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interesse del minore

Curatore speciale: quando il conflitto tra i genitori è in contrasto con l’interesse del minore.

20 Settembre 2019 Da Staff Lascia un commento

Il curatore speciale è quella figura individuata dall’art. 78 c.p.c. e di cui il Giudice può avvalersi per sedare il conflitto tra i genitori nell’interesse dei figli. Innovativa in tal senso appare la decisione adottata da un Giudice milanese, il quale preso atto dell’incapacità dei genitori di comunicare nominava un curatore speciale ai figli della coppia

Il fatto

Due genitori separati, in fase di divorzio, manifestavano entrambi l’impossibilità di dialogare nell’interesse dei figli di anni 14 e 11. Questi ultimi, affetti da ritardo cognitivo, vivevano entrambi con la madre. Il padre, invece, viveva in Cina e chiedeva che gli fosse riconosciuto l’affidamento esclusivo.

Disposta la CTU, evidenziava l’incapacità genitoriale di entrambe le figure genitoriali, nonostante il legame affettivo fosse molto forte.

Quindi, il Tribunale milanese, attesa la situazione, concludeva per la limitazione di responsabilità genitoriale di entrambi i genitori. Pertanto nominava un curatore speciale ai minori per le decisioni relative alla salute, educazione ed istruzione.

Strumenti a disposizione del Giudice per fronteggiare le relazioni familiari compromesse

Il Giudice può avvalersi di strumenti messi a disposizione dall’ordinamento per risolvere relazioni familiari compromesse. La finalità di tali strumenti è quella di tutelare lo sviluppo psico fisico dei minori che diventano oggetto del contendere. Ma quali sono questi strumenti?

Sono diversi gli interventi che il Giudice può attuare, quale l’affidamento del minore ai Servizi Sociali del Comune di appartenenza o l’attivazione del consultorio familiare. Il Giudice può, in caso di conflitto tra i genitori che si ripercuote negativamente sui minori, nominare un curatore speciale. In particolare, quando i genitori mostrano di non essere in grado di comprendere i bisogni dei figli, tale nomina sembra inevitabile.

La nomina può, peraltro, avvenire di ufficio , e quindi pur in mancanza di una domanda di parte, a stabilirlo la Corte Cost. con la sent. n.83/2011.

Chi è il curatore speciale e quali sono i suoi compiti

Il curatore speciale è un soggetto terzo ai genitori, esperto in diritto e iscritto in un apposito elenco. il predetto ha il compito di farsi garante e portatore degli interessi sostanziali e processuali del minore nelle situazioni di conflitto di interessi.

L’ordinamento giuridico italiano ha previsto questa figura, quindi, per munire il minore di una figura che possa rappresentarlo. Infatti, se così non fosse, il minore rischierebbe di rimanere privo di tutela avanti a dei genitori non in grado di tutelarlo.

Si badi bene che il ricorso alla figura del curatore nel caso de quo non è stato determinato dalla mera conflittualità. Piuttosto è stata indotta dal riscontro di una serie di elementi  di criticità dei genitori che si ponevano in conflitto con l’interesse del minore.

Potrebbe anche interessarti “Alienazione parentale: tolto l’affidamento alla madre che ostacola i rapporti padre figlio”. Leggi qui.

 

 

 

 

 

 

 

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Adozione: apertura ai singles, anche di una certa età

10 Luglio 2019 Da Studio Legale Arcoleo Lascia un commento

L’adozione – secondo una recente ordinanza della Cassazione – non è più solo ad appannaggio delle coppie sposate più giovani. Via libera anche ai single e  alle coppie non sposate, anche se non più giovanissimi. (Cass. ord. 17100/2019)

Una coppia ha avuto un bambino affetto da un grave handicap. Purtroppo, a pochi mesi dalla nascita lo hanno allontanato. E comunque si sono dimostrati assolutamente inidonei a ricoprire il ruolo genitoriale. Per questo il Tribunale per i Minorenni li ha dichiarati decaduti dalla responsabilità genitoriale. Nel 2010 ha poi affidato il bambino ad una infermiera professionale di 62 anni, che per tutto questo tempo, con l’aiuto della giovane figlia, si è presa cura del piccolo.

