L’amministratore di sostegno può “costringere” l’anziano che si rifiuta di trasferirsi in casa di riposo, se questo non è in grado di occuparsi di sé e la ragione del suo rifiuto è un mero capriccio (Trib. di Vercelli – Sez- civ. Volontaria Giurisdizione, decreto del 28/03/2018)
Può sembrare odioso, ma a volte la casa di riposo può essere la soluzione migliore per un anziano. Cosa fare però se questo si rifiuta di andarci?
Il Tribunale di Vercelli si è recentemente pronunciato su un caso molto particolare. Quello di un’anziana di 83 anni e del suo amministratore di sostegno.
Questi aveva chiesto al Giudice Tutelare di inserire la donna in una casa di riposo nonostante il suo rifiuto. La donna, affetta da demenza senile e difficoltà a deambulare, viveva sola ma non riusciva evidentemente a prendersi cura di sé.
L’amministratore di sostegno (ADS) è una figura nominata dal Giudice Tutelare, ogni qual volta vi sia una persona (beneficiario) che per problemi fisici o psichici non può occuparsi, anche solo parzialmente o temporaneamente, in maniera vantaggiosa dei propri interessi.
L’ADS ha dunque il compito di assistere, sostenere e a volte sostituirsi alla persona, senza però limitare del tutto la sua capacità di agire e di decidere. La persona in difficoltà potrà quindi vivere e decidere autonomamente su alcune cose mentre per altre dovrà dipendere dall’autorizzazione di questa figura di sostegno.
Nel caso di Vercelli, il Giudice Tutelare e l’ADS decisero dunque di recarsi a verificare la situazione. Bussarono, ma la donna non riusciva neanche ad aprire la porta di casa, perché non trovava le chiavi. La vecchina non riconosceva infatti il Giudice né tantomeno l’ADS, che aveva incontrato pochi giorni prima. Nonostante questo, permise all’uomo di accedere in casa dalla finestra, per cercare le chiavi ed aprire la porta.
Una volta dentro, i due, trovarono una cucina non troppo pulita, un pericoloso fornello a gas, un pasto frugale pronto, probabilmente portato dalla nuora.
L’anziana signora non sapeva di avere un telefono cellulare per poter eventualmente chiedere aiuto. E comunque risultava incapace di usarlo. Ma quel che è peggio, aveva permesso ad una persona che non aveva riconosciuto, di entrare nella sua stanza, e frugare nei cassetti per cercarlo.
La vecchietta aveva evidenti problemi a camminare e a sedersi da sola. Disse di non prendere farmaci, anche se l’ADS aveva una ricetta medica in tal senso. Più volte, in quell’occasione, pronunciò frasi prive di senso.
Era evidente che l’anziana signora non potesse continuare a vivere da sola in quelle condizioni di precaria sicurezza. Il Giudice tuttavia escluse la possibilità di affiancarle una badante h24, in quanto la casa non era adatta, a norma di legge, ad ospitarla.
Così il giudice e l’ADS le proposero di trasferirsi una casa di riposo, ma la risposta della donna fu un “no” secco ed ingiustificato.
Tornato nel suo ufficio, quindi il Giudice Tutelare non potè far altro che dare all’Amministratore di Sostegno il potere di prestare il consenso, in nome e per conto dell’anziana signora, per l’inserimento nella casa di riposo.
Come stabilito, infatti, dalla Cassazione nella sentenza n. 22602/2017, la scelta dell’ADS prevale tutte le volte in cui il rifiuto del beneficiario si fondi su un senso di orgoglio ingiustificato. L’amministratore, invece deve fare un passo indietro quando il beneficiario è una persona pienamente lucida, altrimenti verrebbero lesi i diritti fondamentali della persona.