L’art. 191 c.c. stabilisce che allo scioglimento della comunione legale si procede in presenza di alcune circostanze.
Ebbene, lo scioglimento determina il venir meno dell’operatività del regime di comunione legale relativamente agli acquisti che i coniugi effettueranno in futuro. I beni, invece, che costituivano oggetto di comunione legale, continueranno ad essere di proprietà comune. Per questi ultimi si applicherà il regime della comunione ordinaria ex artt. 1100 ss. c.c.
In particolare, intervenuto lo scioglimento della comunione legale, ciascun coniuge potrà, liberamente alienare la propria quota di ogni singolo bene, che ne faceva parte.
Differenza tra scioglimento e divisione
Scioglimento e divisione rappresentano due eventi ben differenziati e progressivi. Occorre pertanto distinguere fra il momento in cui il regime legale viene meno e quello in cui si verifica l’effettiva divisione dei beni comuni
Cause di scioglimento
L’art. 191 c.c. individua analiticamente le cause di scioglimento della comunione legale: assenza, morte presunta, annullamento del matrimonio, divorzio, separazione personale, mutamento convenzionale del regime patrimoniale, separazione giudiziale dei beni, fallimento di uno dei coniugi. Ad esse va aggiunta la morte di uno dei coniugi. Peraltro, la giurisprudenza ha affermato che anche la delibazione della pronuncia di nullità ecclesiastica del matrimonio concordatario, determina lo scioglimento della comunione.
Separazione personale, la causa più frequente di scioglimento
La causa di scioglimento della comunione legale che si verifica più frequentemente è la separazione personale.
In merito allo scioglimento della comunione legale il quadro normativo è stato modificato con la l.n. 55/2015 (c.d. “divorzio breve”). L’art. 2 di detta legge ha integrato l’art. 191 c.c.; oggi anche l’ordinanza con la quale il presidente del Tribunale autorizza i coniugi a vivere separati determina lo scioglimento della comunione. Analogamente, in caso di separazione consensuale, è previsto che detto scioglimento avvenga alla data di sottoscrizione del verbale, purché lo stesso sia omologato. Inoltre, il nuovo art. 191 c.c. prevede che l’ordinanza con la quale i coniugi sono autorizzati a vivere separati è comunicata all’ufficiale dello stato civile, ai fini dell’annotazione dello scioglimento della comunione, a margine dell’atto di matrimonio.
Negoziazione assistita
In caso di negoziazione assistita, invece, la normativa tace. Sul punto si sono alcuni giudici fanno riferimento alla data dell’autorizzazione del Pubblico Ministero alla trasmissione dell’accordo all’ufficiale di stato civile, in presenza di figli; ed invece a quella dell’accordo intercorso tra i coniugi, se semplicemente assoggettato a
nulla osta della Procura. In caso di separazione o divorzio, definiti innanzi all’ufficiale di stato civile ex art. 12 del d.l. n. 132/2014, la comunione dovrebbe sciogliersi al momento della conferma dell’accordo.
Cosa succede se dopo la separazione i coniugi si riconciliano?
Se dopo la separazione personale interviene la riconciliazione, vengono meno tutti gli effetti della separazione e si ricostituisce il regime di comunione legale, con effetti ex tunc, ricomprendendo anche gli acquisti, effettuati separatamente durante il periodo di separazione. Il ripristino della comunione legale non è però opponibile ai terzi, che abbiano acquistato in buona fede da chi appariva unico proprietario del bene alienato.
Opponibilità ai terzi dello scioglimento della comunione legale
Nei rapporti tra i coniugi, la comunione legale si scioglie al verificarsi di una delle cause previste per legge.
Differente è invece il regime dell’opponibilità dello scioglimento ai terzi, collegato all’annotazione a margine dell’atto di matrimonio.
Quali provvedimenti si annotano a margine dell’atto di matrimonio?
