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titolarità assegno divorzile

Assegno di divorzio più alto se il coniuge rinuncia agli studi per la prole

10 Dicembre 2019 Da Staff Lascia un commento

L’assegno di divorzio per la moglie è più alto se l’ex coniuge è obbligata a rinunciare a studiare per stare con i figli (Cass. civ. n. 31359/2019).

Il caso

Una donna ricorre in Cassazione lamentando la mancata valutazione, da parte della Corte di Appello, della diversa situazione economica delle parti. Ma soprattutto che la stessa abbia dovuto rinunciare agli studi universitari per occuparsi della figlia minore.

In particolare la Corte di Appello ha stabilito in € 1000,00 la somma che l’uomo deve versare alla donna a titolo di assegno di divorzio. A fronte di tale mantenimento la donna ricorre in Cassazione non ritenendo equo l’ammontare stabilito dalla Corte di merito. 

A riguardo sono 5 i motivi fondanti il ricorso in Cassazione proposto dalla donna: 1) violazione dell’art. 5 della legge 898/1970 per non aver tenuto conto la Corte della disparità economica tra le parti e per non aver tenuto in debita considerazione l’avere rinunciato agli studi per la figlia. 2) Mancato esame delle diverse situazioni economiche delle parti. 3) Violazione degli artt. 2909 c.c., 112 e 329 c.p.c. per essere stato l’assegno di divorzio oggetto di accertamento, senza che vi fosse stata contestazione del marito. 4) Mancata valutazione del tenore di vita condotto durante il matrimonio. 5) Violazione degli artt. 2909 c.c., 112 e 329 c.p.c. per essere stata fissata la decorrenza dell’assegno dallo scioglimento del matrimonio.

La Corte di Cassazione accoglie il ricorso

Gli ermellini accolgono i primi due motivi del ricorso. Gli altri motivi vengono assorbiti nei primi e rinviano, nuovamente, alla Corte di Appello. Ebbene, quest’ultima dovrà provvedere all’accertamento omesso e comparare i redditi dei due ex coniugi.

Nello specifico la Corte di Cassazione ha ravvisato che il giudice di merito non ha accuratamente  esaminato le rispettive situazioni economiche delle parti. Conseguentemente ha violato un importante principio sancito dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 18287/2018. Tale sentenza, si ricorda, riconosce all’assegno di divorzio una funzione assistenziale e perequativa. Pertanto relativamente alla richiesta di assegno di divorzio “il giudizio deve essere espresso, in particolare, alla luce di una valutazione comparativa delle condizioni economico-patrimoniali delle parti;  in considerazione del contributo fornito dal richiedente alla conduzione della vita familiare ed alla formazione del patrimonio comune, nonché di quello personale di ciascuno degli ex coniugi, in relazione alla durata del matrimonio e dell’età dell’avente diritto”.

Ad ogni modo, quindi, sono numerose le variabili che il giudice adito deve valutare. Innanzitutto deve verificare se sussistono le condizioni affinché il coniuge più debole possa beneficiare dell’assegno. Fatto ciò, comparando le situazioni economiche e valutando tutti gli altri parametri sopra indicati, dovrà quantificare l’assegno. 

Come si quantifica l’assegno di divorzio

Ebbene, a volte, la quantificazione non è affatto semplice. Infatti il giudice deve valutare attentamente non solo la situazione economica di entrambi. Ma anche l’apporto dato alla famiglia e i sacrifici fatti per la stessa. Nel caso de quo la Corte di Appello dovrà valutare le rinunce che la ex moglie ha fatto e deve fare per poter mantenere la figlia minore. In questo caso la donna ha dovuto rinunciare a laurearsi.  Sacrificio che,probabilmente, non sarebbe stato necessario qualora il matrimonio non fosse naufragato. Pertanto alla donna spetterà un giusto ristoro, in termini di assegno di divorzio, commisurato con la decisione assunta.

Può anche interessarti “La durata del matrimonio incide sull’importo del mantenimento”, leggi qui.

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Niente pensione di reversibilità se manca l’assegno divorzile

6 Maggio 2019 Da Studio Legale Arcoleo Lascia un commento

La pensione di reversibilità spetta all’ex moglie solo se questa è titolare dell’assegno divorzile. Con la pronuncia in oggetto la Cassazione ci ricorda i requisiti precisi per poterla ottenere (Cass.Civ. Sez. Lav. ord. n. 11129/2019)

A seguito della morte del suo ex marito una donna si rivolge al Tribunale poichè l’ENPAM le aveva negato la pensione di reversibilità del defunto.

La signora, in sede di separazione, aveva ottenuto, oltre all’assegno di mantenimento per i tre figli, anche quello per lei. In sede di divorzio, però, i giudici avevano confermato solo il contributo per i figli.

Ciononostante la donna era assolutamente convinta che fosse rimasto valido il contenuto della sentenza di separazione per quanto riguardava l’assegno in suo favore!

Dello stesso avviso però non sono stati nè il Tribunale nè la Corte d’Appello. La donna non si è data per vinta, e ha deciso di fare ricorso in Cassazione.

Ma la Suprema Corte ha confermato quanto già stabilito nei primi due gradi di giudizio. Alla donna non spetta la pensione di reversibilità dell’ex.

Gli Ermellini hanno quindi ricordato quali sono i requisiti per poterla ottenere. L’articolo 9 della legge sul divorzio infatti chiarisce che la pensione di reversibilità spetta al coniuge superstite divorziato solo se questi è titolare dell’assegno divorzile.

Ciò vuol dire che presupposto necessario è dunque una sentenza che non solo sancisca il divorzio, ma che riconosca al coniuge richiedente la pensione l’assegno di divorzio. E’ sufficiente anche che l’assegno divorzile sia previsto in sede di sentenza di revisione. Ma vi deve essere una previsione esplicita, e che scaturisca da relativa domanda.

Dunque, solo il titolare effettivo dell’assegno di divorzio può richiedere la pensione di reversibilità dell’ex (o quota di essa). Ciò vuol dire che non è sufficiente avere solo i requisiti per ottenere l’assegno di mantenimento.

Inoltre il coniuge richiedente, per poter chiedere la pensione di reversibilità dell’ex, non deve essere convolato a nuove nozze.

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