarà  calcolato anche in base al contributo dato in costanza di matrimonio – da chi lo richiede – alla formazione del patrimonio comune e personale, considerando anche la sua eventuale capacità futura di mantenersi autonomamente o di reinserirsi nel mondo del lavoro, alla durata del matrimonio e all’età di chi richiede l’assegno. Verranno quindi riconosciuti e considerati quei “sacrifici” in termini di carriera e crescita economica fatti da uno dei due coniugi, in accordo con l’altro,al fine di dedicarsi alla famiglia; scelte che inevitabilmente si ripercuotono sulla condizione economica di ciascun coniuge quando l’unione finisce. 

La recentissima sentenza delle Sezioni Unite, (n.18287, 11 luglio 2018)  rivoluziona l’interpretazione dei criteri previsti dal legislatore per il riconoscimento in favore di uno dei coniugi dell’assegno di divorzio, adottando un’ottica che si discosta sia da quella con cui nel maggio  2017 la Prima Sezione civile (17 maggio 2017 n. 11504) aveva deciso di superare il “diritto vivente”, sia dall’orientamento tradizionale da cui appunto la Corte, pur decidendo all’interno della sola sezione, aveva deciso di discostarsi. [Leggi di più…] infoAspettando Godot: l’attesa è finita, l’assegno di divorzio ha funzione assistenziale, compensativa e perequativa. (S.U. 18287/2018)

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