Ancora una volta la Suprema Corte di Cassazione, con ordinanza in esame, si è pronunciata in tema di rappresentanza legale del minore ed ha stabilito che, nei giudizi cd. “de potestate”, il minore deve essere assistito da un curatore speciale che ha il compito di formulare richieste nel suo esclusivo interesse (Cass. Civ., sez. I, ord. 12/11/2018 n. 29001)
Cosa si intende per giudizi o procedimenti de potestate?
La potestà genitoriale comprende l’insieme di diritti e doveri che la legge riconosce ai genitori verso i figli minori nel loro unico ed esclusivo interesse.
Si è preferita la locuzione “responsabilità genitoriale” a quella di “potestà genitoriale” perché in questo modo l’attenzione si sposta dal concetto di potere a quello di dovere.
I genitori, esercitando la responsabilità sui figli minori ancora incapaci di agire, hanno il dovere di prendere tutte le decisioni volte alla cura dei loro interessi patrimoniali e non, garantendo ad essi istruzione e formazione.
La responsabilità genitoriale spetta ad entrambi i genitori, pertanto, deve essere esercitata di comune accordo.
Tuttavia, non sono rari i casi in cui questo accordo viene meno: la risoluzione dei contrasti spetta al Tribunale per i Minorenni.
Il procedimento de potestate è il modello di procedimento minorile per eccellenza ed è stato oggetto di interventi giurisprudenziali, proprio per facilitare l’adattamento del diritto alle trasformazioni sociali della famiglia quale nucleo sociale.
Si tratta di un tipo di procedimento rientrante nella categoria della volontaria giurisdizione.
Questo tipo di procedimento trova la sua disciplina normativa negli articoli 330 ss del codice civile; in particolare, l’art. 336 afferma che:
“[…] i genitori ed il minore sono assistiti da un difensore”
Peccato che il legislatore non dia nessuna altra indicazione circa il modo di garantire la difesa del minore e spetta, dunque, agli operatori della giustizia minorile sopperire a tali inesattezze.
Proprio in questo senso si inserisce la pronuncia della Cassazione in tema di rappresentanza legale del minore nel giudizio avente ad oggetto la decadenza dalla responsabilità genitoriale.
La vicenda vede quali protagonisti due genitori che si rivolgono al Tribunale per i Minorenni competente chiedendo ciascuno la decadenza della responsabilità genitoriale dell’altro.
Il TM dichiara la decadenza della sola madre. Avverso tale decreto la donna ricorre in Cassazione, sostenendo la mancata sussistenza dei presupposti richiesti dall’art 330 cc.
La Corte eccepisce la mancata nomina di un curatore nell’interesse del minore. Infatti, nei procedimenti de potestate il minore è parte necessaria del giudizio per cui anche nei suoi confronti il principio del contraddittorio deve essere garantito. La mancata integrazione del contraddittorio comporta la nullità del procedimento stesso, ai sensi dell’art. 354 c.1 cpc.
Già precedenti pronunce sul tema avevano chiarito che nei giudizi di questo tipo, la posizione del minore è contrapposta a quella dei genitori anche nell’ipotesi in cui il provvedimento sia richiesto contro uno solo di essi, proprio perché non è possibile stabilire preliminarmente se vi è coincidenza di interessi tra lo stesso e il genitore.
Da qui la necessità di nominare, anche d’ufficio, un curatore speciale che assista il minore nella vicenda che lo vede protagonista il cui compito sia di tutelare la sua posizione anche quando il contrasto tra le posizioni sia solo potenziale.
Nel caso di specie il conflitto era certo e per tale motivo occorreva affidare la posizione del bambino ad un curatore che avrebbe provveduto all’analisi del caso e all’avanzamento di richieste idonee nel solo interesse dello stesso.
Per questi motivi la Corte di Cassazione ha reso nullo il provvedimento; ha rinviato la causa al Tribunale per i Minorenni di Catania in diversa composizione per provvedere all’integrazione del contraddittorio in favore del minore.