Al figlio laureato che non prova di essersi attivato per cercare un lavoro, ridimensionando le sue aspirazioni, non spetta il mantenimento. Tale principio, affermato con l’ordinanza n. 17183 del 2020, è stato ribadito dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 29779 del 2020.
Il caso
Una donna decideva di divorziare dal marito. In giudizio la corte di Appello, riformando la sentenza di primo grado, poneva a carico del marito l’obbligo di contribuire al mantenimento di uno solo dei due figli. Veniva pertanto revocato l’assegno disposto dal Tribunale a favore del figlio laureato.
Sicché la donna, insoddisfatta della pronuncia, ricorreva in Cassazione sollevando due doglianze:
1- con il primo motivo lamentava che il giudice territoriale non aveva correttamente valutato la situazione economica delle parti. Ed in particolare aveva considerato autonomo il figlio maggiore solo in ragione dell’età.
2-con il secondo motivo, lamentava l’omessa valutazione di tutte le circostanze dedotte nel ricorso introduttivo che se correttamente valutate avrebbero dovuto condurre la Corte a un diverso giudizio.
Decisione della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione rigettava il ricorso della donna con l’ordinanza n. 29779 del 2020. Gli Ermellini condividendo in pieno le argomentazioni dei giudici di merito ritenevano non sussistenti i requisiti per il riconoscimento del contributo al mantenimento del figlio maggiore.
Più dettagliatamente, in corso di causa non era emerso che il figlio laureato, ormai ventisettenne si fosse adoperato per cercare un lavoro confacente ai propri studi.
Uniformemente al principio sancito con l’ordinanza 17183 del 2020, la Corte di Cassazione affermava che il figlio divenuto maggiorenne ha diritto al mantenimento ex art. 337 septies cod. civ. a carico dei genitori soltanto se “ultimato il percorso formativo scolastico, dimostri, con conseguente onere probatorio a suo carico, di essersi adoperato effettivamente per rendersi autonomo economicamente, impegnandosi attivamente per trovare un’occupazione in base alle opportunità reali offerte dal mercato del lavoro, se del caso ridimensionando le proprie aspirazioni, senza indugiare nell’attesa di una opportunità lavorativa consona alle proprie ambizioni”.
Ebbene, il nuovo orientamento affermatosi in giurisprudenza sostiene che Il giudice non deve disporre l’assegno di mantenimento a favore del maggiorenne sul solo presupposto che manchi la sua indipendenza economica. Viene meno qualsiasi automatismo tra diritto al mantenimento e stato di inoccupazione o disoccupazione.
E’ il figlio che dovrà provare, una volta maggiorenne, di non avere ancora raggiunto l’autosufficienza economica per ragioni giustificate e allo stesso non addebitabili. Spetterà a lui dimostrare di essere ancora impegnato con profitto in un corso di studi o di essersi attivato per trovare un lavoro.
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