L’art. 69 dell’ordinamento dello stato civile, sono annotate a margine dell’atto di matrimonio: le convenzioni matrimoniali e le sentenze di separazione giudiziale dei beni; le sentenze di divorzio e di separazione personale, i decreti di omologa delle separazioni consensuali, le sentenze che dichiarano efficaci decisioni straniere, ovvero delibino pronunce dell’autorità ecclesiastica; le sentenze che dichiarano l’assenza e la morte presunta; gli accordi raggiunti a seguito di convenzione di negoziazione assistita, di separazione o divorzio; gli accordi di separazione o divorzio, ricevuti dall’ufficiale di stato civile.
E la dichiarazione di fallimento?
La dichiarazione di fallimento è l’unica causa di scioglimento della comunione legale, che non viene annotata nei registri dello stato civile. In tale caso gli effetti della sentenza, nei riguardi dei terzi, si producono dalla data di iscrizione della stessa nel registro delle imprese. Oggi devono essere annotate a margine dell’atto di matrimonio anche le ordinanze presidenziali con cui i coniugi sono autorizzati a vivere separati, posto che quei provvedimenti determinano lo scioglimento della comunione legale.
Fase della divisione
Allo scioglimento della comunione segue la fase (eventuale) della divisione, che si effettua ripartendo in parti uguali l’attivo ed il passivo, come prevede l’art. 194 c.c.. La divisione dei beni può essere effettuata in forma contrattuale, ovvero giudizialmente.
La divisione richiede che si sia già verificata una causa di scioglimento della comunione. La giurisprudenza, in precedenza, con riferimento al giudicato sulla separazione personale, riteneva che detto scioglimento rappresentasse presupposto processuale e, quindi, dovesse essersi già verificato al momento della proposizione della domanda divisionale.
Successivamente, esso è stato qualificato come condizione dell’azione: la causa di scioglimento (e, nella specie, la separazione personale) potrebbe dunque intervenire anche nel corso del giudizio di
divisione, purché prima della decisione, pena l’improcedibilità della domanda.
Oggetto della divisione
La divisione può riguardare singoli cespiti, ovvero tutti quelli compresi nella comunione. Le regole, in base alle quali procedere alla divisione, sono individuate dagli artt. 192 ss. c.c..
In fase di divisione deve farsi luogo ai “rimborsi” e alle “restituzioni”, indicati dall’art. 192 c.c., sia che si tratti di somme a suo tempo prelevate dal patrimonio comune per fini differenti dall’adempimento delle obbligazioni di cui la comunione deve rispondere (art. 186 c.c.), sia si tratti di denari prelevati dal patrimonio personale, per far fronte alle esigenze della comunione.
Occorre poi procedere al prelevamento, dalla massa comune, dei beni personali di ciascun coniuge; il carattere personale del bene può essere provato, nei rapporti tra i coniugi, con ogni mezzo. In mancanza di
prova, il bene mobile si presume comune (art. 195 c.c.).
Divisione di conti correnti e depositi bancari
La presunzione di comunione si applica anche al denaro rinvenuto al momento dello scioglimento della comunione legale. Detta presunzione può essere vinta però tramite la prova che il denaro è
bene personale. Nel caso di denaro depositato su conto corrente cointestato ad entrambi i coniugi, anche in regime di comunione legale, la cointestazione fa solo presumere la contitolarità dell’oggetto del contratto, salva prova contraria (art. 1298 c.c.); la disciplina della comunione legale coinvolge esclusivamente gli “acquisti” e non inerisce invece a rapporti meramente creditizi, quali quelli connessi
all’apertura di un conto corrente o deposito cointestato. Il coniuge può pertanto provare che il conto è stato alimentato in via esclusiva o prevalente con i propri apporti e chiedere la restituzione di quanto prelevato dall’altro senza titolo.
Costituzione di usufrutto
Il giudice, ai sensi dell’art. 194 comma 2 c.c., può costituire in favore di uno dei coniugi l’usufrutto su una parte dei beni spettanti all’altro. Si tratta di previsione finalizzata a garantire al meglio l’adempimento delle obbligazioni nei confronti dei figli minorenni. E’ tuttavia un usufrutto peculiare in quanto cessa con il venir meno delle esigenze della prole, ovvero con il sopravvenire della maggiore età.
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