Da ultimo, il Tribunale per i Minorenni ha deciso che il bambino, ormai di 8 anni, andasse in adozione alla donna. 

Inspiegabilmente, i genitori si sono opposti a questa decisione. Sostenevano infatti di non avere mai acconsentito all’adozione del figlioletto. Reputandolo una sorta di loro “proprietà”, lo rivolevano indietro. Ed hanno avanzato dubbi sulla legittimità di questa adozione che vedeva coinvolta una donna single e troppo anziana. Infatti, a loro dire, tra l’infermiera e il minore ci sono più di 45 anni di differenza (limite consentito dall’art. 6 L. 184/1983). 

La questione è arrivata fino in Cassazione.

Ma la Suprema Corte ha rigettato il ricorso della coppia, confermando l’adozione in favore della donna sessantaduenne.

Gli Ermellini hanno fondato la loro decisione, partendo dall’esame dell’art. 44 lettera d) della L. 184/1983. Secondo la Cassazione, questa norma, che regola l’adozione in casi particolari, sarebbe da considerarsi una “clausola di chiusura del sistema” che riguarda le adozioni.

La norma infatti consente questo tipo di adozione tutte le volte in cui si vuole salvaguardare la continuità affettiva ed educativa tra il minore e chi se ne è preso cura. Deve però verificarsi il presupposto dell’impossibilità a ricorrere all’affidamento preadottivo. Ciò vuol dire che non ci devono essere  aspiranti genitori che vogliano adottare il bambino in maniera “piena”.

Quindi non occorre che il minore versi in stato di abbandono. Occorre però verificare che vi sia interesse dell’adottato al riconoscimento di una relazione affettiva già instaurata e consolidata con chi se ne prende cura.

Quanto poi al limite massimo di differenza di età (non rispettato), la Cassazione ha fatto delle precisazioni. L’adozione in casi particolari, in fatti, non lo prevede. Richiede solo che l’adottante sia più grande dell’adottato di almeno 18 anni. Ciò vuol dire che, rispettato detto limite d’età (e le altre condizioni sopra indicate), anche i single e le coppie non sposate possono adottare.

Ovviamente – ribadisce la Suprema Corte – occorre accertare che sia rispettato l’interesse del minore.

 

Potrebbe interessarti anche: “La dichiarazione dello stato di adottabilità come soluzione estrema: lo dice la Cassazione”. Leggi qui

 

 

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Affidamento condiviso: se gli incontri religiosi mettono a disagio il minore, il genitore non lo deve portare con sé

17 Ottobre 2018 Da Studio Legale Arcoleo Lascia un commento

In caso di affidamento condiviso, il Tribunale può vietare al genitore di coinvolgere il figlio in determinate attività se queste pregiudicano la crescita sana ed equilibrata del minore  (Cassazione Civile, Sez. I, 24 maggio 2018, n. 12954)

L’affidamento condiviso è sempre la decisione migliore per i figli. Ma cosa accade se uno dei due genitori ha comportamenti rischiosi per la loro adeguata crescita emotiva?

Il caso in esame ci racconta di una bambina in affidamento sia alla mamma che al papà. Durante gli incontri padre-figlia, questi era solito portare con sé la bambina a manifestazioni a sfondo religioso, occasioni in cui la bambina avvertiva profondo disagio.

Per questo motivo il  Tribunale prima e la Suprema Corte dopo, hanno proibito al padre di portare con sé la piccola.

La Suprema Corte ha ricordato che il criterio da seguire nella scelta delle modalità di affidamento dei figli minori è sempre e comunque quello del “superiore interesse della prole”.

Criterio valido e da perseguire anche quando limita la libertà individuale dei genitori di coltivare i propri interessi, la priorità è il benessere del minore. 

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