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violazione obblighi di assistenza familiare

Condannato il padre che non prova la impossibilità ad adempiere

8 Ottobre 2021 Da Staff Lascia un commento

Condannato il padre che non prova la sua impossibilità economica a provvedere al versamento del mantenimento per il figlio.

La Cassazione, con la recente sentenza n. 33932 del 2021, afferma la responsabilità penale del padre che dopo la separazione non provvede al mantenimento del figlio. Per gli Ermellini, ai fini della esclusione della condanna, non rileva la situazione di difficoltà economica, necessitando una prova più rigorosa: ossia l’impossidenza o una condizione di precarietà.

Il caso

Un uomo veniva condannato in sede penale alla pena di mesi 4 di reclusione e alla multa di € 400,00 per il reato di cui all’art 570 comma 2, n. 2 c.p. Tale norma punisce chi viola gli obblighi di assistenza familiare. Nel caso di specie, in sede dibattimentale, emergeva che l’imputato non aveva versato l’assegno di mantenimento  per del figlio disposto in sede di separazione. La condanna veniva confermata anche in appello.

L’uomo ricorreva in Cassazione

L’imputato, ritenendo errata la decisione, ricorreva in Cassazione sollevando tre motivi di impugnazione:

  • con il primo rilevava l’insussistenza dell’elemento oggettivo e soggettivo del reato. In particolare lamentava che i giudici di merito non avevano effettivamente appurato se al minore fossero realmente mancati i mezzi di sussistenza.

  • Con il secondo lamentava il mancato accertamento delle sue condizioni economiche.

  • Con il terzo invece rilevava che le sue condizioni economiche rendevano di fatto impossibile adempiere e pertanto aveva errato a subordinare la sospensione condizionale della pena al pagamento del risarcimento del danno in favore della parte civile.

La decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte di Cassazione adita rigettava però il ricorso dell’imputato per genericità e infondatezza.

Per gli Ermellini, infatti, contrariamente a quanto sostenuto dall’imputato, il reato contestato era integrato in tutti i suoi elementi oggettivi e soggettivi. Dalle dichiarazioni testimoniali emergeva che durante il coniugio l’imputato provvedeva  alla famigli sospendendo i versamenti solo successivamente alla separazione.

Peraltro, gli Ermellini  sottolineavano che nella minore età del minore è insito lo stato di bisogno, non essendo capace un bambino di provvedere  provvedere autonomamente alle proprie necessità. Infine, l’imputato non aveva dimostrato la sua impossibilità di pagare il mantenimento del figlio. Le dichiarazioni erano rimaste mere affermazioni labiali prive di riscontri probatori.

Per le superiori ragioni pertanto la Suprema Corte rigettava il ricorso e la sentenza diventava definitiva. Potrebbe anche interessarti: “Mantenimento per il figlio che lascia il lavoro per studiare”. Leggi qui. 

 

 





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Omesso mantenimento al figlio maggiorenne. Non è reato se il ragazzo è abile al lavoro, anche se studente.

22 Gennaio 2019 Da Studio Legale Arcoleo Lascia un commento

Il genitore che non corrisponde il mantenimento al figlio maggiorenne non può essere condannato per il reato di “violazione degli obblighi di assistenza familiare” ex art. 570 c.p. Il reato si configura solo se il ragazzo è inabile al lavoro. E non rileva neanche che sia uno studente. (Cass. Pen. 1342/2019).

La figlia querela il padre, colpevole di non averle versato tre mensilità a titolo di mantenimento, così come stabilito dal Tribunale. L’uomo viene dunque condannato in primo e secondo grado per il reato di “violazione degli obblighi di assistenza familiare”, ex art. 570 c.p.

L’uomo ricorre in Cassazione, sostenendo che la norma sopra indicata era stata erroneamente applicata. E infatti l’art. 570, comma 2 n. 2 incrimina la condotta di chi “fa mancare i mezzi di sussistenza ai discendenti di età minore, ovvero inabili al lavoro…”. L’uomo precisava invece che al momento dei fatti la figlia era maggiorenne e che non si trovava in stato di bisogno, in quanto aveva un lavoro part time. La stessa aveva anche volontariamente lasciato la casa familiare dopo la morte della madre, e pertanto l’uomo non sapeva come adempiere.

La Suprema Corte da ragione all’uomo. La Cassazione infatti condivide la tesi sostenuta dal padre. Il reato si configura solo se i figli sono minorenni o maggiorenni inabili al lavoro. Specificando che l’inabilità al lavoro deve essere totale e permanente.

“Ne discende” – si legge testualmente nella sentenza in oggetto- ” che non integra il reato in parola la mancata corresponsione dei mezzi di sussistenza a figli maggiorenni non inabili a lavoro, anche se studenti“.

Ciò non toglie che, in casi di questo tipo, in presenza di un provvedimento che preveda un mantenimento per il figlio maggiorenne, si possano azionare strumenti di tutela di tipo civilistico.

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