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disagio del minore

Disagio minorile, quando può condurre al ritiro sociale: chi sono gli Hikikomori

26 Aprile 2021 Da Staff Lascia un commento

Disagio minorile. Si definisce Hikikomori un fenomeno nato e sviluppato in Giappone, in Corea e Taiwan.

Il termine, coniato da uno psichiatra giapponese, grazie alle parole “hiku” (tirare) e “komoru”(ritirarsi), letteralmente significa “stare in disparte, isolarsi”. E’ questa la tendenza globale all’individualismo che troppo spesso purtroppo conduce gli adolescenti ad un patologico isolamento sociale e familiare, quale espressione di un disagio.

I c.d. Hikikomori sono per lo più adolescenti che per cause diverse vanno incontro a un senso di fallimento. Ciò li porta a sperimentare una vergogna pervasiva che li induce a lasciare prima la scuola e poi ogni altra attività.

Ansie, fobie self-cutting, sexting, cyberbullismo sono sovraesposizioni, nel tentativo disperato di farsi un posto nel mondo e che, in fondo, altro non sono che l’altra faccia della vergogna, nel tentativo di cercare un posto nella società rispetto ai propri ideali.

Si badi, internet e i videogame online non sono sempre la causa della disconnessione dei “ritirati sociali” piuttosto rappresentano una forma di difesa, un riparo da pensieri suicidari, o addirittura da un breakdown psicotico.

Quali sono le cause dei disagi minorili?

E’ fondamentale allora che i genitori si interroghino sulle cause di detto disagio minorile, provando ad affrontarlo con altre competenze. Il fenomeno del ritiro sociale ha effetti non solo sul minore ma anche sull’intero nucleo familiare, importanti ripercussioni, specie  quando sfocia in problematiche da gestire in sede legale.

Uno dei problemi che si possono verificare è una prolungata assenza dall’attività didattica quando il ragazzo è ancora nel periodo dell’obbligo scolastico. La legge 296/2006 prevede infatti che l’istruzione sia impartita per almeno 10 anni. Il nostro codice penale, all’art 731, punisce con un’ammenda i genitori o chi abbia la responsabilità di un minore, se omettono di impartirgli l’istruzione elementare. La Giurisprudenza sul punto è assai granitica e la sanzione è adottata soltanto per il periodo della scuola elementare.

Atteso che l’abbandono scolastico degli Hikikomori normalmente avviene dopo i 14 anni, verranno applicate altre norme di natura prevalentemente amministrativo civilistica. Gli insegnanti hanno l’obbligo di segnalazione del minore ai Servizi Sociali dopo aver esperito delle strategie pedagogico-educative per il ragazzo. Permanendo la situazione, l’alunno sarà segnalato, unitamente ai genitori, alla Procura della Repubblica presso il Tribunale per i Minorenni.  Di conseguenza la famiglia verrà presa in carico dai servizi sociali e, nei casi più gravi, potrebbe essere disposto un allontanamento del ragazzo dalla famiglia.

Circostanza che per un Hikikomori avrebbe conseguenze assai deleterie.

Ratio e finalità della normativa

La procedura ha la ratio di tutelare i minori dal disagio minorile e assicurargli istruzione. Tuttavia, alla luce di questo fenomeno sociale, se applicata pedissequamente senza tener conto del fenomeno Hikikomori, può diventare uno strumento di peggioramento della situazione di vita del ragazzo e di tutto il nucleo familiare.

Un altro caso, molto comune, che si può presentare è quello in cui un genitore separato miri ad ottenere l’affido esclusivo del figlio: il disagio del minore, in detti casi, può manifestarsi con semplici problematiche scolastiche, con l’abbandono delle attività sportive e delle frequentazione dei coetanei. Questo crea un crescente allarmismo nei genitori, specie se separati, ove il dialogo e il confronto è carente.

Ruolo dei genitori

Il genitore non collocatario può pensare che il coniuge convivente con il minore sia “inadeguato”. Magari comincia a considerarlo “troppo debole” o “troppo conciliante; non in grado di imporre degli standard educativi base: quale esigere che il figlio vada a scuola, farlo studiare. Questa dinamica genitoriale si crea in tutte le famiglie “Hikikomori” e se i coniugi sono separati, può essere motivo per radicare una causa per affidamento esclusivo. La conseguenza è che si va ad inasprire una situazione di grande fragilità del minore. Quest’ultimo si sentirebbe ancora una volta posto sotto analisi, e potrebbe, “ritirarsi” ulteriormente anche riducendo ancor di più la relazione con i genitori.

Talvolta si evidenzia “l’inadeguatezza genitoriale” quale l’unico elemento da cui dipende il disagio del minore. Così si rischia di cadere nel pericoloso assunto che “modificando l’affido” si risolva la situazione. Sicché si sottovaluta la centralità del disagio del minore che, invece, ha bisogno di essere compreso dai genitori con l’aiuto e la collaborazione di entrambi. E’ doveroso pertanto non perdere mai di vista l’obiettivo primario che è “il superiore interesse del minore”. Bisognerebbe porre in essere le azioni che possano ridurre il suo disagio, e non acuirlo. In tali frangenti è necessario consigliare i genitori ad una visione sistemica del problema, per evitare quella pressione che assilla l’Hikikomori.

Potrebbe anche interessarti: “Messa alla prova minorenni ex art 28 D.P.R. 448/1988: cosa è?”. Leggi qui.

 

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Affidamento condiviso: se gli incontri religiosi mettono a disagio il minore, il genitore non lo deve portare con sé

17 Ottobre 2018 Da Studio Legale Arcoleo Lascia un commento

In caso di affidamento condiviso, il Tribunale può vietare al genitore di coinvolgere il figlio in determinate attività se queste pregiudicano la crescita sana ed equilibrata del minore  (Cassazione Civile, Sez. I, 24 maggio 2018, n. 12954)

L’affidamento condiviso è sempre la decisione migliore per i figli. Ma cosa accade se uno dei due genitori ha comportamenti rischiosi per la loro adeguata crescita emotiva?

Il caso in esame ci racconta di una bambina in affidamento sia alla mamma che al papà. Durante gli incontri padre-figlia, questi era solito portare con sé la bambina a manifestazioni a sfondo religioso, occasioni in cui la bambina avvertiva profondo disagio.

Per questo motivo il  Tribunale prima e la Suprema Corte dopo, hanno proibito al padre di portare con sé la piccola.

La Suprema Corte ha ricordato che il criterio da seguire nella scelta delle modalità di affidamento dei figli minori è sempre e comunque quello del “superiore interesse della prole”.

Criterio valido e da perseguire anche quando limita la libertà individuale dei genitori di coltivare i propri interessi, la priorità è il benessere del minore. 

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