Famiglia di origine: con la pronuncia in commento la Suprema Corte di Cassazione ha sancito il principio in base al quale criterio guida di ogni scelta in materia di affido, anche temporaneo, nell’ambito di giudizi ex art. 333 c.c., deve essere orientato al mantenimento di un rapporto significativo tra il minore e la famiglia di origine, sia pure quest’ultima “allargata”. (Cass. Civ., n. 28257/19)
Il fatto
Il caso sottoposto all’attenzione dei giudici trae le sue origini da un decreto emesso dal Tribunale per i Minorenni di Venezia. Tale provvedimento disponeva l’allontanamento di tre minori dalla famiglia di origine e il collocamento degli stessi presso un nucleo etero-familiare. La decisione si fondava sull’asserita inadeguatezza dei genitori e dei nonni paterni a curare gli interessi morali e materiali dei piccoli.
La Corte di Appello, in sede di giudizio di secondo grado, confermava il contenuto del provvedimento dei giudici di prime cure.
Per tal motivo, la famiglia ricorreva in Cassazione al fine di aver riconosciuto il diritto a mantenere rapporti significativi con i minori.
Il caso in esame si colloca nell’alveo di giudizi volti all’allontanamento, seppur in via temporanea, di soggetti minori dalle figure genitoriali le cui condotte risultano pregiudizievoli ed ostative all’educazione e all’adeguato sviluppo psico-fisico dei figli.
Dinanzi ad ipotesi di questo tipo, stante il disposto dell’art. 333 c.c., sono due le misure che l’Autorità Giudicante potrebbe ritenere di adottare: l’affido inter-familiare (in favore dei parenti entro il quarto grado) ovvero l’affido etero-familiare.
La decisione della Cassazione
La pronuncia, dunque, punta all’individuazione dell’ordine di preferenza tra le due modalità di affidamento e si pone in linea con l’esigenza, sempre crescente, di riconoscere un ruolo di significativa importanza alla figura dei nonni nei percorsi di affido di questo tipo.
La Corte chiarisce la necessità dell’allontanamento anche temporaneo dei minori dai genitori in casi di trascuratezza, malattia o violenza. Tuttavia la misura dell’affidamento etero-familiare deve assumere la veste di extrema ratio. Ciò al fine di consentire ai membri della c.d. “famiglia allargata” di subentrare e scongiurare l’ulteriore trauma, per i piccoli, di vedersi privati del proprio contesto familiare.
Pertanto, il giudice di merito è preliminarmente tenuto ad accertare l’adeguatezza dei familiari e solo nel caso di comprovata inadeguatezza degli stessi a soddisfare correttamente le esigenze dei minori, si propenderà per la misura dell’affido etero-familiare.
Tornando al caso di specie, la Corte di Cassazione metteva in luce molte criticità dei provvedimenti di merito. In particolare gli ermellini sottolineavano la sommarietà dell’istruttoria: i nonni non erano mai stati sentiti durante il procedimento. Inoltre i giudici di merito non tenevano in debita considerazione che i piccoli erano già affidati a questi ultimi.
Tali importanti circostanze inducevano la Corte di Cassazione a cassare il provvedimento impugnato con rinvio alla Corte di Appello di Venezia in diversa composizione.
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