In tema di affidamento di figli minori l’art. 337 bis c.c. prescrive l’obbligo di audizione del minore a pena di nullità quando si assumono provvedimenti sulla convivenza dei figli con uno dei genitori (Cass. Civ., Sez. I, 25 gennaio 2021 n.1474).
Il superiore principio di diritto è stato confermato dagli ermellini con la recente ordinanza n. 1474 del 2021. Ebbene, essendo il minore una parte sostanziale del procedimento diretto a stabilire le modalità di affidamento, nonché portatore di interessi contrapposti e diversi da quelli dei genitori, ha diritto di esporre le proprie ragioni nel corso del processo.
Il caso
Il Tribunale di Pesaro veniva adito nell’ambito di un procedimento volto alla regolamentazione del regime di affidamento e mantenimento di minori. Il Giudicante adito disponeva: l’affidamento congiunto a entrambi i genitori dei minori nati dalla convivenza more uxorio; il collocamento prevalente dei minori presso la madre; il diritto di visita del padre secondo precise modalità.
L’uomo ricorreva in Corte di Appello
L’uomo proponeva reclamo avverso il provvedimento emesso in primo grado. Il predetto riteneva che il giudice avrebbe dovuto ascoltare almeno la figlia undicenne prima di emettere il provvedimento.
La Corte d’Appello rigettava il reclamo e confermava integralmente la decisione di prime cure, ritenendo di non procedere all’audizione dei due figli per contrasto con i loro interessi.
il padre ricorreva in Cassazione
L’uomo ritenendo ingiusto il provvedimento ricorreva avanti la Suprema Corte. In particolare il padre con il proprio atto lamentava la violazione e falsa applicazione degli artt. 315-bis, 336-bis e 337-octies c.c., dell’art. 12
della Convenzione di New York e dell’art. 6 Cedu, per non aver la Corte territoriale disposto l’audizione almeno della figlia maggiore, di 11 anni di età e quindi perfettamente capace di esprimersi in ordine all’affidamento.
La Suprema Corte accoglie il ricorso
Gli ermellini accoglievano le doglianze del padre. Nella propria motivazione sottolineavano che in tutti i procedimenti previsti dall’art. 337-bis c.c., in caso di assunzione di provvedimenti relativi alla convivenza e all’affidamento dei figli ad uno dei genitori, l’audizione del minore infradodicenne, capace di discernimento, costituisce adempimento a pena di nullità.
Da tale obbligo ne consegue che il giudice deve motivare in
modo specifico e circostanziato la scelta di non procedere all’audizione- Ciò soprattutto quando l’età del minore si avvicina a quella dei 12 anni, oltre la quale sussiste l’obbligo legale dell’ascolto. Tale onere motivazionale
ricorre non solo quando il giudice ritenga il minore incapace di discernimento o l’esame superfluo oppure in contrasto con l’interesse del minore, ma anche qualora, invece che procedere all’ascolto diretto, opti per un ascolto c.d. “delegato”.
Nel caso di specie, il giudice di merito non si era attenuto a tali principi, escludendo l’audizione della figlia della coppia in assenza di adeguata motivazione sulla sua capacità di discernimento.
Sottolineavano gli ermellini che il mancato ascolto, se non sorretto da espressa motivazione su un’assenza di discernimento o sulla sussistenza di altre circostanze tali da giustificarne l’omissione, costituisce violazione del contraddittorio e dei principi del giusto processo.
Per questi motivi, la Corte cassava la sentenza impugnata e rinviava la causa alla Corte d’Appello in diversa composizione.
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