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violazione privacy

Matrimonio e privacy: possono conciliarsi?

4 Novembre 2019 Da Staff Lascia un commento

Matrimonio e privacy: possono conciliarsi? In realtà rispondere a questa domanda non è così semplice come sembra. Pare infatti che il matrimonio sia in grado di ridurre il diritto alla privacy del coniuge al punto che «non può ritenersi illecita la scoperta casuale di messaggi su un telefono lasciato incustodito» (Trib. Roma, I sez. civile n. 6432/2016) .

La costante presenza del mondo informatico nelle nostre vite ha influito anche il processo evolutivo giurisprudenziale. Infatti l’attuale giurisprudenza ritiene di dover tutelare anche la libertà e la segretezza della corrispondenza tramite mail, whatsapp e i principali social networks. 

Quando si configura il reato?

La riservatezza è tutelata dalla Costituzione e rientra tra i diritti inviolabili dell’uomo.

Tuttavia, per l’orientamento giurisprudenziale maggioritario, la natura del vincolo matrimoniale comporta un affievolimento della riservatezza di ciascun coniuge.

Ma ciò non vuol dire non avere diritto alla propria privacy. La privacy va rispettata anche dal coniuge. Infatti, già con la sentenza n.6727/1994, la Cassazione ha riconosciuto piena compatibilità tra il diritto alla riservatezza e la vita coniugale. In particolare i giudici hanno precisato che il diritto alla privacy non può essere violato nemmeno in caso di infedeltà.

Conseguenze

L’eventuale utilizzo improprio del cellulare del coniuge, o l’accesso illecito ai profili online, può costituire reato.

Quale? o il reato di accesso abusivo ad un sistema informatico o telematico art. 615 ter c.p.; o il reato di violazione, sottrazione e soppressione della corrispondenza art. 616 c.p., entrambi puniti con la reclusione.

Tutto questo trova conferma in una sentenza del 2014 con la quale la Cassazione ritiene che qualsiasi elemento ottenuto violando la privacy del coniuge è inutilizzabile durante il processo penale.

In sede civile vale lo stesso principio?

Diverso orientamento si riscontra in ambito civile, ove trova applicazione il c.d. criterio della gerarchia mobile.

Tale criterio consente al giudice di operare un controbilanciamento tra il diritto alla privacy e il diritto alla difesa processuale. Quest’ultimo non ostacolabile in alcun modo. A tal proposito il tribunale di Roma con sentenza n.6432/2016 ha precisato che la convivenza, e la conseguenziale condivisione degli spazi, implica la possibilità di entrare in contatto con i dati personali del coniuge. Questo non necessariamente implica un’acquisizione illecita.

Inoltre nel nostro ordinamento è il Giudice a decidere sull’ammissibilità e l’utilizzabilità delle prove prodotte dalle parti in un giudizio civile.
In particolare in caso di separazione, anche se le prove sono state assunte con modalità illecite, il Giudice può ammetterle. Ciò avviene quanto tali prove sono necessarie per esercitare il diritto di difesa. Ad esempio per sostenere la domanda di addebito della separazione a carico dell’altro.

E’ bene ricordare che ricorrere a mezzi che violano i diritti è un rimedio estremo da utilizzare con cautela.

Potrebbe anche interessarti “Offendere sui Social Network è reato: una nuova diffamazione”, leggi qui.

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Microspie in auto: prosciolti gli investigatori privati

2 Settembre 2019 Da Studio Legale Arcoleo Lascia un commento

Piazzare microspie in auto è violazione della privacy. Quindi incorrono in reato anche gli investigatori che installano cimici per conto di una cliente. Ma nel caso in esame c’è il colpo di scena! Prosciolti per un difetto di procedibilità. Infatti mancava la querela (Cass Pen, sent. 33499/2019)

Il fatto

Una donna ha ingaggiato un investigatore privato. Voleva infatti confermare i suoi sospetti circa il fatto che il marito la tradisse. Così l’investigatore ed il suo aiutante hanno installano delle microspie nella macchina dell’uomo:  un sistema GPS e una cimice. Quest’ultima finalizzata a registrare le conversazioni all’interno dell’auto. Gli investigatori avevano poi fornito le registrazioni alla cliente.

Purtroppo però, a seguito di questa condotta,  si è aperto per loro un iter giudiziario tutt’altro che semplice. 

Sia il Tribunale che la Corte d’Appello, infatti, li hanno condannati per installazione abusiva di apparecchiature per intercettare conversazioni, ex art. 617 bis c.p.

Gli investigatori hanno però fatto ricorso in Cassazione! E hanno raggiunto un proscioglimento pieno! Come hanno fatto? Con un piccolo escamotage…

Per prima cosa infatti hanno provato che la loro condotta non ricadeva nell’art. 617 bis. c.c..

L’art. 617 bis c.p. e l’art. 615 bis c.p.

Questa norma, infatti, punisce coloro che installano apparecchiature al fine di intercettare o impedire conversazione telefoniche o telegrafiche.

Ma le microspie installate dagli investigatori non avevano certo questa finalità. Ma quella di registrare le conversazioni all’interno dell’auto.

Quindi, la loro condotta, al massimo, era riconducibile ad un altro articolo del codice penale, e cioè l’art. 615 bis. L’agire dei detectives infatti avrebbe dovuto integrare, nel caso, interferenza illecita nella vita privata. Condotta che sarebbe anch’essa reato, si badi bene!

Ma qui subentra l’escamotage…

Come si è detto, ai sensi dell’art. 615 bis,  anche procurarsi notizie riguardanti la vita privata di una persona mediante riprese o registrazioni, è reato! E lo è anche rivelare o diffondere queste notizie!

Quindi, in via teorica, seppur per un altro reato, gli investigatori avrebbero dovuto subire una condanna! 

E invece i due hanno di fatto avuto un proscioglimento! Perchè?

Perché i reati previsto dall’art. 615 bis c.p. sono punibili su querela della persona offesa (salvo alcuni casi particolari). E nel caso di specie la persona offesa non aveva sporto nessuna querela!

Questa ricostruzione ha convinto gli Ermellini, che dunque hanno annullato senza rinvio la sentenza di Corte d’Appello che invece aveva condannato i due investigatori.

Ti potrebbe interessare anche: “Le foto del tradimento trovate nel pc non sono prova per l’addebito della separazione“. Leggi qui

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