Reddito di cittadinanza: Il coniuge privo di stabile occupazione da un periodo ben anteriore all’instaurazione del giudizio separativo e che sia, parimenti all’altro coniuge, percettore di reddito di cittadinanza, è tenuto a contribuire al mantenimento di quest’ultimo, attesa la mancanza del necessario collegamento con il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio?
Il caso
Primo grado: Il tribunale territoriale dichiarava la separazione giudiziale tra due coniugi, Tizio e Caia, entrambi percettori di reddito di cittadinanza già in costanza di matrimonio e poneva a carico del padre, Tizio, il contributo al mantenimento dei figli.
Grado di appello: I giudici di seconde cure riformavano parzialmente la sentenza di primo grado, non disponendo che Tizio versasse a Caia, oltre alla cifra a titolo di contributo al mantenimento dei figli, anche un importo (duecentocinquanta euro) oltre rivalutazione monetaria, a titolo di contributo per il mantenimento della medesima.
In Cassazione: Tizio proponeva ricorso per Cassazione mentre Caia resisteva con controricorso.
La decisione della Corte di Cassazione
La Corte esaminava i motivi di ricorso di Tizio ritenendoli meritevoli di accoglimento e cassava la sentenza impugnata, rinviando la causa alla Corte d’Appello in diversa composizione.
Secondo la Corte, infatti, non sussistevano le condizioni per il sorgere del diritto al mantenimento in favore del coniuge; ossia: il difetto di titolarità di adeguati redditi propri, vale a dire che non consentano al richiedente di mantenere un tenore di vita analogo a quello mantenuto in costanza di matrimonio, e la sussistenza di una disparità economica tra le parti.
Ebbene, alcuna disparità economica veniva dimostrata nel caso di specie. Ed invero, entrambi i soggetti erano percettori di reddito di cittadinanza già in costanza di matrimonio e, per di più, Caia era titolare di un reddito maggiore. Quest’ultima, infatti, svolgeva lavoro domestico presso privati, ancorché non dichiarato fiscalmente, e dell’assegno devoluto ai figli conviventi e a carico (Cass. Civ. sez. I, 20 giugno 2023, n. 17545).
Riferimento normativi
Art. 156 c.c. «il giudice, pronunziando la separazione, stabilisce a vantaggio del coniuge cui non sia addebitabile la separazione il diritto di ricevere dall’altro coniuge quanto necessario al suo mantenimento, qualora egli non abbia adeguati redditi propri. L’entità di tale somministrazione è determinata in relazione alle circostanze e ai redditi dell’obbligato. Resta fermo l’obbligo di prestare gli alimenti di cui all’artt. 433 e seguenti. Qualora sopravvengano giustificati motivi il giudice, su istanza di parte, può disporre la revoca o la modifica dei provvedimenti di cui ai commi precedenti».
La definizione dei limiti entro cui sia possibile ottenere il suddetto obiettivo è riservata al giudice di merito, al quale spetta la valutazione comparativa delle risorse dei due coniugi per stabilire in quale misura l’uno debba integrare i redditi insufficienti dell’altro (si veda Cass. civ., sez. I, 16 novembre 2005, n. 23071 e Cass. civ. I, 28 aprile 2006, n. 9878).
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