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assegnazione

Assegnazione casa coniugale: la moglie può chiedere l’assegnazione dell’abitazione coniugale di proprietà del marito in assenza di figli?

24 Febbraio 2021 Da Staff Lascia un commento

 

In tema di assegnazione della casa coniugale, in sede di separazione, è legittima la domanda posta dalla moglie in assenza di figli se l’immobile è di proprietà esclusiva del marito?

Il caso

Una donna adisce il Tribunale chiedendo la separazione dal marito. La donna chiede anche l’assegnazione della casa coniugale e assume alla base della separazione l’intollerabilità della convivenza per la condotta del marito violento. Dal matrimonio non sono nati figli.

Questione giuridica

La questione giuridica affrontata dal Tribunale adito è la seguente: la moglie ha diritto ad ottenere l’abitazione della casa coniugale che però è di esclusiva proprietà del marito poiché acquistata prima del matrimonio?
Ebbene, la norma di riferimento in materia di assegnazione della casa familiare è l’art. 337-sexies c.c. il quale stabilisce «il godimento della casa familiare è attribuito tenendo prioritariamente conto dell’interesse dei figli».

E’ evidente che la norma miri esclusivamente alla tutela dei figli, sebbene il destinatario del provvedimento di assegnazione sia il genitore. In particolare,  tale disciplina vuole garantire ai figli, specie se minorenni, la conservazione dell’ habitat domestico.

Alla luce di ciò, è possibile procedere all’assegnazione della casa coniugale in assenza di prole?

Ebbene, da tempo ormai è principio consolidato, sia in dottrina sia in giurisprudenza (Cass. civ. sent. n. 3934/2008), che il Giudice possa
procedere all’assegnazione della casa coniugale esclusivamente in presenza di figli conviventi, siano essi minorenni o maggiorenni non ancora autosufficienti economicamente.

Da ciò ne discende che in assenza di figli (come nel caso di specie) il coniuge non può pretendere né tanto meno ottenere l’assegnazione della casa coniugale ( tra le tante cfr. Cass., civ., sez. I, 18 settembre 2013, n.
21334). In tali casi, in particolare, il diritto di proprietà non può subire alcuna compromissione e il godimento della casa coniugale sarà regolata secondo la normativa generale in tema di proprietà esclusiva, oppure quella in tema di scioglimento della comunione in caso di comproprietà tra i coniugi dell’immobile.

L’assegnazione della casa coniugale non è una misura assistenziale

Sotto il profilo giuridico, quindi, l’assegnazione della casa coniugale non è  una misura assistenziale.  Si tratta di un istituto che ha la precipua finalità di tutelare la prole, indipendentemente dalla proprietà esclusiva o concorrente dei coniugi.
Sennonché solo l’interesse dei figli a non subire ulteriori cambiamenti dovuti alla crisi familiare e a conservare un minimo di continuità e regolarità di vita rappresentano gli unici motivi che possono spingere a sacrificare il diritto di proprietà.
Il Giudice, in assenza di figli, semmai terrà in considerazione la condizione del coniuge economicamente più debole ai fini della quantificazione dell’assegno di mantenimento in suo favore.

Potrebbe anche interessarti: “Scioglimento della comunione legale dei beni”. Leggi qui.

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Assegnazione della casa familiare: revocata se il figlio rientra solo nei week end

24 Luglio 2019 Da Studio Legale Arcoleo Lascia un commento

L’assegnazione della casa familiare ha come presupposto che il figlio convivente vi abiti stabilmente. I rientri, seppur frequenti, del figlio che ormai vive all’estero, fanno venire meno il presupposto (Cass. civ. Sez. VI , ord., 06-05-2019, n. 11844)

In sede di separazione il Tribunale decide per l’assegnazione della casa familiare alla moglie, che vi sarebbe rimasta a vivere insieme alla figlia.

La ragazza cresce e va a studiare all’estero.

Così l’ex marito si rivolge nuovamente ai giudici per riavere la casa familiare, considerando che era venuto meno il presupposto dell’assegnazione alla moglie. Ovvero il collocamento prevalente della figlia presso la mamma.

Sia il Tribunale di Venezia che la Corte d’Appello territoriale danno ragione all’uomo.

La signora si gioca il tutto e per tutto e ricorre in Cassazione.

Sosteneva infatti che i giudici di merito non avessero valutato la documentazione dalla quale si evinceva la temporaneità dell’allontanamento della figlia.

Inoltre contestava il fatto che i giudici non avessero tenuto in considerazione la frequenza con cui la ragazza faveva rientro a casa.

La Cassazione ha invece confermato le sentenze dei primi due gradi di giudizio. In particolare, ha precisato che il fatto che la figlia si rechi con una certa frequenza presso l’abitazione materna non fa venir meno la schiacciante verità. E cioè che la ragazza abbia trasferito il centro delle proprie attività all’estero.

In altre parole, ai fini dell’assegnazione della casa familiare è necessario che il figlio viva stabilmente presso essa. Se viene meno il requisito della stabilità, ad opinione degli Ermellini, potrà parlarsi di “rapporto di mera ospitalità”.

Dall’utilizzo saltuario della casa familiare discende, inoltre, la NON configurabilità dell’habitat domestico quale centro degli interessi, affetti della prole.

Può interessarti anche un altro nostro articolo: “Omesso mantenimento al figlio maggiorenne. Non è reato se il ragazzo è abile al lavoro, anche se studente”. Leggi qui

Inoltre vi proponiamo un approfondimento dal sito www.responsabile civile.it: Coppia senza figli: assegno e casa coniugale. Leggi qui

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