Assegno divorzile: il giudice deve contemporaneamente prendere in esame tutti i parametri valutativi indicati dall’art. 5 della l. n. 898/1970?
Ad affrontare tale questione è la Corte di Cassazione che, con ordinanza n. 26672 del 2022, ricorda che ogni assegno divorzile ha una propria natura e torna a ribadire che il giudice può decidere di valorizzare in misura preponderante, tra i vari criteri legali utilizzabili ai fini della quantificazione dello stesso, quello ritenuto più confacente al caso concreto.
Il caso
A seguito della pronuncia di cessazione degli effetti civili del matrimonio, il Tribunale poneva a carico dell’ex marito il pagamento di un assegno divorzile in favore della ex moglie pari ad € 1.300,00 mensili. Tale decisione veniva confermata anche in sede di appello in quanto la Corte di merito, pur riconoscendo che la quantificazione dell’assegno divorzile debba tenere conto dei parametri indicati dall’art. 5 della l. n.
898/1970, riteneva di dover dare rilievo al consistente divario reddituale esistente tra le parti, specie in considerazione della malattia da cui era affetta la donna.
Avverso tale statuizione, l’uomo proponeva ricorso per Cassazione lamentando che la Corte d’Appello non avrebbe effettuato un adeguato bilanciamento di tutti i parametri indicati dalla suddetta norma giuridica soffermandosi unicamente sulla malattia di cui era affetta la ex moglie e sulla disparità reddituale esistente tra gli ex coniugi.
In particolare, secondo il ricorrente, il tetto massimo della misura dell’assegno divorzile era stato sicuramente superato, in quanto l’importo attribuito a titolo dello stesso andava ad aggiungersi alla pensione percepita dalla ex moglie, nonché al godimento integrale, da parte di quest’ultima, della proprietà della casa familiare, di cui era divenuta titolare esclusiva, a seguito della cessione da parte dell’uomo della quota di sua spettanza in adempimento degli accordi di separazione.
La decisione della Suprema Corte
Gli Ermellini si soffermano, quindi, sul seguente quesito giuridico: ai fini della quantificazione dell’assegno divorzile il giudice deve tenere conto di tutti i parametri di cui alla l. n. 898/1970, art. 5, comma 6, oppure può attribuire valore solo ad alcuni di essi escludendo, quindi, gli altri?
La Suprema Corte, fin da epoca risalente, ha avuto più volte modo di chiarire che i giudici di merito, nel quantificare l’importo dell’assegno divorzile, non è tenuto a prendere in considerazione tutti i criteri indicati dall’art. 5, l. n. 898/1970, essendo, piuttosto, necessario che lo stesso giustifichi in modo adeguato le sue valutazioni.
Pertanto, deve escludersi la necessità di una puntuale e contemporanea considerazione da parte del giudice di tutti i parametri di riferimento indicati nella legge divorzile.
Di conseguenza, secondo la Cassazione, il giudice di merito può anche prescindere dal
prendere in considerazione taluni parametri e tale scelta discrezionale non è sindacabile in sede di legittimità.
Ciò posto, nel caso di specie, la Corte di appello ha deciso, da un lato, di porre al centro il consistente divario reddituale esistente tra le parti e, dall’altro lato, la particolare situazione di salute in cui versava la ex moglie.
Quest’ultima, infatti, poteva contare come introito sull’esclusivo assegno pensionistico e, data la sua grave invalidità, si trovava, in ogni caso, nella condizione di non avere risorse sufficienti per far fronte alle sue necessità di vita condizionate dalla malattia,
In conclusione, secondo la Cassazione, la Corte di merito ha espresso un giudizio consentito e, poiché adeguatamente motivato, neppure sindacabile in sede di legittimità.
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