Piazzare microspie in auto è violazione della privacy. Quindi incorrono in reato anche gli investigatori che installano cimici per conto di una cliente. Ma nel caso in esame c’è il colpo di scena! Prosciolti per un difetto di procedibilità. Infatti mancava la querela (Cass Pen, sent. 33499/2019)
Il fatto
Una donna ha ingaggiato un investigatore privato. Voleva infatti confermare i suoi sospetti circa il fatto che il marito la tradisse. Così l’investigatore ed il suo aiutante hanno installano delle microspie nella macchina dell’uomo: un sistema GPS e una cimice. Quest’ultima finalizzata a registrare le conversazioni all’interno dell’auto. Gli investigatori avevano poi fornito le registrazioni alla cliente.
Purtroppo però, a seguito di questa condotta, si è aperto per loro un iter giudiziario tutt’altro che semplice.
Sia il Tribunale che la Corte d’Appello, infatti, li hanno condannati per installazione abusiva di apparecchiature per intercettare conversazioni, ex art. 617 bis c.p.
Gli investigatori hanno però fatto ricorso in Cassazione! E hanno raggiunto un proscioglimento pieno! Come hanno fatto? Con un piccolo escamotage…
Per prima cosa infatti hanno provato che la loro condotta non ricadeva nell’art. 617 bis. c.c..
L’art. 617 bis c.p. e l’art. 615 bis c.p.
Questa norma, infatti, punisce coloro che installano apparecchiature al fine di intercettare o impedire conversazione telefoniche o telegrafiche.
Ma le microspie installate dagli investigatori non avevano certo questa finalità. Ma quella di registrare le conversazioni all’interno dell’auto.
Quindi, la loro condotta, al massimo, era riconducibile ad un altro articolo del codice penale, e cioè l’art. 615 bis. L’agire dei detectives infatti avrebbe dovuto integrare, nel caso, interferenza illecita nella vita privata. Condotta che sarebbe anch’essa reato, si badi bene!
Ma qui subentra l’escamotage…
Come si è detto, ai sensi dell’art. 615 bis, anche procurarsi notizie riguardanti la vita privata di una persona mediante riprese o registrazioni, è reato! E lo è anche rivelare o diffondere queste notizie!
Quindi, in via teorica, seppur per un altro reato, gli investigatori avrebbero dovuto subire una condanna!
E invece i due hanno di fatto avuto un proscioglimento! Perchè?
Perché i reati previsto dall’art. 615 bis c.p. sono punibili su querela della persona offesa (salvo alcuni casi particolari). E nel caso di specie la persona offesa non aveva sporto nessuna querela!
Questa ricostruzione ha convinto gli Ermellini, che dunque hanno annullato senza rinvio la sentenza di Corte d’Appello che invece aveva condannato i due investigatori.
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