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rifiuto

Diritto alla bigenitorialità: non può spingersi oltre il rifiuto del minore di incontrare il genitore non collocatario

13 Settembre 2019 Da Studio Legale Arcoleo Lascia un commento

Il diritto alla bigenitorialità non può spingersi oltre il rifiuto del minore alla frequentazione del genitore non collocatario, a stabilirlo è la Suprema Corte di Cassazione con l’ordinanza del 23 aprile scorso n. 11170

 

Non di rado uno dei genitori si trova avanti il netto rifiuto di un figlio ad incontrarlo. Pertanto capita spesso che i Giudici si trovino ad decidere su richieste di tutela al diritto di frequentazione con il figlio.

Ma fino a che punto può spingersi il potere del Giudice? Si può davvero imporre ad un minore di incontrare il genitore con il quale non convive stabilmente? A dare la soluzione a tale pungente quesito è l’Ecc.ma Corte di Cassazione, Sez. 1, con l’ordinanza del 23.04.2019 n.1170.

Il caso attenzionato dalla Suprema Corte riguardava un padre il quale chiedeva al Tribunale di ottenere, oltre alla modifica delle condizioni economiche e di mantenimento, l’affidamento congiunto della figlia sedicenne.

Il Tribunale, preso atto del rifiuto della figlia di volere intrattenere rapporti con il padre nonché dell’esito della CTU rigettava la domanda. Anche la Corte di Appello adita, confermava quando statuito dal giudice di prima istanza pertanto il padre, per vedere tutelato il proprio diritto alla bigenitorialità ricorreva in Cassazione.

La Corte di Cassazione respingeva definitivamente il ricorso del padre

Gli Ermellini investiti della questione rigettavano il ricorso del padre, allineandosi di fatto con l’orientamento assunto dai giudici di merito. In particolare la Corte di Cassazione sottolineava che il rapporto affettivo, per natura incoercibile, non può essere imposto. Pertanto, conclusivamente, se un figlio non intente intrattenere un rapporto stabile con il genitore non collocatario, questo non può essere obbligato.

La questione

la domanda sorge spontanea: alla luce della superiore soluzione a favore di chi è stato previsto il diritto alla bigenitorialità? E’ il diritto di ciascun genitore di essere presente in maniera significativa nella vita del figlio? Ovvero il diritto del figlio a mantenere (o non mantenere) un rapporto continuativo con ciascuno dei genitori?

Nell’ordinamento giuridico italiano il diritto alla bigenitorialità è garantito e tutelato dalla legge 54/2006 sull’affido condiviso, nonché dal d.lgs. 154/2013. La superiore normativa si caratterizza per il ruolo centrale riconosciuto al minore e pertanto il bene tutelato è, in primis, il diritto del minore. In particolare il minore ha diritto a mantenere rapporti equilibrati e significativi con entrambi i genitori, nonché di ricevere cura, educazione, istruzione e assistenza morale e materiale da entrambi. 

Da tale assioma deriva la logica conseguenza che, salvo le ipotesi in cui ad ostacolare gli incontri tra genitore e figlio sia il coniuge, il figlio può rifiutarsi di frequentare l’altro genitore. La Suprema Corte stabilisce che la bigenitorialità può essere esercitata anche in accezione negativa. Ciò significa che il minore, con capacita di discernimento, ha diritto a “non mantenere” con un genitore un rapporto continuativo. Con la pronuncia in oggetto, quindi, gli Ermellini hanno messo in luce come il principio alla bigenitorialità sia posto a tutela, innanzitutto, del figlio e non solo dei genitori.

Osservazioni

Il diritto di famiglia, in continua evoluzione, spesso dai confini poco chiari e marcati rende il compito dei giudici ancora più difficile. Tale ruolo diviene particolarmente arduo quando nel caso concreto emerge l’esistenza di una grave conflittualità tra i genitori. Infatti spesso i genitori tendono a far prevalere i propri interessi a discapito di quelli dei figli. Pertanto il giudicante dovrà orientare la propria decisione tenendo in alta considerazione l’interesse morale del minore. Dovrà, altresì, valutare la capacità dei genitori di crescere ed educare il figlio nella nuova situazione di fatto causata dalla disgregazione del nucleo. Per fare ciò il giudicante, terrà conto del modo in cui i genitori hanno in passato svolto i propri compiti verso i figli. 

