Infedeltà del coniuge: la sopportazione dell’infedeltà del coniuge non esclude l’addebito della separazione.
Secondo la Suprema Corte di Cassazione, l’atteggiamento di tolleranza del marito nei
confronti della moglie non è sufficiente a giustificare il rigetto della domanda di
addebito della separazione.
A stabilire il summenzionato principio di diritto è la Corte di Cassazione, con
ordinanza n. 25966 del 2 settembre 2022.
Il caso
Nell’ambito di un travagliato procedimento per separazione di un noto imprenditore
italiano, quest’ultimo adiva la Corte di Cassazione censurando la sentenza emessa
dalla Corte d’Appello di merito nella parte in cui rigettava la domanda di addebito
della separazione dallo stesso proposta nei confronti della moglie.
Ed in particolare, il ricorrente sosteneva come la tolleranza, dallo stesso manifestata,
nei confronti di precedenti relazioni extraconiugali avute dalla moglie nel corso del
matrimonio non impedisse di lamentarsi di ulteriori relazioni extraconiugali successive.
Ciò, soprattutto, quando, come nel caso in esame, le stesse siano risultate numerose
e continuate.
La decisione della Corte di Cassazione
Ebbene, i giudici di legittimità ritengono fondata la censura mossa dal ricorrente.
Ed in particolare, ad avviso degli Ermellini, l’accettazione da parte del ricorrente di
comportamenti lesivi del dovere di fedeltà tenuti dalla moglie anni prima della
proposizione della domanda di separazione non può escludere di far valere, quale
causa di addebito, analoghi comportamenti tenuti successivamente dalla donna.
In tema di separazione personale dei coniugi, la giurisprudenza sostiene che la
dichiarazione di addebito implica la prova che l’irreversibile crisi coniugale sia da
ricondurre in via esclusiva al comportamento, tenuto da uno dei coniugi, che sia
consapevolmente e volontariamente contrario ai doveri nascenti del matrimonio.
Tale principio è, peraltro, applicabile anche all’inosservanza dell’obbligo di fedeltà
coniugale, ritenuta sufficiente a giustificare l’addebito della separazione al coniuge
responsabile.
Alla stregua di tali pacifici assunti, la Corte di Cassazione afferma che la tolleranza
manifestata dal ricorrente nei confronti della relazione extraconiugale intrapresa dalla
moglie alcuni anni prima della proposizione della domanda di separazione non
esclude la possibilità di fare valere, quale causa di addebito, analoghi comportamenti
tenuti successivamente dalla donna.
Ciò in quanto, a tale ultimo fine, occorre prendere in esame la successiva evoluzione
del rapporto coniugale accertando se si siano verificate nuove violazioni del dovere di
fedeltà e quale sia stata la reazione dell’altro coniuge.
Ed in particolare, ciò che è necessario verificare è se a seguito della cessazione della
predetta relazione la vita coniugale sia ripresa regolarmente, senza ulteriori violazioni
del dovere di fedeltà, oppure se la donna abbia intrapreso altre relazioni
extraconiugali senza che il marito vi desse importanza.
Solo ed esclusivamente in tali ipotesi, secondo gli Ermellini, si sarebbe potuto
concludere che non erano state le iniziali infedeltà ad impedire la prosecuzione della
convivenza, divenuta intollerabile per altre ragioni, che avevano fatto venir meno
l’affectio coniugalis.
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