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educazione

Chat e minori: i genitori devono vigilarne e monitorarne l’utilizzo.

6 Gennaio 2020 Da Staff Lascia un commento

Chat e minori: l’utilizzo delle chat da parte dei minori deve essere oggetto di monitoraggio dei genitori (Trib. Min. Caltanissetta 08.10.2019).

Il caso

Un minore utilizzava un’applicazione di messaggistica per minacciare una coetanea. Quest’ultima, a causa di ciò, era costretta a modificare le proprie abitudini di vita per l’ansia e la preoccupazione sorte per le continue minacce. 

Il caso giungeva all’attenzione del Tribunale per i Minorenni di Caltanissetta

Il Tribunale per i Minorenni, investito della questione, poneva la propria attenzione sui genitori. Nel dettaglio sottolineava le responsabilità dei genitori in merito all’utilizzo della rete internet da parte dei figli. Invero, i giudici nisseni, evidenziavano, in via generale la necessità a che i genitori provvedano ad educare i minori al corretto utilizzo della rete. Cosa che, a tenor degli stessi, può avvenire solo tramite una limitazione quantitativa e qualitativa dell’uso delle chat (e di internet) da parte dei minori.

Pertanto, sebbene l’uso di chat, e in generale di internet, da parte dei minori è sempre più diffuso, allo stesso tempo questi sono esposti a maggiori rischi e pericoli. Infatti, tramite i social i minori esercitano il proprio diritto all’informazione e comunicazione, tutelato a livello nazionale (art. 21 Cost.) ed internazionale (art. 11 Carta dei diritti UE). Ma tale diritto va contemperato con la tutela del minore stesso. Infatti è risaputo che il non corretto utilizzo di tali strumenti può essere gravemente dannoso. Per tale ragione salvaguardare il minore nell’uso della rete telematica è un obiettivo prioritario. Ciò,  indipendentemente dalle capacità e competenze maturate dal minore stesso.

Conclusioni dei giudici nisseni

I giudici investiti della vicenda ritenevano che l’anomalo utilizzo degli strumenti telematici da parte del minore era sintomatico di scarsa vigilanza ed educazione da parte dei genitori.

Di conseguenza il Tribunale avviava un’attività di monitoraggio e supporto del minore e della madre. Ciò al fine di verificare le effettive e reali capacità educative e di vigilanza da parte della donna.

Potrebbe anche interessarti “La nuova compagna di papà può pubblicare le nostre foto sui social?”, leggi qui.

 

 

 

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Educazione religiosa, può essere imposta?

21 Novembre 2019 Da Staff Lascia un commento

Se l’educazione religiosa da impartire a un figlio causa un conflitto tra i genitori, il giudice dovrà accertare eventuali pregiudizi ai danni del figlio; tale accertamento dovrà avvenire previa osservazione e ascolto del minore stesso (Cass. Sez. I n. 21916/2019).

Contrasto sull’educazione religiosa

Oggigiorno assistiamo sempre più spesso a matrimoni o convivenze tra persone con culture profondamente diverse; queste diversità, inevitabilmente, si riversano sull’educazione da impartire ai figli. certo la religione è uno dei più importanti capisaldi della nostra cultura, ed invero, non di rado, capita che i genitori non concordino in merito all’educazione religiosa da impartire. A tal proposito ci si chiede se un genitore possa in qualche modo imporre la propria religione al figlio. La questione, per nulla scontata, ha creato molti contrasti anche in giurisprudenza.

Proprio in caso di disaccordo tra i genitori, sarà il giudice a dirimere il conflitto, questi dovrà farsi guidare dal “supremo interesse del minore” che si ritiene prevalente sulla libertà religiosa dell’adulto e sul potere educativo del genitore.

Soluzioni giurisprudenziali

A tal proposito il Tribunale di Como, pronunciando separazione personale dei coniugi, statuiva anche sull’educazione religiosa del figlio. In quell’occasione il rilevava il totale dissenso del padre cattolico all’educazione religiosa geovista della madre ritenendo “migliore” la scelta educativa paterna all’insegnamento della religione cattolica.

I giudici comaschi, sostenevano che la religione cattolica era da preferirsi alle altre religioni perché avrebbe consentito al minore una migliore integrazione nella società, nella scuola e persino nello sport. Ciascuno di questi “settori”, infatti, sarebbe fortemente influenzato dalla religione cattolica.

La madre proponeva appello avverso la sentenza.

Questa riteneva la sentenza contraria al principio della bigenitorialità , sostenendo che ogni genitore deve essere libero di trasmettere i propri valori ai figli, primi tra tutti quelli religiosi. Soltanto se il figlio viene messo a contatto con diverse realtà sarà in grado di effettuare una scelta religiosa consapevole.

La Corte di Appello rigettava il ricorso, facendo in parte proprie le conclusioni del padre e ribadendo il preminente interesse del minore ad un libero approccio con le religioni dei genitori a condizione che il conflitto genitoriale non gli arrechi alcun danno. 

Recentemente la Corte di Cassazione, con sentenza n. 21916 del settembre 2019, ha riconosciuto il diritto del minore a ricevere l’educazione religiosa da entrambi i genitori. Il minore deve essere libero di scegliere la propria religione così come consentito dall‘art. 19 della nostra Costituzione.