Potrebbe anche interessarti: “Il superiore interesse del minore nel procedimento per riconoscimento del figlio: le linee guida della Cassazione in Cass. I Civ. Sent. n. 17762/2017” Leggi qui

 

Archiviato in:Legge e Giurisprudenza Contrassegnato con: bigenitorialità, figli, genitore, incontri, minore, obbligo, rifiuto, separazione

Si può “costringere” l’anziano ad andare in casa di riposo?

5 Aprile 2019 Da Studio Legale Arcoleo Lascia un commento

L’amministratore di sostegno può “costringere” l’anziano che si rifiuta di trasferirsi in casa di riposo, se questo non è in grado di occuparsi di sé e la ragione del suo rifiuto è un mero capriccio (Trib. di Vercelli – Sez- civ. Volontaria Giurisdizione, decreto del 28/03/2018) 

Può sembrare odioso, ma a volte la casa di riposo può essere la soluzione migliore per un anziano. Cosa fare però se questo si rifiuta di andarci?

Il Tribunale di Vercelli si è recentemente pronunciato su un caso molto particolare. Quello di  un’anziana di 83 anni e del suo amministratore di sostegno.

Questi aveva chiesto al Giudice Tutelare di inserire la donna in una casa di riposo nonostante il suo rifiuto. La donna, affetta da demenza senile e difficoltà a deambulare, viveva sola ma non riusciva evidentemente a prendersi cura di sé.

L’amministratore di sostegno (ADS) è una figura nominata dal Giudice Tutelare, ogni qual volta vi sia una persona (beneficiario) che per problemi fisici o psichici non può occuparsi, anche solo parzialmente o temporaneamente, in maniera vantaggiosa dei propri interessi.

L’ADS ha dunque il compito di assistere, sostenere e a volte sostituirsi alla persona, senza però limitare del tutto la sua capacità di agire e di decidere. La persona in difficoltà potrà quindi vivere e decidere autonomamente su alcune cose mentre per altre dovrà dipendere dall’autorizzazione di questa figura di sostegno. 

Nel caso di Vercelli, il Giudice Tutelare e l’ADS decisero dunque di recarsi a verificare la situazione. Bussarono, ma la donna non riusciva neanche ad aprire la porta di casa, perché non trovava le chiavi. La vecchina non riconosceva infatti il Giudice né tantomeno l’ADS, che aveva incontrato pochi giorni prima. Nonostante questo, permise all’uomo di accedere in casa dalla finestra, per cercare le chiavi ed aprire la porta.

Una volta dentro, i due, trovarono una cucina non troppo pulita, un pericoloso fornello a gas, un pasto frugale pronto, probabilmente portato dalla nuora. 

L’anziana signora non sapeva di avere un telefono cellulare per poter eventualmente chiedere aiuto. E comunque risultava incapace di usarlo. Ma quel che è peggio, aveva permesso ad una persona che non aveva riconosciuto, di entrare nella sua stanza, e frugare nei cassetti per cercarlo.

La vecchietta aveva evidenti problemi a camminare e a sedersi da sola. Disse di non prendere farmaci, anche se l’ADS aveva una ricetta medica in tal senso. Più volte, in quell’occasione, pronunciò frasi prive di senso.

Era evidente che l’anziana signora non potesse continuare a vivere da sola in quelle condizioni di precaria sicurezza. Il Giudice tuttavia escluse la possibilità di affiancarle una badante h24, in quanto la casa non era adatta, a norma di legge, ad ospitarla. 

Così il giudice e l’ADS le proposero di trasferirsi una casa di riposo, ma la risposta della donna fu un “no” secco ed ingiustificato. 

Tornato nel suo ufficio, quindi il Giudice Tutelare non potè far altro che dare all’Amministratore di Sostegno il potere di prestare il consenso, in nome e per conto dell’anziana signora, per l’inserimento nella casa di riposo.

Come stabilito, infatti, dalla Cassazione nella sentenza n. 22602/2017, la scelta dell’ADS prevale tutte le volte in cui il rifiuto del beneficiario si fondi su un senso di orgoglio ingiustificato. L’amministratore, invece deve fare un passo indietro quando il beneficiario è una persona pienamente lucida, altrimenti verrebbero lesi i diritti fondamentali della persona.

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