I nipoti non possono essere costretti a frequentare i nonni e gli zii. A stabilire il superiore principio di diritto la Suprema Corte con l’ordinanza del 31 gennaio 2023, n. 2881.
Il caso
il Tribunale per i minorenni di Milano, in accoglimento della richiesta dei nonni e dello zio paterno, disponeva che i ricorrenti potessero intrattenere rapporti con i due nipoti, secondo la regolamentazione
disposta dai servizi sociali. Tale decisione veniva, altresì, confermata in sede di gravame.
Ed in particolare
anche la Corte di Appello riteneva che nessun pregiudizio poteva derivare per i minori dalla frequentazione con i parenti paterni.
I genitori proponevano ricorso per Cassazione
I genitori impugnavano la decisione della Corte di Appello presentando ricorso per Cassazione atteso il rifiuto dei minori di incontrare i nonni e lo zio paterno.
Per quanto riguarda la posizione dei nonni, la Suprema Corte ricorda che le modalità con cui riconoscere il diritto degli ascendenti a mantenere rapporti significativi con i nipoti minorenni devono essere individuate alla luce del primario interesse del minore, secondo un principio di carattere generale che è riconducibile agli artt. 2,30 e 31 Cost. Ne consegue, quindi, che il superiore interesse del minore, dovendo essere il principio guida, può prevalere su quello dei genitori o degli altri familiari.
Precisa la Suprema Corte che Il giudice adito dai nonni e dagli zii deve tenere in considerazione l’art. 317-bis c.c. che nel riconoscere agli ascendenti un vero e proprio diritto a mantenere rapporti significativi con i nipoti minorenni, non attribuisce allo stesso un carattere incondizionato, ma ne subordina l’esercizio e la tutela a una valutazione del giudice avente di mira l‘esclusivo interesse del minore.
Iter logico giuridico
Nel caso di specie emerge che i giudici di merito si sono limitati a constatare esclusivamente l’insussistenza di un reale pregiudizio per i minori nel passare del tempo con i nonni e lo zio paterni. Ed ancora rilevano gli ermellini che è l’ascendente, e non il minore, a dovere prestarsi a cooperare nella realizzazione del progetto educativo e formativo del predetto.
Quindi, in caso di conflittualità fra genitori e ascendenti la questione rilevante non è quella di assicurare tutela a potestà contrapposte, individuando quale delle due debba prevalere sull’altra, ma di bilanciare, se e fin dove è possibile, le divergenti posizioni nella maniera più consona al primario interesse del minore.
Di conseguenza il giudice deve valutare, alla luce del superiore interesse del minore, se i rapporti
non armonici o conflittuali tra gli adulti si possano comporre e come ciò possa avvenire.
Dopo aver verificato l’esistenza di tale possibilità dovrà determinare le concrete modalità di questa necessaria collaborazione, tenendo conto dei differenti ruoli educativi, e stabilire, di conseguenza, anche tramite l’ascolto dei minori coinvolti le più opportune modalità di organizzazione degli incontri.
In conclusione
il mantenimento di rapporti significativi, perciò, non può essere assicurato tramite la
costrizione del bambino, attraverso un’imposizione di una relazione sgradita e non voluta, cosicché nessuna frequentazione può essere disposta a dispetto della volontà manifestata da un minore che abbia compiuto i dodici anni o che comunque risulti capace di discernimento.
Per tali ragioni la Corte di Cassazione, accogliendo il ricorso dei genitori, cassa la sentenza rinviando nuovamente alla Corte di Appello.
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