Quindi il genitore può imporre l’educazione religiosa al figlio?

Abbiamo quindi detto che il dato di partenza deve essere sempre il superiore interesse del minore. Quindi se il disaccordo dei genitori può arrecare dei danni a quest’ultimo,  sarà il giudice a decidere ascoltando il minore personalmente

Ciò significa che il tribunale potrebbe anche decidere di impedire ai genitori qualsiasi imput religioso, così come avvenuto ad Agrigento nel 2017.  Allo stesso modo, il giudice potrebbe decidere che sia un solo genitore ad impartire l’educazione religiosa al figlio, indipendentemente dalle religioni in questione.

L’unico interesse del giudice sarà proprio il minore, a che questo cresca sereno e soprattutto libero. 

Potrebbe anche interessarti “Affidamento figlio: il genitore lo può riottenere se dimostra di avere abbandonato la vita trasgressiva”, leggi qui.

 

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Uso della rete: la nuova frontiera dell’educazione

2 Maggio 2019 Da Studio Legale Arcoleo Lascia un commento

L’uso della rete è parte integrante della vita dei nostri figli. Che però non devono essere lasciati soli nella scoperta di uno strumento tanto ricco di opportunità quanto pericoloso. Anzi, secondo il Tribunale per i Minorenni di Caltanissetta i genitori hanno un dovere preciso. Quello di educare e vigilare i figli nel corretto uso della rete.

Una ragazza quattordicenne invia al fidanzatino una sua foto che la ritrae nell’intimità. Lui diffonde l’immagine tra gli amici. Lo scatto diventa di pubblico dominio. Tutti ne parlano. L’ingenua ragazza paga cara la sua leggerezza. La faccenda diventa in breve tempo più grande di lei, tanto da causarle disturbi psicologi come ansia e angoscia.

Ma non è tutto. L’accaduto arriva a conoscenza del Pubblico Ministero del Tribunale per i Minorenni di Caltanissetta. Si apre così un procedimento ai sensi degli art, 333 e 336 c.c..

L’art. 333 del codice civile si intitola “Condotta del genitore pregiudizievole ai figli”. E infatti l’autorità giudiziaria ha ritenuto che la responsabilità dell’accaduto fosse da ricercarsi proprio nei genitori della ragazza. Ecco che allora il Tribunale per i Minorenni ha disposto degli interventi di sostegno per l’intera famiglia. Così ha affidato la ragazza ai Servizi Sociali per un’attività di monitoraggio e supporto psicologico. Ma ha anche affidato i genitori al Consultorio familiare per verificare le capacità educative e di accudimento dei genitori.

La vicenda ha avuto un finale positivo. I genitori della ragazza hanno fatto tesoro del percorso di sostegno, acquistando consapevolezza del loro ruolo di educazione e vigilanza sulla figlia. E anche la ragazza ha avuto giovamento dal percorso psicologico. Considerato tutto questo, quindi, il Tribunale per i Minorenni ha reputato di non dover ulteriormente procedere.

Ma a prescindere da questo è importante comprendere ed analizzare l’orientamento assunto dal Tribunale per i Minorenni nisseno. I Giudici infatti sono partiti dal presupposto che tra i doveri scaturenti dalla responsabilità genitoriale vi sia quello di educare i figli ad un corretto uso della rete. E di assicurarsi che abbiano effettivamente compreso gli insegnamenti.

Ma non solo. I genitori devono anche vigilare sull’uso della rete da parte dei minori, di modo che non rappresentino un pericolo per sé e per altri.

Secondo il Tribunale Nisseno, questo dovere di vigilanza può anche consistere in una vera e propria limitazione qualitativa e quantitativa dell’uso di internet.

Non bisogna però correre a conclusioni affrettate. Questa posizione non deve essere certo interpretata nel senso di una demonizzazione della rete.

E infatti questi doveri che investono i genitori devono trovare un corretto bilanciamento in altri valori. Valori come il rispetto della personalità del minore e delle libertà che gli sono riconosciute sia a livello costituzionale che internazionale.

Si pensi ad esempio a quanto previsto nella Convenzione di New York, che vieta ingerenze in ogni sfera della vita del fanciullo. E che riconosce l’importanza della funzione dei mezzi di comunicazione, tanto da prevedere che gli Stati assicurino ai minori l’accesso alle fonti di informazione nazionale od internazionale (art. 16 e 17 L. 176/1991 di ratifica della Convenzione). Oppure si pensi al diritto di libertà di espressione e di manifestazione del pensiero, riconosciuto dall’art. 21 della Costituzione.

Secondo il giudice nisseno il dovere di vigilanza dei genitori trova la sua giustificazione nella esigenza di tutela della dignità del minore. Che è un valore che prevale su tutti, ma che comunque deve essere bilanciato con il diritto alla libertà di espressione e di informazione. E ciò per evitare che il controllo dei genitori degeneri in un ciber stalking o comunque pregiudichi la libertà di espressione del minore.

Fonte: Il Familiarista

Per un approfondimento sul tema leggi anche, dal nostro sito “I cyberbulli colpiscono, e i loro genitori pagano! Clicca qui.

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